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Atletico-Juve 2-0, ma noooo

Con l’arrivo di Cristiano Ronaldo, a luglio, nessuno si è nascosto e la Champions League, da sogno, è diventato un obiettivo. “Ce la siamo giocata e quasi vinta senza di lui, vuoi non arrivare in fondo ora che hai uno dei due giocatori più forti al mondo?”, abbiamo pensato tutti. E allora è giusto non nascondersi nemmeno ora, la delusione è tanta soprattutto per la prestazione fornita ieri sera.

Con un campionato in cassaforte c’era da preparare bene questa partita e scendere in campo col coltello tra i denti, perché l’Atletico di Simeone gioca così da tanti anni e non è stata certo una sorpresa vedere quella squadra non lasciarti respirare. E la Juve che fa? Va nella tana dei colchoneros pensando di addormentare la partita come contro un Sassuolo qualsiasi e aspettare il momento giusto per colpire.
L’Atletico, quel momento, non te lo concederà mai, loro non si scompongono, non ti lasciano lo spazio e il tempo di ragionare, ti saltano addosso e guai a te se gli concedi lo spazio per ripartire.
Un altro aspetto che non doveva costituire una sorpresa era la loro bravura sui calci piazzati, e dopo lo scampato pericolo del contropiede di Costa, la traversa di Griezmann e la rete giustamente annullata a Morata, prendiamo gol su 2 palle inattive in cui alcuni dormono, Bonucci si butta a terra dopo essere stato sfiorato da una manata (lo aveva fatto anche in un’altra occasione…) e Godin calcia in porta abbastanza libero.

Il momento chiave della partita, però, per me è un altro. Con l’uscita di Diego Costa e Koke, l’Atletico aveva perso molta della sua qualità, non a caso Lemar stava sbagliando più palloni di quanti ne toccava. Quello era il momento di infierire, di avere il coraggio di provare a vincerla o, quanto meno, tenere gli avversari lontano dalla tua area per non concedergli quei calci piazzati di cui sopra.
E veniamo dunque al punto, al colpevole numero uno della disfatta: Massimiliano Allegri, intorno al quale ci siamo stretti tante volte ma che ieri non è stato all’altezza della sua fama di allenatore che legge magnificamente le partite. No, ieri Allegri è mancato proprio quando bisognava dire alla squadra “proviamoci, mettiamoli in difficoltà, allontaniamoli da Szczesny, non concediamogli nulla.”
Come un generale che abbandona il campo di battaglia invece di far suonare la carica, Allegri è sembrato indeciso sul da farsi proprio quando c’era da cambiare l’inerzia della partita e approfittare della fortuna avuta negli episodi prima di quei frangenti.
In quei momenti era chiaro che, sulla catena di destra, De Sciglio, Dybala e Bentancur non stessero riuscendo a venire fuori dal pressing avversario, era chiaro che Pjanic non stesse bene, era evidente che Mandzukic non stesse facendo nemmeno il solletico a Godin e soci. In tutto questo, il mister?
Niente, zero reazioni. Ha tenuto Emre Can a bordo campo per non so quanti minuti, mentre Cancelo e Bernardeschi sono entrati solo per gli ultimi scampoli di partita.
Adesso non voglio fare il salto del fossato e passare dalla parte di quelli che ritengono Allegri un incapace, certa gente riesce persino a farmi ridere nonostante la serata nefasta, ma non possiamo certo negare che non ne ha imbroccata una nemmeno per sbaglio. Anzi, non ci ha proprio provato.
Perché?
Cosa è successo alla squadra che tanto stava facendo bene in autunno? Perché i giocatori non corrono, non offrono spazi al compagno con la palla, perché il pallone viaggia alla velocità di una tartaruga zoppa, perché tanti errori tecnici? Non dovevamo andare lì per “provare a far un gol, meglio due”?
Non ho voglia di cercare risposte, per ora, mi aggrappo alla pur flebile speranza che al ritorno la Juve sia superiore all’Atletico e passi il turno. Sarà molto difficile, molto più difficile dell’anno scorso, per intenderci. Perché l’Atletico non ha una pippa in porta che ti regala un gol, il loro miglior difensore non sarà squalificato e Simeone (quello che per molti è l’anticalcio) sembra saperne una più del diavolo.
Vedremo. Dopo la gara di Torino tiriamo le somme.

P.S. Negli studi Sky a commentare c’era anche Fabio Capello che dissertava sugli argomenti della partita, sull’atteggiamento della squadra, sulle scelte di Allegri. Ecco, non me ne voglia don Fabio, ma la Juve di ieri ricordava proprio le sue. Grandi promesse non mantenute.

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