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Benevento – Juventus 2-4 : Giorni randagi

Allora, comincio il postpartita e ne approfitto subito per fare un po’ di ordine.
Oggi è il 7 Aprile 2018, il campionato è cominciato il 20 Agosto 2017, siamo alla trentunesima giornata e io comincio a diventare intollerante.
Andiamo per gradi.
Generalmente comincio i campionati con i migliori auspici: seguirli in modo pacato, non entrare nel merito delle polemiche, non rispondere alle provocazioni delle altre tifoserie, cercare di essere un po’ sportivo e riconoscere il valore degli avversari ecc…
Quanto durano? Generalmente alla prima giornata salta tutto ed entro nella modalità GDM, alias Gobbo Di Merda.
Il punto è che fino a Natale reggo tranquillamente, complice anche la sosta, ma già da metà Gennaio comincio a diventare insofferente e si arriva a Marzo che comincio a pensare: “Ma quando diavolo finisce la stagione?”.
E arriviamo ai giorni nostri.

Giorni randagi per dirla alla Ruggeri, giorni dove vorresti concentrarti solo sulla partita, nello specifico una partita molto delicata perché all’indomani di una discreta disfatta in Champions League.
Una partita in teoria apparentemente facile, il classico testacoda senza storia con la capolista che danza sul velluto e chiude i conti dopo pochi minuti. Ma questa è una Juventus strana, forse stanca, forse a corto di idee, certamente insicura, titubante e non più tanto monolitica.
Non c’è niente di sicuro e scontato, soprattutto quando si gioca in trasferta, con avversari che magari vogliono regalare al proprio pubblico una bella soddifazione, di quelle che un giorno potranno raccontare ai propri nipoti.
Tempo fa vi raccontai di quell’amico di mio fratello che da bambino, nel 1971, aveva assistito alla storica vittoria del Catanzaro contro di noi e ricordo ancora la sua espressione quando diceva “Quel giorno battemmo la Juventus!”: ecco, questo sperano i tifosi avversari quando giocano contro di noi, immagino ad esempio quanto rimarrà nei ricordi dei tifosi della Spal lo 0-0 di qualche settimana fa…
E poi, come dicevo prima, ci siamo noi.
Che iniziamo la partita con il piede sull’accelleratore e dopo una ventina di minuti siamo già in vantaggio, con un bel gol di Dybala reduce da una disgraziata serata di Champions (come se gli altri avessero giocato bene del resto…); sembrerebbe una partita già chiusa, ma come spesso è successo negli ultimi tempi, ecco che cominciamo a gestire, a rallentare, ad addormentare la partita, una tattica assurda con un gol di vantaggio e 70 minuti e passa da giocare.
E infatti, tah dah, ecco che la difesa si addormenta lasciando Đuričić liberissimo di tirare una sassata respinta miracolosamente da Szczęsny: tutto finito? Macché, la difesa continua a dormire, la palla arriva a Guilherme che la ributta nel mezzo e lì un tale chiamato Diabaté anticipa, tanto per cambiare, Alex Sandro e mette la palla comodamente in rete.
Pubblico in delirio, vantaggio sprecato, tutto da rifare.

È qui che cominciano a venir fuori tutte le magagne della squadra: poche idee ma confuse, giocatori davvero sotto tono per non dire osceni, il nervosismo che comincia a serpeggiare e, zitto zitto, il Benevento che comincia a credere nell’impresa.
Anche perché, nei momenti di difficoltà, qualcuno gli toglie le castagne dal fuoco e quel qualcuno si chiama Pasqua, cioè l’arbitro: succede quando Mandžukić subisce un fallo da rigore in area ma, essendo Mandžukić, se ne fotte e pur cadendo riesce a trovare il colpo da maestro che beffa il portiere avversario.
C’è da dire che cadendo, dopo il fallo, la palla tocca il braccio in modo involontario: sarebbe comunque rigore e infatti Pasqua annulla il gol, non concede il rigore e ammonisce Mario.
Ma la Juve ruba.
Succede anche che, alla fine del primo tempo, Pjanić si inventa un inserimento e uno stop in area da maestro e come ricompensa da parte degli esteti del calcio beneventano, viene travolto da un difensore avversario.
Sarebbe rigore, è rigore, l’arbitro è a pochi metri e ha la visuale libera… infatti non lo fischia e ci vuole La Var per fargli cambiare idea.
Ma la Juve ruba.
Malafede? Incompetenza? Lasciamo perdere, conta il fatto che il rigore arriva e con esso ritorna il vantaggio e i cori “Ladri, Ladri” da parte del pubblico locale.
Evidentemente esiste una regola non scritta che recita “Non è mai rigore se deve essere concesso alla Juve”, noi comunque ce ne fottiamo beatemente e andiamo al riposo sul 2-1, grazie al gol di Dybala.
Tutto finito?
Neanche a parlarne? Inizio del secondo tempo, un calcio d’angolo scaturito da una deviazione fantasma (ma la Juve ruba), LA DIFESA COMPLETAMENTE FERMA (vero Benatia?) ed ecco che il tale chiamato Diabaté trova la zuccata giusta per il pareggio.
Morale della favola, tra andata e ritorno abbiamo preso 3 gol dal Benevento: siamo davvero una squadra strana.

La partita si complica, entrano prima Douglas Costa al posto di Cuadrado, poi Higuaín per uno spento Marchisio (anche se aveva cominciato bene), ma paradossalmente rischiamo di andare sotto con l’ennesima dormita difensiva.
E invece, quando il tempo comincia a mancare, ecco il buon Gonzalone che si procura il secondo rigore della giornata.
Intervento netto, di sicuro Higuaín non fa niente per non cadere, ma è il classico rigore che non puoi non dare e pure il nostro amico Pasqua se ne accorge.
Torna sul dischetto Dybala, palla per la terza volta in rete.
Poi altri 10 minuti di incertezza fino a quando, miracolo dei miracoli, un contropiede abbastanza organizzato, consente a Douglas Costa di andare al tiro e realizzare un gol stratosferico alla Robben, anzi alla Cerci.
A quel punto mancano pochi minuti e finalmente possiamo tirare tutti un sospiro di sollievo.

Insomma, è stata l’ennesima partita complicata, soprattutto per le nostre imprecisioni e i nostri cali di tensione, portata a casa dopo aver sudato sette camicie forse non necessarie: una grande squadra queste partite le chiude in pochi minuti, ma va anche detto che una grande squadra vince comunque le partite complicate.
È una squadra che ha dei cali di concentrazione preoccupanti, dei giocatori stanchi e fuori forma e altri con la testa altrove: la fortuna è che ogni partita che giochiamo è una partita in meno alla fine del campionato e, insomma, ora come ora non c’è tanto da fare gli esteti, lamentarsi per il bel giuoco che latita o altro ancora; conta solo vincere, portare a casa i tre punti per vincere il settimo scudetto di fila.
Un traguardo che a non pochi tifosi non basta più: sarà che siamo da sempre una tifoseria di viziati che considera la vittoria come un qualcosa di dovuto, sarà che l’ossessione per la Champions League li ha resi monotematici, sarà che anni e anni di propaganda antijuventina (per cui fino a quando è primo il Napoli il campionato è bellissimo e lo scudetto sarebbe storico, quando poi la Juve torna prima il campionato è di basso livello e la Juve gioca senza una pretendente seria al titolo) hanno colpito nel segno.
Si augurano la sconfitta, vorrebbero fare tabula rasa e rifondare l’intera squadra in nome del divertimento e del bel giuoco.
Di solito certe cose uno se le augura quando la squadra va male, ma la nostra tifoseria vuol sempre distinguersi e si augura la catastrofe con la squadra prima in campionato, finalista di Coppa Italia e ai quarti di Champions League.
Poi quelle volte che discuto con i miei amici tifosi di altre squadre e loro sfottono la nostra tifoseria io penso a quest’ultime parole e, tutto sommato fregandomene, ammetto che è vero.
Perché in fondo 35 anni fa, quando scelsi la Juve come squadra del cuore, scelsi appunto la squadra, non la tifoseria.
Sono giorni randagi amici gobbi, sopportiamo tutto e manteniamo la fede!
Buonanotte, keep the faith alive e forza Juve!

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