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Stronger than me …O no?

You should be stronger than me (trad. Dovresti essere più forte di me). Amy Winehouse esordì più o meno cantando così. Gran pezzo, gran donna. Ok, e allora? E allora è un semplice tergiversare per non arrivare al dunque … Che volete, è dura ricominciare, soprattutto quando non vedi grosse novità sulle quali argomentare le tue più o meno condivisibili castronerie. Vinciamo, sembriamo inattaccabili e duri come la roccia. Dominiamo (almeno finora). Sistema di gioco inalterato, più o meno stesso undici da schierare come miglior formazione possibile. Una dozzina di gol fatti, zero subiti.

Lo so, lo so, ora ci arrivo: la novità è ovviamente mister Allegri. Novità importante, direte. Vero. E molto più di quanto sembri, in positivo o in negativo che sia. Il mio amico (!) Angelo Parodo ha parlato proprio di Allegri chiarendo che c’è molto di più che una mera gestione di un’eredità. Le novità tattiche e di interpretazione di alcuni ruoli chiave ci sono e sono pure importanti.

Ma è sufficiente? Per tornare alla buonanima di Amy, quest’anno siamo stronger o no? Perché, parliamoci chiaro, ancora non lo sappiamo. Non ci sono stati impegni pregnanti, non ci sono stati avversari, sia in Italia, sia in Europa, che possono farci affermare che c’è stato un effettivo ed importante upgrade.

Il campo è sovrano, sempre lo è stato e sempre lo sarà. Per quanto mi riguarda, il campo ha detto che le caratteristiche della Juve di questi ultimi anni mal si attanagliavano a ciò che in Europa serve per vincere. Quest’ultimo verbo, precisiamolo per carità di Dio, è da intendere come necessità di far bella figura, non perdere punti contro avversari nettamente meno forti di noi, superare i gironi, magari turni ad eliminazione diretta alla nostra portata. Questa roba qui, insomma: buone trattorie, qualche ristorantino non troppo chic … Non si pretende certo le tre forchette del gambero rosso da cento e più euro.

Domani ci presenteremo al Vicente Calderòn, bene o male, con lo stesso sistema di gioco dello scorso anno e con lo stesso undici titolare. Non voglio ritornare su disquisizioni tattiche più e più volte affrontate, da noi in questo sito e (posso dirlo?) poi anche da molti altri, se volete potete tornare qui. La questione, quella fondamentale, è questa: basteranno gli aggiustamenti apportati da Allegri a colmare quelle lacune che ci hanno fatto stentare in Europa? Aggiustamenti dà già un’enfasi valoriale al ragionamento ed è, probabilmente, fuori luogo. Diciamo così, Allegri ci ha messo del suo. Punto. Questo “suo”, a mio modestissimo parere, può essere sintetizzato in:

  • rinunzia ad uno schematismo sfrenato (il cosiddetto spartito) nelle manovre di attacco, in favore di una relativa maggiore libertà degli interpreti
  • differente interpretazione dei ruoli delle due punte e delle mezzali
  • maggiore ricerca della verticalizzazione veloce (le cosiddette transizioni offensive)
  • gestione “elastica” della difesa a tre.

I primi tre punti sono stati abbondantemente trattati da altri. Qualche precisazione forse è opportuno farla sull’ultimo punto che, almeno il sottoscritto, ha invece visto trattato solo sporadicamente (anche perchè è oggettivamente più marginale rispetto ai precedenti). In fase di non possesso, Allegri infatti “prepara” i propri difensori a schierarsi a 4 se in determinate fasi della partita le dinamiche del gioco lo impongono. Ma non è una scelta precisa, è più una gestione “rolling” in funzione del bisogno di lasciare, in certi casi, uno dei due esterni più “libero” dai compiti difensivi per presidiare maggiormente il centrocampo o l’attacco in un pressing alto o, più semplicemente, per dare maggiore possibilità di gestirsi i ritmi di rientro.

Ora, sarà sufficiente? Ricorro (che vergogna …) alle frasi fatte: al campo (e a Simeone) l’ardua sentenza. In effetti, molto del “suo” (di mister Allegri, insomma) sembrerebbe rispondere alle questioni irrisolte del sistema di gioco bianconero. Esigenza di maggiore velocità nel gioco, maggior ricorso alle transizioni e una copertura del campo figlia di una maggiore distribuzione degli uomini piuttosto che di compiti tattici più o meno complessi, superamento o per lo meno un intiepidimento dell’accettazione della parità numerica in difesa rispetto agli attacchi avversari.

L’efficacia, la solidità o meno di questa costruzione e, soprattutto, degli accorgimenti apportati da Allegri, la stabilirà nessun altro se non i risultati. Il benchmark non può non essere che il precedente anno. Riaffermarsi in Italia, ovviamente anche in modo non così perentorio, e migliorarsi in modo sostanziale in Champions.

Vedremo. Di certo c’è che a livello di costruzione della rosa qualcosa che si era preventivato di fare, alla fine non lo si è potuto/voluto fare. Ricordo quando qualche anno fa i nostri crucci erano i terzini. Ci sembravano esseri eterei e superiori non appartenenti al nostro mondo. Irraggiungibili, per noi poveri gobbi. Ora questi esseri favolosi e mistici sono diventati gli attaccanti esterni. C’è qualcuno che può razionalmente sostenere che, per esempio, quella contro l’Atletico Madrid, per caratteristiche dell’avversario e per logiche legate alla classifica del girone, non fosse la classica partita in cui sarebbe convenuto attenderli e contrattaccare? Per la partita con la Roma, probabilmente si potrebbe più o meno dire la stessa cosa. Un attaccante veloce, di gamba, in grado di cambiare repentinamente passo e ritmo alla gara, con dribbling, sarebbe stato l’ideale. Speriamo di non rimpiangerlo, domani e più avanti.

Detto ciò, gli strumenti per fare comunque male ai colchoneros li abbiamo eccome. Ed è giusto dare la massima fiducia in questo gruppo di uomini, di dirigenti e nel suo allenatore. La rosa è stata ampliata in modo sapiente, con calciatori in grado di fornire immediatamente un contributo sostanziale ma anche di crescere in modo considerevole grazie alla loro giovane età e ampie potenzialità. Giù il cappello. Il punto è che, comunque, si gioca in undici e, tenendo fermo il sistema di gioco del precedente anno, era quasi impossibile dare un upgrade sostanziale all’undici titolare (a meno di non prendere in considerazione quei 5/6 giocatori top ampiamente fuori dalla nostra portata). Mesi fa, in questa sede si è parlato per l’appunto di upgrade chiuso. Come già accennato, quindi, probabilmente giocheremo più o meno con la squadra tipo del precedente anno, che equivale a quella di questo anno. Si sarebbe potuto percorrere la strada di distruggere un meccanismo consolidato e vincente (ma con i limiti a cui abbiamo accennato) per plasmare un nuovo undici titolare? La questione la conosciamo ed è quella su cui si è dibattuto nell’ultimo anno, all’esterno ed all’interno del club. Le scelte fatte sono quelle che conosciamo. Probabilmente la strada percorsa era anche l’unica fattibile, considerati gli aspetti legati al bilancio. La mia speranza, la nostra, è che, comunque, siamo più forti dell’anno scorso. E’ necessario esserlo, lo ha detto il campo.

Non ci resta che tifare, rituffarci nella Champions, nella sensazione agrodolce da sempre legata alla coppa per noi juventini e ascoltare la fantastica voce di Amy Winehouse.

 

Fino alla fine, ragazzi.

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