

Prendo spunto da un tweet che scrissi la sera di Italia-Belgio:
Il concetto è chiaro: Conte sulla tattica può dare lezioni al 90% degli allenatori e alla Juve lo dimostrò molto bene, in particolare nel primo anno. Dall’altra parte si trova come avversari quasi esclusivamente dei selezionatori che, per 23 mesi su 24, svolgono il loro ruolo probabilmente nel migliore dei modi e sicuramente vivono meglio l’abito del selezionatore rispetto a un allenatore “da campo” come Conte. Quando però si arriva a quel fatidico 24° mese e si hanno alcune settimane per allenare la squadra e provare schemi fino a farli andare a memoria ecco che gli altri pagano dazio di fronte a uno che, è del tutto innegabile, quel lavoro lo sa fare molto meglio di loro.
Ma non c’è solo la tattica, c’è anche l’aspetto mentale e di convinzione, e anche qui l’argomento è essenziale per capire meglio chi è Conte e quali sono le sue caratteristiche professionali: caratteristiche che, come per chiunque, in alcuni frangenti sono grandi pregi, in altri frangenti (se non corrette) si rivelano dei pessimi difetti.
Conte ha dimostrato per (quasi) 3 anni alla Juve che quando crede in qualcosa dà il 110% ed è soprattutto capace di coinvolgere tutti quelli che collaborano con lui per dare a loro volta il 110% al fine di raggiungere quell’obiettivo. Resta innegabile che il suo inserimento nei quadri tecnici della Juve nell’estate 2011 fu un’iniezione di energia e di carica motivazionale per tutti i giocatori, partendo da quelli che avevano clamorosamente fallito fino a quel momento (un nome su tutti: Bonucci), ma sicuramente anche per la società e per tutto l’ambiente “gobbo”. Inutile ripercorrere qui tutti gli avvenimenti di quel primo anno, penso che ognuno di noi li ricordi benissimo, ma, per tornare alla tattica, è innegabile che “quel” Conte, convinto al 110% e motivatore come non mai, nell’arco dell’anno provò varie strade per far rendere al meglio la sua Juve e, solo negli ultimi 2 mesi, lasciò quasi immutato un sistema di gioco che invece fino a marzo fu modificato parecchie volte, anche e soprattutto in virtù delle caratteristiche avversarie. Non per nulla il 3-5-2 nacque a fine novembre per contrastare “l’ampiezza” del Napoli di Mazzarri, fu poi ripreso a Natale contro l’Udinese di Guidolin e poi alternato al 4-3-3 per essere usato con regolarità dal 1 aprile (ancora Juve-Napoli) fino alla fine della stagione.
Fu nelle successive 2 stagioni che la grande carica di Conte e la sua maniacale cura di tutti gli aspetti tattici, ivi compresi i difetti avversari, iniziò a lasciare il posto a eccessive manie di grandezza e (in Europa) a un pizzico di rassegnazione. Nelle coppe il Conte ossessivo curatore di tutti i dettagli e capace di lanciare sempre il cuore oltre l’ostacolo, lasciò spazio a un Conte quasi “rassegnato”, un allenatore che rarissimamente provò a modificare qualcosa in funzione delle caratteristiche degli avversari per metterli in difficoltà: a mia memoria solo nella doppia sfida contro il Real dell’autunno 2013 si vide una Juve diversa (4-3-3) e forse si vide anche la Juve migliore di quei 2 anni di sfide europee. Per il resto alcune buone prestazioni (Celtic e Chelsea) ma anche tante partite mediocri (le 2 danesi, Galatasaray, Trabzonspor, Lione, Fiorentina, Benfica…) giocate quasi per forza, a volte risolte da qualche giocata singola dovuta alla classe di Pirlo o di Tevez, e senza alcuna convinzione di poter competere nel “ristorante da 100€”. A tal riguardo date un’occhiata alle immagini del Conte a bordo campo nelle partite di Europa League del 2014 (sul tubo si trovano diversi spezzoni con inquadrature della panchina, in particolare di PAGNO72): rispetto all’allenatore indemoniato visto tante volte in campionato e rivisto nelle partite dell’Europeo in corso pare di vedere un lord inglese, a volte addirittura a braccia conserte, al massimo dando qualche indicazione qua e là ma senza essere mai davvero coinvolto da quello che vede succedere davanti a lui.
Il Conte di questo Europeo è invece tornato quello del campionato italiano che noi abbiamo ben conosciuto e in cui aveva dimostrato tutta la sua grandezza: sarà la voglia di dimostrare alla stampa che non capiscono “una fava” di calcio (questo è sempre stato un notevole stimolo per il gruppo azzurro, fin dai tempi di Bearzot), sarà il non aver niente da perdere (vista la rosa indubbiamente di livello più basso rispetto alle favorite), sarà la capacità di fare gruppo dei vecchi (e metto anche De Rossi tra questi) avendo tolto dalle scatole personaggi alla Balotelli e alla Cassano che erano sempre solo un problema e MAI un’opportunità; sarà forse l’insieme di tutto questo ma l’altro ieri l’Italia l’ha messa in saccoccia a una Spagna irriconoscibile così come aveva praticamente annullato il Belgio nella prima giornata, facendo risultare in entrambi i casi il loro portiere come il migliore degli 11 schierati, a conferma di un dominio notevole da parte dell’Italia a livello di gioco e di occasioni create. Certamente Wilmots e Del Bosque sono due tipici selezionatori che affidavano alle capacità e alla classe dei singoli la possibilità di trovare la giocata decisiva, cosa che Conte aveva perfettamente previsto e che ha saputo neutralizzare in modo mirabile, tanto è vero che l’unica palla gol della Spagna è arrivata grazie a Piquè arrivato “alla disperata” nell’area azzurra, non certo per Iniesta o David Silva, ridotti davvero ai minimi termini da una formazione italiana preparata e schierata in modo pressochè perfetto.
A dimostrazione di quanto Conte, quando è davvero motivato, sia in grado di studiare la partita, l’avversario, e di conseguenza il proprio schieramento, ieri si è anche vista in più di un’occasione la difesa “fluida” che spesso ha usato anche Allegri in questa stagione alla Juve: l’ha fatto notare anche Zenga in telecronaca che, in particolare nel primo tempo, Barzagli scalava a terzino destro e De Sciglio andava a comporre una linea a 4 dietro, con Florenzi posizionato sulla linea di centrocampo. Ecco, questo Conte è quello che abbiamo visto nei primi tempi alla Juve e che ci aveva fatto innamorare, intelligenza e flessibilità nel trovare i difetti altrui e nel prendere il meglio dai pregi dei colleghi per ottimizzare il rendimento dei proprio giocatori, anche quando questi non sono fenomeni: se la squadra continuerà a seguirlo e la condizione atletica resterà buona le sorprese potrebbero non essere finite.
Vedremo con la Germania se la cosa potrà ripetersi, certo anche Low è un tipico selezionatore, e ai mondiali 2014 ci mise diverse partite a lasciar perdere i “miraggi guardioleschi” e a riportare Lahm nel suo ruolo di terzino destro, trovando quindi la quadratura del cerchio. La Germania è senz’altro più fresca della Spagna (che già ai mondiali era crollata) e non ha perso gente dello spessore di Xavi o Xabi Alonso, però non è certo una squadra perfetta: il fatto di dover schierare Gomez centravanti è sintomo che non si è trovato il vero sostituto di Klose, inoltre la coppia centrale Boateng-Hummels è senz’altro più brava con la palla tra i piedi che a dover marcare punte che facciano tanto movimento e che lascino spazi ai tagli dei centrocampisti. Sono certo che anche qui Conte darà il meglio di sé e saprà mettere in difficoltà pure i tedeschi: al di là della simpatia o dell’antipatia del personaggio almeno sappiamo che questa Italia è in grado di regalare un gioco di ottimo livello in mezzo a una media generale davvero mediocre in questo Euro 2016.
Da parte mia faccio un grosso in bocca al lupo alla Nazionale e a mister Conte anche per la sua prossima avventura al Chelsea, ma non posso esimermi dall’ammettere che il “nostro” è davvero sfortunato: e che diamine, trova finalmente una società che ha i 100€ per pagare il conto al ristorante e subito gli svalutano la sterlina!!! Non è che alla fine si trova ancora solo coi 10€ che aveva in tasca Marotta? AGGHIAGGIANDEEEEEEEE