Come tutti, anch’io sono rimasto affascinato dal calcio offerto dalla Juve di Conte. Un po’ per divertimento, un po’ per fornire un contributo di discussione, ho provato a interpretare e focalizzare i concetti di calcio con i quali il mister salentino ha raggiunto i risultati che tutti conosciamo.
Al di là dei sistemi di gioco e, quindi, del 3-5-2, 4-3-3 e chi più ne ha più ne metta, è a mio avviso la filosofia di allenamento e preparazione alla partita la vera chiave di volta per la comprensione del calcio di Antonio Conte. Dopo averci riflettuto a lungo, mi sono convinto che nella Juve siano più importanti gli schemi di gioco piuttosto che il sistema entro cui essi si incastrano. Esemplificando, l’approccio dell’undici di Conte è quanto di più vicino si possa vedere nel calcio dei concetti di un altro famoso gioco di squadra, il basket. Il riferimento nel titolo all’attuale allenatore della nazionale italiana di basket, Pianigiani, è così spiegato.
Il team tecnico con a capo Conte osserva (e studia preventivamente) la disposizione difensiva dell’avversario e, quindi, decide e/o costruisce in allenamento lo strumento (schema) da utilizzare per fare male. In campo, Conte chiama le giocate, il play (ovviamente Pirlo o con sfumature diverse chi per lui) e la squadra provano e riprovano ad attuarlo fino al raggiungimento del risultato sperato.
Mentre vediamo giocare la Juve, quante volte ci è capitata la cosiddetta” sindrome di Bergomi”, cioè di pensare “la Juve è troppo prevedibile”? Beh, lo siamo fino a quando lo schema non riesce e se Conte crede che quello sia lo strumento per scardinare la difesa avversaria, continuerà a pretenderlo dai suoi uomini in campo. Ovviamente, l’altra opzione è abbandonare la scelta e intraprenderne un’altra, senza mai smarrire però quell’approccio organizzato nei dettagli tipico dell’interpretazione di calcio del mister.
Da questo approccio a schemi (provati e riprovati in allenamento, con controllo maniacale di movimenti e tempi) derivano una serie di postulati:
- i calciatori devono saper trattare la palla (lo schema riesce se hai la qualità di riprodurre in campo quanto fatto in allenamento);
- forte enfasi al gioco di squadra;
- punte funzionali alla riuscita dello schema e finalizzatrici solo nel momento in cui lo schema lo preveda;
- forte fiducia nella guida tattica (i giocatori devono “affidare al tecnico” le proprie abilità);
- forte influenza e criticità di gestione del gruppo (se giochi di squadra, è la squadra e cioè il gruppo a doverti portare i risultati e risulta più difficile che le giocate individuali abbiano sbocco).
A questo punto, la scelta di un sistema di gioco rispetto ad un altro deriva semplicemente dalla valutazione fatta dal mister su quali siano i giocatori più affidabili (tecnicamente, psicologicamente e atleticamente, il famoso Testa, Cuore e Gambe) per formare la squadra da mettere in campo. Ovviamente tale valutazione avviene studiando la rosa a disposizione e facendo scelte che coinvolgano, almeno nelle intenzioni, l’intera stagione.
Non ho sufficiente competenza per stabilire quanto questo tipo di approccio sia già stato utilizzato da altri allenatori nella storia del calcio (scuola olandese, lo stesso Sacchi). A me sembra che Conte sia il primo ad aver posto tale approccio alla base del proprio calcio.