Sembra un orribile déjà vu, quello che stiamo vivendo in questi mesi. Mi riferisco all’ondata di fango che si sta riversando inesauribile addosso alla Juventus e che sembra essere ben lontana da un naturale, per non dire logico, deflusso. E’ un vero e proprio fiume in piena che si forma a partire da rigagnoli saturi di rancore, livore, vero e proprio odio instillato nelle menti di persone semplici o semplicemente in malafede. Questi piccoli torrentelli vanno a confluire in poderosi fiumi alimentati dai media, che travolgono ogni tentativo di discussione razionale sulla reale situazione del calcio italiano dal punto di vista arbitrale e politico, impetuosamente, con furore, con cieca rabbia e rara faziosità. Un’ondata di “sentimento popolare” antijuventino si è vista in tali proporzioni, forse, solo nel 2006, solo dopo l’esplosione di “calciopoli”, non prima. Prima si insinuava, le accuse erano velate o celate dietro l’apparente distacco di una battuta. Il clima avvelenato da giornalisti e pseudogiornalisti della carta stampata o dai loro colleghi dell’etere, impegnati a sviscerare ogni episodio dubbio a favore della Juventus e a sfavore dell’avversaria di turno, con il prezioso ausilio di ex arbitri, ex rinchiusi in immaginari spogliatoi del sud Italia, conduce in maniera consequenziale a manifestazioni di becera ignoranza quando non addirittura di vera e propria violenza. Tutti contro tutti e guai a chi si tira indietro. Tutti contro i gobbi, contro i truffatori. Gli studi televisivi si trasformano in aie nelle quali emerge chi starnazza con maggiore protervia. I siti internet ed i social network traboccano di violenza, grazie alla possibilità che viene data da questo mondo a persone con capacità intellettive di per sé limitate di interloquire in maniera anonima.
Quale è la linea da tenere in questi casi? Può (e/o deve) difendersi una società, blasonata ma non più “potente”, come la Juventus? Se si come? Qual’è il confine tra fermezza e caduta di stile? Chi tra i dirigenti della Juventus deve intervenire in merito?
Un contributo all’inevitabile dibattito di stretta attualità è stato fornito, sulle pagine di questo sito, dall’intervento di Alessio Epifani “Attacchi mediatici: la risposta è la comunicazione“ in cui il redattore di Ju29ro individua il principale limite della politica societaria bianconera in una deficitaria presenza mediatica di fronte ai ripetuti assalti al fortino da parte di indiani armati non di arco e frecce bensì di penne assai taglienti.
Su un punto gli opinionisti di matrice bianconera si trovano sostanzialmente d’accordo: non dobbiamo abbassarci al loro livello. Perfetto. Chiaro, limpido, lapalissiano. Siamo la Juve. La Juve dell’Avvocato, Giovanni Agnelli. La Juve del Dottore, Umberto Agnelli. Questi nomi, un tempo, sarebbero bastati a costituire, essi soli, un efficace deterrente contro i patetici tentativi odierni di mettere in dubbio la regolarità di un campionato che, per il momento, vede la Juventus prima in classifica con indiscutibile merito. Come dice Alessio l’Avvocato non c’è più e la dimostrazione che non si vive di ricordi viene perfettamente rappresentata dalla fotografia scattata nell’estate del 2006. Precedentemente a quei fatti (sempre a parer mio) la Juventus ha trascurato in maniera evidente il settore della comunicazione, demandata all’esposizione quasi esclusiva del solo Luciano Moggi, mentre oggi sembra essere Antonio Conte (qui un articolo in cui parlavamo proprio di questo aspetto) il portavoce della società. Conte che, visti gli ultimi sviluppi, ha deciso di annullare fino al termine della stagione la conferenza stampa prepartita. Un forte segnale.
I pochi (spero almeno soddisfatti poiché non posso rimborsarli) che mi seguono sapranno che in questo sito non parlo quasi mai di arbitri e che quando accade lo faccio controvoglia. Per me rappresentano un elemento del gioco del calcio e rivestono la stessa importanza della bandierina del calcio d’angolo o della linea di centrocampo. Nè più né meno. Sono il primo a sapere che ricoprono, invece, un ruolo molto importante e che la loro imparzialità costituisce un aspetto fondamentale per il corretto svolgimento di una partita. L’infallibilità, però, non appartiene agli esseri umani, ed è proprio in questo limbo melmoso che sguazzano i faziosi media italiani. Il vero pericolo, per molti, è arrivare a vedere la Juve vincere tre volte di seguito lo scudetto per la prima volta dagli anni ’30, dopo che per anni l’unica “mission” dei giornalisti è stata quella di far credere al popolino che “la Juventus vinceva perché rubava”; ora che l’orco Moggi non c’è più e la classe arbitrale è finalmente ripulita ed onesta (stessa classe che ha consentito all’Inter di trionfare negli anni scorsi), chi gli spiega che siamo punto e a capo? Chi gli spiega che la Juve, ahiloro, è riuscita a ricostruire in soli quattro anni una squadra capace di dominare in Italia nel presente gettando solide basi per fare “qualcosa di importante” (cit.) anche in Europa nel futuro? C’è la necessità, pertanto, di ricominciare daccapo la certosina quanto veemente opera di demolizione della credibilità del sistema arbitrale. Apro una parentesi. Se magari, dal punto di vista caratteriale e del personaggio che si era ad arte costruito, Moggi poteva dare l’impressione del “maneggione”, alzi la mano chi di voi pensa la stessa cosa di Marotta. No perché, sinceramente, non ce lo vedrei proprio. Allora questi arbitri chi li chiama? Andrea Agnelli manda i fax a Nicchi? O Nedved viene inviato a notte fonda da Braschi con i sacchi di contanti? Ditecelo che magari ci facciamo due risate. Ma andiamo avanti.
Sono d’accordo con Alessio Epifani quando afferma che la Juventus dovrebbe tutelare la propria immagine a livello mediatico, cioè attraverso i canali ufficiali di comunicazione e sui social network, senza farsi invischiare nella polemica, con leggerezza, mantenendo comunque un certo distacco. E però non dobbiamo dimenticare che l’arte della comunicazione, oggi, si è tramutata in una vera e propria scienza, si insegna nelle Università, è una cosa seria. Ricordo ad esempio il “battibecco” su twitter tra gli account di Juventus e Torino dopo il derby d’andata, vinto dalla Juve grazie ad un gol in fuorigioco di Tevez. A mio modestissimo parere non è stata una gran figura da parte nostra. O ancora, immaginate se la comunicazione della Juventus venisse gestita da John Elkann (vi svelo un segreto: è lui il padrone della Juventus) sulla stessa linea adottata per la FIAT. E’ recente la polemica con Diego Della Valle in cui il botta e risposta a distanza tra i due suona pressappoco così:
DDV: “Sei un figlio di papà, non ti sei guadagnato niente di quello che hai e non hai nemmeno voglia di lavorare”
JE: “Chi è che sta parlando? Non vedo nessuno!”
DDV: “Smettila di fare l’arrogante sono qui di fronte a te, almeno io resto in Italia e non scappo”
JE: “Ah scusa sei talmente piccolo che non ti avevo visto, nano!”
DDV: “Sono abbastanza piccolo da sentire la puzza dei tuoi piedi, si vede che non usi le mie scarpe”
JE: “Specchio riflesso!”
DV: “Specchio riflesso x2!”
JE: “Specchio riflesso all’infinito, nell’universo e sempre più di te!”
Ecco, più o meno il tenore della discussione è questo. Ed è lo stesso tono, mascherato da un aplomb radical-chic, con il quale il buon John rispose alle accuse di Moratti qualche tempo fa, riciclando una battuta probabilmente letta su internet o suggeritagli da qualcuno che l’aveva letta su internet. Berlusconi ha costruito un impero fondato sulla capacità di comunicare, capacità trasmessa per osmosi nella gestione del Milan, oggi il club italiano più mediatico e “social”. Anche e soprattutto grazie al potere di Berlusconi e alle sue reti televisive, ovviamente. La Juventus non ha TV. Ha qualche giornale ma i media con la maggiore capacità di influenzare l’opinione pubblica, attualmente, sono televisione e internet. E non ha alle spalle il background comunicativo del presidente del Milan. Non dico che dobbiamo diventare come il Milan, dico e penso che dobbiamo e possiamo migliorare molto sotto questo profilo, mantenendo un certo stile. Essere più “presenti” e puntuali.
Tuttavia, mi permetto di dirlo, migliorare la comunicatività non è sufficiente. Non è sufficiente perché “Juventus” vuol dire storia del calcio e d’Italia, storie di uomini che hanno dato letteralmente la vita per quei colori meravigliosamente belli. Significa anche S.p.A. quindi l’immagine è importantissima e deve essere tutelata non solo per il prestigio, ma anche per salvaguardare di conseguenza gli interessi di chi investe in essa, cioè gli azionisti. Non credo esista al mondo un’azienda permissiva come la Juventus, la quale permette che il proprio marchio venga dileggiato in proporzioni così vaste. Non credo che possa esistere una azienda così tollerante da accettare che al proprio nome vengano accostate locuzioni quali “vergogna del calcio italiano” “gobbi ladri” e altre simili amenità. E non sto parlando del tifoso curvaiolo, parlo di giornalisti iscritti all’albo, magari firme di quotidiani a tiratura nazionale. Che vengono venduti anche all’estero. Faccio un esempio concreto. Dopo Juventus Torino un noto giornalista (di cui non facciamo il nome), firma di un quotidiano sportivo (di cui non facciamo il nome) scrive su un social network (di cui… ecc ecc) questa frase. Cito, testuale:
“La Juve è la più forte ma certe cose fanno pensare: gol in fuorigioco all’andata, rigore non visto al ritorno, il furto a Chievo: +6 su Roma”
Ora, di questo tweet (ops), di questo rubrichista del quotidiano di Milano (ri-ops) a me interessa una parola in particolare: furto. Siccome sono ignorante (non sapevo cosa significasse “brindellone” pensate) vado a cercare sul dizionario, e leggo alla voce “furto” quanto segue:
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furto
[fùr-to]
s.m.
‖ Furto sacrilego, in un luogo sacro
‖ Furto letterario, artistico, plagio
‖ dim. furtarèllo; furterèllo
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Non è una bella cosa, secondo me. Quindi, dalla frase di prima, deduco che secondo il suo autore la Juventus ha sottratto illecitamente qualcosa al Chievo. Eh no, non è una bella cosa. Se in italiano sono ignorante, lo sono ancor di più in diritto, perciò vado a vedere cosa ne pensa il nostro Codice Penale, in merito.
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Art.624 Codice Penale: Furto.
624. Furto
Chiunque s’impossessa della cosa mobile [c.p. 631] altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516 [c.p. 29].
[…]
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, numero 7), e 625.
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Senza scomodare i codici o la grammatica, per i credenti il settimo dei dieci comandamenti che Dio diede a Mosè sul Monte Sinai recita così: “non rubare”.
Ah quindi il furto è un delitto contro la morale, l’etica e la religione, oltre che contro la legge! Il signore di prima accusa la Juventus di aver commesso un delitto e sicuramente avrà le prove di quello che dice. Non so, avrà la registrazione di una telefonata di Marotta (se ci capisce qualcosa beato lui), oppure il video di Nedved che si reca nottetempo da Braschi e gli consegna il forziere colmo di dobloni, mentre nel frattempo telefona ad Agnelli dicendogli “Siamo sicuri che devo corromperli tutti? Dobbiamo per forza rubare?” ed Agnelli all’altro capo del telefono che risponde “Rubiamo, basta, non fare domande, dobbiamo vincere in modo disonesto!”. Ecco. Oppure non ha le prove di quello che dice. In questa seconda e sicuramente errata ipotesi (formulata peraltro da un gobbo come me, figuriamoci) il signore di prima sta dicendo una bugia che va a danneggiare gravemente l’immagine della Juventus. O il signore di prima mi porta prove concrete, oppure sta dicendo una fregnaccia bella e buona, ovviamente insinuando che “l’hanno fatto prima, lo rifanno ora”. Vi risparmio le ricerche sui codici e lo dico direttamente: questa si chiama diffamazione. La parte danneggiata può sporgere querela al fine di tutelarsi giuridicamente e farsi risarcire del danno subìto da un tribunale.
Ora mi domando, dove sta la caduta di stile nel denunciare qualcuno che ti accusa ingiustamente di rubare? Perché dovremmo considerare con stile, ironia e distacco le sparate di questi personaggi? Non abbiamo proprio imparato la lezione del 2006? I processi sportivi con sentenza scritta su carta rosa, in anticipo di giorni rispetto alla loro naturale conclusione, non sono serviti a nulla? Nessuno dice di sbandierare ai quattro venti le querele, di pubblicizzarle sui giornali di famiglia e nei siti internet. La fermezza di fronte a queste accuse deve essere, però, elemento irrinunciabile. La tutela del buon nome, del prestigio e anche della passione e della dignità dei tantissimi tifosi bianconeri, oltre che degli azionisti, deve venire prima di tutto e la si può ottenere anche mantenendo un basso profilo. Ma questo non deve significare prostrarsi di fronte alle campagne diffamatorie. Altrimenti si da ragione, implicitamente, a chi sostiene che “hanno rubato prima, rubano ora” annullando di fatto anni di battaglie per sostenere che calciopoli è stata una farsa ai nostri danni. La domanda veramente importante, a questo punto, è questa: ai piani alti della nostra società pensano sul serio che nel 2006 sia stata messa in scena una farsa? Non è che all’epoca qualcuno all’interno ne abbia preso parte? E se è così, a chi ha giovato tutto ciò?
Sembra, e dico sembra, che qualcosa si stia muovendo in Corso Galileo Ferraris. In tal caso ne sarei ben felice. Perché un corretto utilizzo della comunicazione è utile ma qualche legnata bisognerà cominciare ad assestarla, oltre che prenderla, prima o poi.