Dopo gli ottavi di finale qualcuno aveva messo le mani avanti parlando di una finale annunciata tra Juventus e Benfica. Le previsioni si sono arenate sull’urna di Nyon che ha accoppiato i bianconeri con i lusitani in un confronto che si preannuncia altamente spettacolare.
Entrambe le squadre arrivano alle semifinali con un cammino europeo estremamente simile: l’uscita da un girone di Champions non trascendentale (il Benfica è stato estromesso dall’Olympiakos) ed un percorso in Europa League che ha riservato un accoppiamento da brivido negli ottavi, rispettivamente con Fiorentina e Tottenham.
I quarti di finale per entrambe sono stati abbordabili, con la Juve vittoriosa con un complessivo di 3-1 sull’ultradifensivo Lione di Remi Garde, mentre le Aquile di Lisbona hanno liquidato senza troppi patemi il non irresistible AZ Alkmaar.
La semifinale di Europa League rappresenterà il terzo incrocio a livello continentale tra le due formazioni.
Il primo fu nelle semifinali di Coppa dei Campioni 1968: la Juve operaia allenata dal profeta del “movimiento”, il paraguayano Heriberto Herrera contro il leggendario Benfica guidato da Eusebio, Torres e Coluna.
Due partite sulla carta senza storia dove non bastò l’immenso cuore di Del Sol e compagni: il Benfica si impose infatti per 2-0 a Lisbona e concesse il bis per 1-0 allo Stadio Comunale, con una paurosa bordata su punizione di Eusebio.
Esito opposto nel doppio confronto della trionfale Coppa Uefa 1993: nei quarti di finale la Juventus di Trapattoni e Roberto Baggio la spunta contro il Benfica degli astri nascenti Paulo Sousa e Rui Costa.
Nella gara d’andata sono i portoghesi ad imporsi per 2-1 con doppietta di Vitor Paneira e rigore prezioso di Gianluca Vialli. Al Delle Alpi invece Kohler spiana la strada della qualificazione, Dino Baggio e Ravanelli completano l’opera per il 3-0 finale.
Il computo complessivo dei risultati vede quindi i portoghesi avanti con 3 vittorie ed 1 sconfitta, con la Juve mai vittoriosa fuori casa.
Al di là dei confronti sul campo Juve e Benfica sono accomunate da tante analogie: rappresentano la massima espressione a livello calcistico dei due paesi, avendo vinto insieme la bellezza di 63 campionati e 33 coppe nazionali. In campo europeo invece condividono il poco glorioso record (a pari merito con il Bayern Monaco) di finale di Coppa Campioni/Champions League perse: ben 5, a fronte di 2 vittorie ciascuna.
La storia delle finali perse dal Benfica è ormai consegnata (loro malgrado) alla leggenda del gioco del calcio: nel 1962 l’allenatore ungherese Guttman, scottato per il mancato ottenimento di un premio dopo la seconda Coppa dei Campioni conquistata, lanciò la sua famosa maledizione secondo la quale nessuna squadra portoghese da lì a 100 anni sarebbe stata bicampione d’Europa ed il Benfica avrebbe perso tutte le finali di Coppa Campioni alle quali avrebbe preso parte.
Quello che poteva sembrare uno sfogo d’ira pittoresco si trasformò ben presto in tragica realtà per gli Encarnados (i rossi , colore sociale del Benfica) : dal 1962 hanno infatti perso 5 finali della massima competizione continentale, due volte con il Milan, una con l’Inter, una contro il Manchester United ed una contro il PSV.
Nel 1990, in occasione della finale di Vienna contro il Milan, Eusebio in persona si recò a pregare sulla tomba di Guttman per sciogliere la maledizione, ma non servì contro i rossoneri di Arrigo Sacchi.
Le ombre della maledizione di Guttmann si sono poi allargate anche alla Coppa Uefa, con le sconfitte in finale contro l’Anderlecht nel 1983 e Chelsea nell’ultima edizione di Europa League (gol partita di Ivanovic al 93′, tanto per non farsi mancare nulla).
Il Benfica attuale mira proprio a riscattare la cocente beffa patita ad Amsterdam un anno fa ed ha tutte le carte in regola per farlo: la rosa infatti gode di un tasso qualitativo veramente eccelso e le parole di Nedved in quel di Nyon confermano che negli ambienti bianconeri siano consapevoli della difficoltà dell’impegno.
Il giocatore più rappresentativo è senz’altro Oscar Cardozo, bomber paraguayano, vicecapitano ed idolo indiscusso della torcida locale, giocatore dalla strabordante forza fisica, abilissimo nel gioco aereo e dotato di un tiro violentissimo. Suo compagno di reparto è il giovane Rodrigo, cresciuto nel Real ma stabilitosi a Lisbona all’interno dell’operazione Coentrao: giocatore di grande talento e rapidità, possiede uno spiccato fiuto del gol ed è letale soprattutto negli ultimi 25 metri, doti che gli hanno permesso di diventare il miglior marcatore di sempre dell’Under 21 spagnola.
Completa il quadro offensivo l’esperto brasiliano Lima, che dopo essersi fatto notare tra le fila del Braga ha confermato in questa stagione le sue qualità realizzative, specie nelle partite importanti.
A centrocampo invece spiccano Eduardo Salvio, argentino ex Atletico Madrid, che viene utilizzato solitamente come esterno offensivo, grazie alla sua notevole propensione all’1 vs 1. Da cerchiare in rosso anche i nomi di Nicolas Gaitan, giocatore polivalente in grado di garantire un ottimo rendimento sia sull’esterno che al centro della mediana, oppure come rifinitore dietro le punte, e del giovanissimo Gomes, appena 20 anni ma spesso protagonista delle sfide europee delle Aquile.
La difesa invece è guidata dal capitano e totem brasiliano Luisao, una vita passata al Benfica dove ha messo assieme più di 10 anni di carriera, giocatore roccioso che fa del fisico la sua arma migliore, abbastanza lento ma molto forte nel gioco aereo e nel corpo a corpo, anche nell’area avversaria.
A fargli da partner c’è Ezequiel Garay, grande promessa non del tutto mantenuta del calcio argentino, approdato a Lisbona dopo una poco esaltante esperienza con il Real Madrid, anche lui molto forte dal punto di vista fisico ma a volte deficitario di attenzione nell’arco dei novanta minuti.
In porta infine una vecchia conoscenza del nostro calcio, Artur, ex terzo portiere della Roma che si è completamente ricostruito una carriera in Portogallo passando dal Braga ed approdando poi al Benfica.
Il gioco dei lusitani si basa soprattutto sulla qualità del palleggio e sulla rapidità dei propri giocatori offensivi: non sono una squadra difensivista, giocano a viso aperto e spesso danno l’impressione di affidarsi di più alle soluzioni personali nei pressi dell’area avversaria che a schemi rigorosamente applicati. Nelle giornate storte questo approccio spesso li conduce a muoversi con una certa confusione, pur restando estremamente pericolosi, essendo dotati anche di una foltissima batteria di tiratori da fuori area.
Le partite che aspetteranno la Juventus quindi si preannunciano estremamente diverse da quelle giocate con il Lione, si vedrà un calcio più europeo, con assetti difensivi meno bloccati e più spazi per orchestrare la manovra.
Il Benfica ha dalla sua una notevole esperienza europea ed un’ottima attitudine a questa competizione: per batterlo servirà una Juve aggressiva e concentrata, stimolata da quella finale in casa, distante solo più due partite.