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CALCIOPOLARIO – 3. IL PROCESSO SPORTIVO

Fretta di processare, fretta di decidere, fretta di condannare, fretta di punire qualcuno e di premiare qualcun altro.

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Eliminato il primo grado di giudizio, il processo sportivo si svolge in pochi giorni. A Roma, a luglio 2006, il processo dura 11 giorni alla Caf, 3 giorni alla Corte federale.
Bisogna fare in fretta, il calcio non può fermarsi. La parte antijuventina dell’Italia ha fretta di vedere realizzati i propri sogni. Bisogna punire chi deve essere punito, chi si è deciso di punire. Bisogna assegnare quello scudetto… anche se all’Uefa non importa. All’Uefa serve conoscere solo i nomi delle partecipanti alle coppe europee per l’anno successivo, non certo il nome di chi abbia vinto lo scudetto.

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Il sentimento popolare esiste da sempre, ma da solo non fa nulla: non vince i campionati e nemmeno le partite. In calciopoli è invece stato il substrato per legittimare e giustificare mediaticamente qualcosa che altrimenti non sarebbe stato in piedi. Lo conferma una dichiarazione di Mario Serio, uno dei giudici della Corte federale, a proposito del criterio utilizzato per le sentenze: “Abbiamo cercato di interpretare un sentimento collettivo, abbiamo ascoltato la gente comune e provato a metterci sulla stessa lunghezza d’onda.“.

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Le sentenze sportive sanciscono che non ci furono partite alterate. Ma che la Juventus aveva conseguito effettivi vantaggi di classifica, anche senza l’alterazione delle singole partite. Va precisato che non fu ravvisato nessun illecito sportivo in nessuna delle partite. L’illecito strutturato (o illecito ambientale) per il quale la Juventus fu condannata non era comunque contemplato dal Cgs. Venne creato ad hoc, per l’occasione.

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Non essendoci partite alterate da parte della Juventus, la Caf (presidente il giudice Ruperto) affermò quanto segue: “La sommatoria degli artt.1 del Cgs era stata comunque funzionale al conseguimento dell’art.6, e quindi alla realizzazione dell’illecito sportivo“.
La Corte federale (presidente il giudice Sandulli) disse invece qualcosa di ancor meno comprensibile, arrivando a dichiarare che i comportamenti scorretti da art.1 sono non da sommarsi algebricamente, ma da considerarsi come “ineliminabili tasselli strumentali nella realizzazione dell’illecito da art.6“. Inoltre, arrivò a definire come “concettualmente ammissibile l’assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall’alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara“. Nessuno spiegò mai come questo fosse possibile realizzarlo nella pratica. Ma neanche che cosa diavolo avesse detto Sandulli…

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Aborto giuridico. Così definì la sentenza del 2006, nel corso di un intervento televisivo, il compianto giudice Corrado De Biase. De Biase non era certo juventino, ed era stato capo dell’ufficio indagini all’epoca dello scandalo del calcioscommesse del 1980.
Quando si vuole espletare in due settimane un procedimento che richiederebbe almeno 6 mesi solo per un corretto iter investigativo, non può che venir fuori un aborto giuridico. Quando si cassa per motivi di tempo un grado di giudizio, quando si impedisce agli imputati di portare testimoni, dossier e filmati in loro discolpa, ma gli si concedono solo 15 minuti per una arringa difensiva, non si può che parlare di aborto giuridico. Quando non si concedono agli avvocati difensori degli imputati i testi integrali delle intercettazioni, adducendo che non sono pertinenti, si può solo parlare di aborto giuridico. Quando, infine, si disassegna un titolo ad una squadra, la Juventus, per assegnarlo ad un’altra, l’Internazionale, prima che sia pronunciato il verdetto, allora siamo ben oltre l’aborto giuridico“.
Non è un problema di giustizia ordinaria o sportiva: in ogni paese che si definisca civile eventuali pene e sanzioni devono essere comminate dopo che sia stato verbalizzato un verdetto di colpevolezza, mai prima. (…) I diritti degli imputati, tra cui quello di potersi difendere con i mezzi che l’ordinamento mette loro a disposizione, vengono prima di una partita di calcio. (…) Io, per conto mio, posso solo ribadire il concetto già espresso: una penalizzazione di 8/10 punti, una multa e la squalifica di Moggi e Giraudo per 10-12 mesi: questa era la pena congrua, a mio parere. (…) Qua non ci sono tracce di illecito, né di denaro o assegni“.

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Il caso Fenerbahçe. Giova ricordare quanto accaduto al Fenerbahçe, che vinse il titolo in Turchia nel 2010/11, ma fu poi coinvolto nello scandalo delle scommesse. La Federcalcio turca mise sotto accusa il Fenerbahçe, e comunicò semplicemente alla Uefa che alla CL 2011/12 non avrebbe partecipato il Fenerbahçe, ma il Trabzonspor, classificatosi secondo in campionato.
E non solo non riassegnò nessuno scudetto, ma addirittura non revocò nemmeno il titolo al Fenerbahçe. Pur non avendo seguito le vicende turche degli anni successivi, possiamo confermare che quel titolo è tuttora ufficialmente assegnato al Fenerbahçe, che lo aveva vinto sul campo.
In sostanza, all’Uefa non è mai fregato nulla di sapere quale squadra avesse vinto lo scudetto: quindi, il Commissario straordinario della Figc Guido Rossi disse cose non vere.
Alla Uefa interessa solo avere l’elenco delle squadre che parteciperanno alle sue competizioni l’anno successivo. Oggi, come nel 2011, come nel 2006…

Puntate precedenti del Calciopolario:
1. COS’È CALCIOPOLI
2. LA FARSA

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