Uno tra i temi che più hanno diviso (e ancora dividono) la tifoseria bianconera è quello rappresentato dal coinvolgimento (reale o presunto) della proprietà della Juventus nello scandalo di calciopoli. Nei nove anni di Ju29ro, mi è capitato di parlarne e di sentirne parlare in decine di occasioni, conferenze, articoli, presentazioni di libri, etc.
In molti si chiedono se la Juventus sia stata vittima dell’Inter e delle istituzioni del calcio italiano. O se invece, pur di eliminare Giraudo e Moggi, abbia accettato troppo passivamente ciò che le accadeva intorno, sottostimandone le conseguenze. O addirittura se la proprietà della Juventus abbia essa stessa organizzato calciopoli. Ognuno ha la propria verità, le proprie certezze o, meglio, la propria opinione in merito.
Degli aspetti giudiziari e mediatici dello scandalo ho parlato in un’intervista di qualche mese fa a SoFoot con il bravo Valentin Pauluzzi. Intervista nella quale non trattammo né il tema delle importanti conseguenze finanziarie subite dalla Juventus né l’argomento dell’inside job (o attacco dall’interno, se preferite). Non avendo verità da contrabbandare, al netto di dietrologie e complottismi, l’unica mia certezza, fondata sulla proverbiale riservatezza sabauda (portata all’estremo se si tratta della famiglia Agnelli/Elkann) è che la verità, quella vera, sulla genesi di calciopoli e sul ruolo della proprietà nella stessa non la conosceremo mai.
Conosco invece alcune date riferibili alla vita dello scandalo sportivo. Calciopoli è stata concepita il 27 maggio 2004 e, dopo una evidentemente lunga gestazione, è nata ufficialmente il 7 maggio 2006. Data di morte? Non c’è. Ha esaurito la sua vita attiva, entrando in coma (apparentemente irreversibile) il 31 agosto 2006. Ma è una morte apparente: calciopoli è ancora viva, almeno per quanto riguarda la possibilità per la Juventus di appellarsi contro gli effetti e le conseguenze delle sentenze sportive.
27 maggio 2004: il concepimento di calciopoli.
Umberto Agnelli (il Dottore), affetto da cancro, muore nella sua residenza della Mandria, in provincia di Torino. Va ricordato che 16 mesi prima era mancato l’Avvocato, Gianni Agnelli. Da quel momento, Luciano Moggi e Antonio Giraudo, già odiati da tutti all’esterno (anche da chi cerca di portarli alla loro corte), non avranno più alcuna protezione nemmeno dall’interno.
All’epoca, le società milanesi e romane (queste ultime in grossi guai finanziari e societari) spendono troppo per ricavare poco, pochissimo, in rapporto a quanto investono. La torta dei diritti televisivi fa gola a tutti e le stesse istituzioni del calcio nostrano non vedono certo di buon occhio le capacità gestionali e le competenze organizzative di Moggi e Giraudo e il conseguente dominio juventino: squadra quasi imbattibile, vittorie sul campo, contratti esclusivi per i diritti tv, progetti di realizzazione dello stadio di proprietà e del canale tematico, sponsorizzazioni importanti, etc. Inoltre, com’è noto, la Juventus è odiata da sempre almeno dal 70% degli italiani. Quindi, il quadro esterno è fortemente ostile.
All’interno la situazione è, se possibile, ancor più complessa. Antonio Giraudo, uomo di fiducia del Dottore, ha all’interno del gruppo Ifi-Ifil (oggi Exor) molti nemici storici e potenti e, nella stessa Juventus, l’arrivo non proprio indolore della Triade (dieci anni prima) da alcuni non è ancora stato digerito. A tutelare Moggi e Giraudo non c’è più nemmeno il presidente Vittorio Caissotti di Chiusano, anche lui mancato a luglio 2003, e ora alla presidenza c’è Franzo Grande Stevens, esecutore testamentario dell’Avvocato. La cui successione sembra essersi trasformata in una vera e propria faida famigliare, peraltro con un vincitore già designato dall’Avvocato stesso.
Il giocattolo Juve, dopo la morte dei fratelli Agnelli, sembra non interessare più nessuno all’interno della Famiglia, eccezion fatta per chi ha meno potere (Andrea Agnelli e Lapo Elkann), e potrebbe diventare costoso. John Elkann, l’erede di Gianni Agnelli, ha intorno a sé un gruppo di persone di fiducia scelte dall’Avvocato stesso. In particolare: Gianluigi Gabetti (presidente dell’accomandita che controlla il gruppo), il già citato Franzo Grande Stevens, e Luca Cordero di Montezemolo (presidente di Fiat, Confindustria e molto altro). L’obiettivo in quel momento è quello di curare la successione e difendere l’erede designato dalla possibile ascesa di Andrea Agnelli, spinto (senza successo) da Giraudo e Moggi verso il Cda della Juventus.
A questo va probabilmente aggiunta la vicenda del tentativo di scalata, peraltro mai dimostrato. In sostanza, nel caso in cui il prestito convertendo (concesso alla Fiat da alcune banche) fosse arrivato alla scadenza, anche la Juventus, controllata da Ifil, sarebbe stata probabilmente oggetto di spezzatino come gli altri asset della galassia torinese. Molti ritengono che Giraudo, Agnelli e Moggi stessero organizzando, con la collaborazione di partner finanziari e sportivi, una scalata per acquisire un numero di azioni sufficiente a lanciare un’Opa per rilevare anche le quote di proprietà Ifil. Nel momento in cui l’operazione equity swap permette di evitare che le banche diventino proprietarie del gruppo, si suppone che nel gruppo stesso ci sia chi vuole vendicarsi e far pagare loro il tentativo di scalata alla Juve. Ma, come detto, non ci sono riscontri oggettivi sull’intera vicenda.
In questo quadro (certamente approssimativo ed incompleto) si inserisce il fatto che strutture deviate della security Telecom-Pirelli stiano dossierando e spiando mezza Italia. A qualcuno viene probabilmente l’idea di sfruttare la cosa anche per fini calcistici e di politica sportiva. Il momento appare ideale (per i motivi sopra citati) per fare un golpe che ridisegni gli equilibri sportivi ed economici del calcio italiano. Ma anche, a quanto sembra, per togliersi di torno la Triade (manager ormai troppo intraprendenti ed ingombranti, che dopo le sentenze non si sarebbero più nemmeno potuti riciclare presso società avversarie) e Andrea Agnelli. E, se ci va di mezzo anche la Juve, può darsi che qualcuno lo consideri come un danno collaterale accettabile.
7 maggio 2006: la nascita di calciopoli.
Allo Stadio delle Alpi di Torino, Juventus-Palermo. Andrea Agnelli si reca come sempre sul campo di gioco per stringere la mano a Capello e ai dirigenti, da alcuni giorni sulla graticola mediatica. Nel contempo, John Elkann dice davanti alle telecamere, quando gli chiedono se la Famiglia sia vicina alla Triade: “Siamo qui per testimoniare la nostra vicinanza alla squadra e all’allenatore”. Non ai dirigenti, evidentemente. Perché, molto prima dei processi, il rappresentante dell’azionista di maggioranza, invece di sostenere e difendere i propri dirigenti come farebbe qualunque azienda al mondo, a maggior ragione se quotata in borsa, li scarica abbandonandoli al loro destino, quando gli stessi non sono ancora né colpevoli né imputati, e nemmeno indagati, ma solamente chiacchierati?
Prosegue l’attacco mediatico, nel quale le testate che più attaccano la Juve, anziché difenderla, sono: La Stampa (giornale di famiglia), il CorSera e la Gazzetta, in cui la proprietà della Juventus figura come azionista di maggioranza relativa, e La Repubblica e L’Espresso, fondati da Carlo Caracciolo, fratello della vedova di Gianni Agnelli. Mah…
Poi, la mancata difesa nelle vicende processuali. Perché l’avv. Zaccone, uno tra i migliori penalisti italiani, legale della Juventus (presieduta da Franzo Grande Stevens), oppone una difesa così debole nel processo sportivo, davanti all’assoluta mancanza di illeciti, addirittura patteggiando col giudice Ruperto (procedura irrituale) e accettando di fatto la colpevolezza della sua assistita, anziché professarne l’innocenza? Tra l’altro, quella del patteggiamento irrituale è solo una delle tante incongruenze dei processi sportivi dell’estate 2006. Incongruenze che ho analizzato a suo tempo su Ju29ro nel pezzo “Calciopoli, la resa dei conti“.
Alla Juventus vengono sottratti due scudetti ed è comminata la retrocessione in serie B. Ne consegue lo smembramento della squadra, allora fortissima. Danni sportivi, finanziari e d’immagine pressoché incalcolabili, danni le cui conseguenze incidono e incideranno per decenni sulla vita della società. La Juventus, con il nuovo presidente Giovanni Cobolli Gigli, avalla il tutto senza protestare.
31 agosto 2006: la morte di calciopoli?
La Juventus dell’allora presidente Cobolli Gigli, che nei giorni precedenti aveva annunciato l’impugnazione delle sentenze sportive, fa marcia indietro e rinuncia al ricorso al Tar del Lazio. Le inique sentenze sportive, già definitive in quanto passate in giudicato, vengono confermate. La società nella riunione del Cda delibera colposamente il ritiro di quel sacrosanto ricorso che, se accolto, le eviterebbe la sottrazione degli scudetti, la retrocessione e gli immensi danni economici.
Nel dicembre 2007, Luca Cordero di Montezemolo viene poi ringraziato dal grande capo della Fifa, Sepp Blatter, proprio per il suo ruolo attivo nell’ottenere il ritiro di quel ricorso al Tar: “Quando scoppiò calciopoli nel 2006, Luca di Montezemolo svolse un importantissimo ruolo di moderatore. È in gran parte merito suo se la Juventus non si rivolse ai tribunali ordinari dopo le sanzioni conseguenti allo scandalo“.
Nel maggio 2010, quattro anni dopo la nascita di calciopoli, John Elkann chiama a capo della Juventus quell’Andrea Agnelli che ne era volutamente stato tenuto lontano nel quinquennio precedente. Imitando in questo ciò che già aveva fatto suo nonno, sia per la Fiat sia (in un paio di altre occasioni) per la Juve: viste le difficoltà gestionali, ne affida la guida all’esponente di maggior spicco del ramo perdente della Famiglia.
La Juventus di Andrea Agnelli tenta più volte di risvegliare calciopoli dal coma. Prima, a maggio 2010, con l’esposto contro l’assegnazione dello scudetto di cartone all’Inter (che produce la relazione presentata dal Pf Palazzi nel luglio 2011). Poi, a partire da agosto 2010, con una serie di ricorsi contro il comportamento della non competente Figc.
E ancora, da novembre 2011, con due azioni tuttora pendenti:
- alla Corte d’Appello di Roma, l’impugnazione da parte della Juventus della pronuncia del Tnas, che si dichiarò incompetente a giudicare la richiesta di annullamento dell’assegnazione dello scudetto 2006 all’Inter. In merito a questa richiesta, si attende il pronunciamento della suddetta corte;
- al Tar del Lazio, il noto ricorso che contiene anche la richiesta di risarcimento danni alla Figc per quasi 444 milioni. Ricorso per la discussione del quale non è stata ancora fissata alcuna data di udienza.
È invece del tutto evidente (a chi abbia letto il contenuto delle motivazioni delle sentenze di Cassazione del processo penale) che, per avvalersi di quanto previsto dall’art.39 del Cgs, richiedendo la revocazione delle sentenze del luglio 2006 e puntando ad ottenere la revisione del processo sportivo, sarà necessario attendere tempi migliori. Poco male: così come per l’assegnazione degli scudetti, anche per appellarsi alle sentenze sportive mediante l’art.39 non ci sono termini di prescrizione. Calciopoli non è morta.
Juventus attaccata solo dall’esterno?
Per fugare ogni dubbio, qualora non bastasse quanto detto finora, suggerirei l’ascolto dell’audio estratto da alcune conversazioni telefoniche, che descrivono bene il clima creatosi in quegli anni intorno alla dirigenza bianconera.
Montezemolo ed il ribaltone
1) fino a 1’25”: Alessandro e Luciano Moggi, settembre 2004
2) da 1’26” a 3’06”: Luciano Moggi e Antonio Giraudo, agosto 2004
3) da 3’07” a 5’11”: Mauro Sandreani e Franco Zavaglia, 4 dicembre 2004
4) da 5’12” al termine: Franco Baldini e Innocenzo Mazzini, 4 giugno 2005
Moggi a Lippi: Siamo soli
5) Marcello Lippi e Luciano Moggi, 18 marzo 2005
Moggi e Tosatti
6) Luciano Moggi e Giorgio Tosatti, 21 aprile 2005
La storiaccia di calciopoli sembra essere stata determinata da evidenti coincidenze di interessi interni ed esterni. In assenza di spiegazioni credibili a quanto accaduto è difficile sostenere l’estraneità della proprietà alla genesi della vicenda.
Juventus carnefice di se stessa?
Molti elementi mostrano quanto l’inside job sia stato fondamentale per la riuscita di calciopoli. Tuttavia, questo non può essere l’unico aspetto da prendere in considerazione per comprendere e valutare l’intera vicenda: l’attacco interno è probabilmente condizione necessaria, ma certamente non sufficiente a giustificare l’accaduto. Difficile credere ad una autodistruzione voluta e nata dall’interno, con conseguenti danni quasi irrimediabili. Possibile che non ci si aspettasse la serie B, ma magari una semplice penalizzazione e l’uscita dal giro della Triade, e che qualcuno abbia sottostimato il potere e l’ingordigia di chi (approfittando della scomparsa degli Agnelli) si era reimpossessato del vero potere nel calcio italiano.
Qualcuno teme che (dato che l’azionista di maggioranza è sempre lo stesso, e il sentimento popolare pure) possa in futuro accadere nuovamente qualcosa di simile. I fatti elencati in precedenza, se analizzati con lucidità, dicono il contrario. Andrea Agnelli, che era stato, insieme a Giraudo, Moggi e la Juventus, una delle principali vittime di calciopoli, è arrivato finalmente alla presidenza nel maggio 2010, dopo il quadriennio peggiore nella storia bianconera, quello iniziato nel maggio 2006.
Quattro anni di qualcosa che non somigliava neanche lontanamente alla Juve. Quattro anni da cancellare. Quattro anni nei quali erano stati distrutti la reputazione internazionale, il patrimonio sportivo, quello di competenze e capacità, e anche quello finanziario, ereditati grazie all’operato della precedente gestione (la Triade). Dal 2010 in poi, in campo e fuori, abbiamo rivisto la Juve, quella vera. Oggi Andrea Agnelli sta a John Elkann come Umberto Agnelli stava a Gianni Agnelli. Nel senso che Andrea ha esattamente lo stesso potere e gli stessi margini di manovra che suo padre Umberto aveva nei confronti del fratello Gianni.
La Juventus di oggi con Agnelli presidente è ben diversa da quella di allora con presidente Grande Stevens. Tra i personaggi che all’epoca guidavano il gruppo, alcuni sono arrivati al capolinea o sono stati giubilati e non incidono più. In pratica, in relazione ai fatti del 2006 si può ragionevolmente affermare che una simile coincidenza di interessi, tra il mondo esterno e quello interno alla Juventus, sia storicamente improbabile e improponibile. Diversi gli obiettivi, il contesto, le persone, i comportamenti. Quello fu un evento tanto anomalo quanto irripetibile.
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