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Alla ricerca della nuova Juve…

Evoluzione del modulo in questo inizio stagione.
Agosto 2016 ha segnato grossi cambiamenti nella rosa a disposizione di mister Allegri. Si è scommesso su giovani come Pjaca e Mandragora, ma soprattutto c’è stato il massiccio investimento su due grossi calibri del campionato italiano degli ultimi anni, ovvero Higuaín, bomber principe del torneo, e Miralem Pjanic, forse il talento più fulgido tra i centrocampisti negli ultimi 25 metri di campo. Il tutto unito all’acquisto di Dani Alves, da anni miglior terzino destro della Champions, nonché il ritorno in Italia di Benatia, votato due anni fa miglior centrale difensivo del torneo dopo Barzagli. Investimenti pesanti, un rimpasto di uomini che ha seguito quanto avvenuto nel 2015 e che ha ampiamente modificato la rosa che arrivò a contendere la Champions al Barcellona nella triste notte di Berlino. Quasi un salto triplo nel vuoto alla ricerca di nuovi equilibri e punti di forza per tornare a rivivere le emozioni che venti minuti sciagurati cancellarono in una fredda notte bavarese.
Già ad Agosto, se ricordiamo, la mancanza dei giocatori delle nazionali, ancora in pausa dopo l’Europeo, produsse lo schieramento forse più vicino alle idee storiche del mister.

West Ham.
Contro gli Hammers, Allegri schierò la difesa a quattro con il duo brasiliano Sandro/Alves sulle fasce, Pjanic in regia coperto da Lemina e Asamoah, Pereyra trequartista libero di svariare in fascia o appoggiare al duo davanti.

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Paradossalmente quella amichevole contro gli inglesi, non ancora la squadra monca dell’intero attacco infortunatosi nel giro di due settimane (Carrol-Ayew-Sakho) e che ha spinto gli Hammers in fondo alla classifica della Premier League, indicò già le problematiche che abbiamo incontrato in questo inizio di stagione: in primis una certa difficoltà a disporci sui calci piazzati avversari, sia per la perdita di centimetri in alcuni titolari (non si può non tenere conto delle altezze inferiori di diversi nuovi acquisti rispetto ai predecessori) sia per una certa svagatezza (giustificata allora in Agosto, meno dopo due mesi di preparazione), ma soprattutto il cambio di gestione sui nostri rinvii e ripartenze dalla difesa per la mancanza di un Pogba che non si sarebbe più presentato a Vinovo se non per portare cadeaux agli ex compagni.

Parliamo di tre anni in cui era certezza assoluta il poter rinviare sulla fascia sinistra e appoggiare il gioco sul francese, in grado di arpionare e difendere fisicamente il pallone, far salire la squadra in attesa e protezione oppure di scegliere il break personale creando superiorità numerica dal nulla.

Il cambiamento indicò in quella partita la capacità superiore dei nuovi arrivi a giocare palla a terra, scambiare corto e districarsi tra le linee difensive avversarie, anche se non ancora quello che si sarebbe concretizzato nelle partite seguenti con Alves più inserito nella manovra.

Fiorentina.
L’esordio in casa con la Fiorentina, il rientro dei nazionali e la forma crescente produssero un primo tempo a dir poco affascinante: ri-affidamento alla difesa a 3, centrocampo con Lemina regista e schermo di fronte alla difesa, Asamoah interno “box to box” deputato a salire in pressing sui rinvii avversari e Khedira libero di aggredire gli spazi creatisi nell’area avversaria.  Parliamo di un primo tempo da 11 tiri a 0, contro quella che era la quinta forza del campionato precedente e, per stile di gioco, una delle nostre bestie nere, sia in gestione Montella che Sousa.

La partita ci regalò anche uno degli snodi del nostro gioco offensivo: non più in grande appoggio sulla sinistra, ma concentrazione delle azioni sul lato destro, con Alves nel ruolo di playmaker esterno e Dybala oltremodo allargato, in modo da creare gli spazi in area per le linee di corsa di Asa e Khedira, appoggiare per il triangolo il brasiliano e puntare quando possibile l’area avversaria.

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Questo accorgimento tattico servì anche a sbilanciare la difesa della Viola, solitamente ordinata, sul nostro lato forte e permettere ad Alex Sandro tagli in area da quello debole.

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I problemi sui corner trovarono come primo rimedio l’alzare sulla linea di metà campo due uomini offensivi, in modo da costringere gli avversari alla parità numerica anche nella nostra area e ridurre al minimo i mismatch fisici. Come ricorderete, però, questa situazione agevolò il loro goal (Alex Sandro su Kalinic).

Lazio.
Stessa formazione con la Lazio; a differenza di Sousa, Simone Inzaghi rinforzò la mediana e costrinse i suoi a una partita di sacrificio e copertura, infatti la Juve perse presto le corrette distanze tra i reparti, molto per un Asamoah in evidente sofferenza ma anche per un certo disordine di Dani Alves che, visti i problemi in fase di impostazione, accentrò il proprio gioco lasciando scoperta la fascia destra e occupando le linee di un Khedira che, nel secondo tempo, trovò però la stoccata vincente.

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Prime avvisaglie delle “entrate in campo” di Alves e un Asamoah in balia del centrocampo della Lazio.

Sassuolo.
Un Dani Alves che doveva probabilmente capire e farsi capire dai compagni, fatto sta che con il Sassuolo è stato rispolverato Lichtsteiner per una fascia destra più coperta. Tuttavia non vedemmo uno schieramento meno offensivo, con il trio centrale Pjanic-Lemina-Khedira a scambiarsi spesso le posizioni, Lemina più vertice basso e Khedira sempre splendido nelle due fasi, a configurare un 3-4-1-2 che sciorina uno dei migliori primi tempi visti allo Stadium in questi anni: scambi veloci, tendenza alla verticalizzazione, baricentro forse fin troppo alto con i nostri Chiellini e Lemina spesso attirati dall’anticipo e dall’uscita.

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Il micidiale contropiede per la rete dell’1-0.

Una condizione fisica ancora perfettibile portò a un finale di partita in cui vedemmo una squadra molto slegata, troppa distanza tra le punte e il resto dell’undici oltre a una linea difensiva stranamente non perfetta.

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Siviglia.
Partita preparata alla grande da Allegri, ma Sampaoli è stato in grado di imbrigliare e leggere meglio lo sviluppo della gara, con i nostri incapaci di raccogliere le idee. Fasce asimmetriche con Evra timoroso e una mediana muscolare senza spunti. L’ingresso nel secondo tempo di Alex Sandro e Pjanic segnò l’inizio di un assedio purtroppo infruttuoso, ma indicò la strada da percorrere in Europa, giocatori tecnici vicino all’area avversaria, cambi di fronte veloci e baricentro alto.

siviglia

Assalto finale con ben 7 uomini nell’ultima trequarti di campo.

Inter.
Contro i nerazzurri un mezzo disastro, ma solo a prima vista. Il trio difensivo (prima Benatia, poi Barzagli ricompose la difesa titolare) costretto all’uno contro uno con avversari, Candreva ed Eder, morfologicamente incompatibili per stile di corsa e metri a disposizione. Difesa, tra l’altro, abbandonata al proprio destino da un Khedira in evidente debito di ossigeno e da un Asamoah irriconoscibile rispetto allo splendido interno palesatosi nella partita d’esordio. Il giocatore ghanese entrò in confusione nell’interpretazione della copertura di Alex Sandro, straripante per condizione e qualità dei palloni giocati, e abbandonò Lemina al triste destino di vittima sacrificale di una mediana dove i nerazzurri approcciarono con mentalità feroce e un Banega sugli scudi.

inter

In tutto questo la qualità dei nostri tiri fu nettamente superiore e nonostante una prestazione di basso profilo tecnico e fisico nonché mentale, qualche rimpianto è rimasto, annegato nel turn-over di una serie di partite a distanza ravvicinata.

Cagliari.
Con il Cagliari viene rispolverato il Profeta Hernanes in regia bassa. La sicurezza di un appoggio vicino e le spalle coperte, unite a un atteggiamento dei sardi molto spregiudicato (4-3-3 con molti spazi tra le linee e in fase di possesso quasi un 4-2-4), hanno permesso ai nostri di divertire e divertirsi, Pjanic era libero di inventare, Lemina di provare qualche break offensivo, con i due brasiliani in fascia a spingere.

cagliari

Dybala libera il cross al centro per l’accorrente Alex Sandro.

In tutto questo Higuaín inizia a suggerire i movimenti corretti e a provare qualche adattamento al nostro schieramento in modo da permettere a Dybala di non partire sempre largo.

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Palermo.
La partita del Barbera ha mostrato la capacità della squadra di adattarsi a moduli differenti, soprattutto con un approccio diverso di interpretazione e mentalità. Due punte davanti, la strana coppia Higuaín-Mandzukic che nel canovaccio delineato dovevano giocare vicini e permettere all’argentino di godere delle sponde di Mario,  ma presto la defezione di Rugani ha portato l’inserimento di Cuadrado. Alves terzo di difesa libero di impostare e salire come interno destro tra Khedira e Lemina, Cuadrado prima alto a destra, poi libero di svariare con Sandro meno propulsivo del solito.

palermoUn Dani Alves sempre più regista aggiunto. 

Raggiunto il goal, fortunoso sì ma, anche qui, dopo alcune nitide azioni di rimessa dei nostri non concretizzatesi, il ritorno ai 5 dietro con Higuaín a dare segnali di grande condizione e capacità di sacrificio arretrando il proprio raggio d’azione sulla linea mediana.

Empoli.
Arriviamo così a Empoli, ideale conclusione di questo mini-ciclo di ferro.
Il turn-over e le forze rimanenti hanno disposto sul campo una rielaborazione molto vicina alla formazione di agosto, pur nella reinterpretazione dei singoli: difesa a quattro con Barzagli tenuto largo, bloccato ma con capacità di impostazione, Cuadrado a delineare un binario destro con Khedira tecnico e con grandi tempi di inserimento, Hernanes schermo in mezzo pronto all’interdizione e ripartenza, dall’altra parte Sandro pronto a percorrere tutta la fascia. Pjanic libero per buona parte di gara da compiti di copertura e sempre in predicato di elargire a piene mani il talento calcistico smisurato che possiede e che solo la carente formazione fisica di anni romani e l’indolenza caratteriale non permettono di ostentare con la continuità dei campioni assoluti.
Davanti Dybala finalmente più spesso affiancato a Higuaín che depistato in fascia.

empoli

Suggestione di un pomeriggio toscano o la vera Juve che aspetta solo Marchisio e la condizione fisica ottimale per palesarsi appieno?

Una Juve che ha cercato rimedi alle carenze strutturali rielaborandosi e cercando nelle caratteristiche dei singoli il modo di ovviare ai soliti problemi di inizio stagione.

La squadra ha paradossalmente ricercato nella fase di non possesso da perfezionare gli equilibri da ritrovare, ma se andiamo a spulciare le statistiche, i tiri concessi in porta nelle 7 partite ufficiali analizzate sono 11, segno che anche la mancanza di una mediana di riferimento come quella avuta fino all’anno scorso non ha inficiato l’efficacia difensiva.

Come l’anno scorso denunciamo disparità statistica tra i tiri scoccati e la qualità realizzativa, questo da ricercare sia nella condizione da ottimizzare sia nelle qualità dei singoli che arrivano al tiro. I pochi palloni giocabili per una punta di razza come Higuaín sono l’altro snodo, assieme alla posizione di Pjanic, da trovare sul campo.

Il ritorno in rosa di Claudio Marchisio, oltre all’inserimento in rotazione di atleti tecnici come Pjaca e lo stesso Cuadrado, permetterà probabilmente di scoprire l’assetto definitivo di una squadra che a livello di potenziale dei singoli può competere alla grande con tutte le big europee.

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