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C’era una volta il Derby d’Italia

Juventus – Inter si chiude come era logico attendersi vista la netta disparità di forze in campo, ovvero con la scontata vittoria degli uomini di Antonio Conte per 3 a 1. I bianconeri hanno vendicato la sconfitta dell’anno scorso, dominando in lungo e in largo una partita giocata a livelli non eccelsi e concedendo anche qualcosa nel finale ad un avversario che dovrà lottare parecchio per conquistare un posto in Europa (League).

Rileggendo le formazioni e provando ad “accoppiare” ruolo per ruolo i giocatori in campo possiamo notare come solo Handanovic sia superiore individualmente a Storari, mentre nei restanti 10 duelli su 11 i bianconeri prevalgono. Anche Palacio, sicuramente l’uomo più pericoloso dell’Inter di oggi, è apparso appannato, poco lucido sotto porta, forse perché arrivava alla conclusione provato dalla fatica dovuta alla lotta intrapresa in solitaria contro tutta la difesa avversaria. Nei piani di Mazzarri portare a casa un pareggio sarebbe stato un trionfo, vista anche la formazione schierata, con una sola mezza punta (appunto) tre difensori centrali più due “esterni” che giocavano più sulla linea difensiva che sulla mediana e quattro centrocampisti. L’Inter non è stata capace di esprimere nemmeno il più piccolo barlume di gioco non solo per la superiorità netta impostagli dalla Juve. La squadra è male assortita, manca qualità e sostanza in mezzo al campo, basti pensare che alla fine qualcuno rimpiangeva l’attuale Cambiasso, praticamente un ex giocatore, visto che davanti alla già folta difesa sono stati schierati due grossi calibri come Taider e Kuzmanovic. Qualcuno, ad inizio stagione, ha provato anche a far passare gente come Jonathan, Nagatomo e Alvarez come ottimi giocatori, elogiando Mazzarri per il lavoro svolto nel processo di rivitalizzazione intrapreso. Non dico che siano da buttare, questo, no, ma se si arriva a definirli “buoni giocatori” forse bisogna ridefinire il concetto di “buon giocatore” e soprattutto chiedersi di quanto sia sceso il livello del campionato italiano. Mazzarri ha scelto di aderire al progetto tecnico dell’Inter di Moratti, ora si ritrova con l’Inter di Thohir, il quale vagheggia di voler risanare il disastrato bilancio, compra un giocatore a 15 milioni (pare) avendone già altri in quel ruolo, propone e poi, a furor di popolo, rifiuta lo scambio (???) GuarinVucinic, non vende nessuno, non rinforza il reparto offensivo in cui oltre a Palacio militano l’ex bomber Milito, il nuovo Benzema (Belfodil) e Maurito Icardi, attualmente impegnato in ben altro tipo di “performance” piuttosto che in quelle sul campo da gioco. Mazzarri ha poco da mettere sul campo ma ieri ha sbagliato tutto anche se non lo ammetterà mai, come nel suo stile. Questa squadra l’ha voluta lui e la sta costruendo lui. Dovrebbe assumersi le responsabilità del fallimento tecnico nerazzurro, invece crocifigge in pubblica piazza un ragazzo del ’94, Kovacic, per non aver svolto al meglio il compito assegnatogli. Dopo il pareggio raggiunto in extremis dal Parma il 14 gennaio 2013 Conte si dichiarò colpevole di aver chiamato un velo poi sbagliato da Vucinic a centrocampo che permise ai ducali di pareggiare. Per Mazzarri le colpe sono sempre da attribuire ad altri fattori: agli arbitri agli infortuni, alla pioggia, ai festeggiamenti per il compleanno dei giocatori… La verità è che con gli uomini a propria disposizione il buon Walter potrebbe combinare qualcosa di più e questo lo bene. Ieri è scesa in campo una squadra senza spina dorsale, farraginosa, molle, poco organizzata e che non ha mai creato grattacapi alla difesa di una Juve anche un po’ distratta.

Antonio Conte ha messo in campo quella che ormai possiamo definire “formazione tipo” fatta eccezione per lo squalificato Buffon. Bonucci a fungere da regista difensivo, Barzagli e Chiellini a completare il trio. Pirlo, Vidal e Pogba a centrocampo, Tevez e Llorente in attacco, sugli esterni Lichtsteiner ed Asamoah. E’ proprio sulle fasce che la Juventus ha vinto la partita grazie alla strepitosa forma di un Asamoah sempre più calato nel ruolo ed in grande spolvero come ai tempi degli esordi in bianconero, oltre che a un Lichtsteiner fermato solo dai crampi nel finale. I due stantuffi con l’apporto di Vidal e Pogba hanno costretto i dirimpettai Nagatomo e Jonathan ad una serata da incubo fatta di soli dolori e nessuna gioia. In mezzo Pirlo ha giostrato libero da pressing o marcature ad hoc, ne sia esempio l’assist perfetto per lo svizzero che ha depositato in rete solo davanti ad Handanovic. Il solito schema, insomma. Il secondo ed il terzo gol sono arrivati su azioni tambureggianti ad opera di Chiellini e Vidal anch’essi protagonisti assoluti di una gara in cui sembrava di giocare contro una squadra di categoria inferiore. Una distrazione al 70′ consente a Rolando di segnare in mischia ed in generale, dopo l’uscita di Barzagli, si ha la sensazione che possa succedere qualcosa. Ma non succede nulla. Nota a margine: Vucinic sfiora il gol a tempo scaduto, sarebbe stata una bella soddisfazione per lui se quel pallone, anzi che colpire il palo, si fosse infilato nella porta di chi l’ha preso in girno in questa sessione di mercato.

Il dominio tecnico visto ieri  deriva innanzitutto da una superiorità netta a livello societario, come sempre è accaduto in passato. Vince il più forte sotto tutti i punti di vista. L’Inter attuale sembra una barca alla deriva, priva di un timoniere carismatico, priva di un’identità precisa, senza disciplina e gerarchie. Ieri il capitano era Nagatomo. Zanetti parla di rinnovo contrattuale, si ha sempre la sensazione che a comandare nello spogliatoio siano i “clan”, i senatori non sono di esempio per i giovani, il caso Icardi è emblematico. Molti talenti si sono bruciati all’Inter e sembra stia accadendo di nuovo.  La Juventus si è data una struttura, seppur con notevoli margini di miglioramento, ma si capisce chi comanda. L’allenatore sa a chi deve rivolgersi quando c’è un problema, a seconda del problema. I giocatori percepiscono l’autorità. C’è programmazione.

C’era una volta il derby d’Italia. L’Inter ha messo la parola fine a questa tradizione, autoescludendosi per la lotta alla conquista dello stivale che ormai, tra le due,  conosce una sola padrona: la Juventus.

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