Amici, juventini, prestatemi le vostre orecchie. Sono venuto a seppellire De Paola, non a tesserne l’elogio”.
Sì, prendo a prestito Shakespeare, perché mi fa un po’ sorridere l’idea di dover interpretare la parte di difensore del neodirettore (di ritorno) di Tuttosport. Proprio io che, come altre decine (centinaia, probabilmente) di juventini sono stato bloccato dal suddetto su Twitter, circa un anno fa. Di certo, senza averlo mai insultato né offeso. Anzi, senza neanche aver mai interagito con lui: presumibilmente, mi ha bloccato “sulla fiducia”. Evidentemente, De Paola ha un caratteraccio e, a prescindere da ciò che scrive e da come lo scrive, finisce per risultare antipatico e/o odioso a molti. A volte capita, anzi, ammetto che nel mio piccolo ci riesco spesso anch’io…
“Campionato falsato!“. Questo titolo del Corsport (unitamente ad altri, precedenti e successivi) rappresenta il principale capo d’accusa nei confronti di De Paola. Un titolo infelice, un titolo sbagliato, forse addirittura pericoloso. Un titolo destinato a nutrire (come in molti altri casi) la voglia di non ammettere la sconfitta, propria del pubblico al quale era destinato. Un titolo che in tanti abbiamo giustamente attaccato e pesantemente criticato. Era peraltro il titolo (pessimo) di un giornale destinato ad un pubblico ben preciso, teso a soddisfarne le esigenze e/o, se preferite, a compensarne la momentanea (?) frustrazione.
Ma il popolo juventino non dimentica. O meglio, ha la memoria selettiva. E allora, magari dimentica o perdona volentieri alcune dichiarazioni e/o comportamenti (Lippi, Ibrahimovic, Boniperti, Conte, etc.), mentre altre le ha scolpite sulla pietra (Capello, Baggio, Allegri, Di Livio, etc.). Quindi, De Paola non si illuda: quei titoli glieli rinfacceranno sempre. Oggi con proposte di boicottaggio, domani con chissà quali altre polemiche.
Anch’io, in quanto facente parte del popolo gobbo, non dimentico. Non dimentico i fatti.
Non dimentico che, tra la colpevole indifferenza e il silenzio generale, fu proprio con la direzione di De Paola (2008-2012) e sotto la sua responsabilità che Tuttosport cominciò ad occuparsi seriamente di calciopoli. Se lui non l’avesse voluto e permesso, Alvaro Moretti e Guido Vaciago non avrebbero potuto seguire, analizzare e commentare le udienze e le risultanze del processo di Napoli. E sono stati praticamente gli unici a farlo, insieme a noi che allora animavamo Ju29ro.
Non dimentico che la sua direzione trasformò il giornale torinese, fondato nel 1945 da Renato Casalbore, affiancando (a settembre 2008) all’edizione cartacea quello che è oggi uno tra i principali e più seguiti siti web, Tuttosport.com.
Non dimentico che le “nuove” telefonate di calciopoli, in assenza di Tuttosport (che pubblicava sia i testi sul cartaceo sia i file audio nella versione online), se fossero state pubblicate solo da JuventinoVero.com e da pochi intimi, non avrebbero avuto la rilevanza che invece ebbero.
Non dimentico che fu con la sua direzione (e non con quella precedente di Padovan) che Tuttosport attaccò con decisione Blanc e Cobolli, e le scelte che la società operava all’epoca (unica voce fuori dal coro nel panorama del giornalismo sportivo italiano, impegnato ad apprezzare la simpatia della nuova Juventus), spingendo nel contempo per l’arrivo alla presidenza di Andrea Agnelli.
Non dimentico che, nel maggio 2012, La Stampa (appartenente allo stesso gruppo della Juventus), scrisse che la Juve aveva vinto il 28° scudetto. Nel contempo, il Tuttosport di De Paola sparò il n.30 in prima pagina, a piena pagina, con le facce dei protagonisti all’interno del numero.
Trovo del tutto normale che un professionista sia anche aziendalista, e che si cali alla perfezione nella nuova squadra dimenticando la precedente. Anche se è una modalità comportamentale che non mi entusiasma, rilevo che succede ai giornalisti, come ai calciatori, agli allenatori, etc. C’è modo e modo, certo… Ma anche se non è simpatico e non piace dal punto di vista della comunicazione, i fatti dicono che è un ottimo organizzatore di giornali. E ha il pregio/difetto di sposare in pieno la causa della testata nella quale lavora o che dirige (Gasport, Tuttosport, Corsport, ora di nuovo Tuttosport). Lo fa da anni e l’editore si fida delle sue capacità, al punto da riproporlo ad una piazza diventatagli nel frattempo ostile.
Poi, chi desidera recitare la parte del “rancoroso a tutti i costi”, scateni pure il solito mare di inutili polemiche.
Se non apparisse blasfemo affermarlo in questo momento, direi “not in my name”.
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