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Di Pogba e delle plusvalenze (una volta per tutte)

Dopo aver sviscerato la questione Morata (qui), vediamo ora di fare alcune considerazioni in merito all’affaire Pogba.

Da alcune parti si è fatta strada l’idea che potrebbe essere utile vendere Pogba, pur se a malincuore, per realizzare una corposa plusvalenza, reinvestirne il ricavato e comprare quei due/tre campioni che potrebbero aiutare a vincere la Champions.

L’idea è quella di replicare quanto fece Moggi a suo tempo, quando vendette Zidane e Inzaghi e con il ricavato comprò Nedved, Buffon, Thuram e Salas. Non vinse la Champions, è vero, ma rifece la squadra, continuò a vincere per molti anni e due di quei giocatori divennero Leggende della Juve.

Tutto vero, ma…

Vediamo quale potrebbe essere, questo “ma”. Cominciamo dall’inizio.

A livello di bilancio, al 31/12/2015 Pogba ha un costo storico di 8,17 ml € (anche se il suo cartellino non costò nulla, portarlo a Torino -e tenercelo!- ha comunque avuto dei costi rilevanti, oltre all’ingaggio), un ammortamento annuo di 1,57 ml €, avrà un valore di carico residuo al 30 giugno 2016 di 4,71 ml € e un contratto con scadenza 30/06/2019, con ingaggio lordo annuo (stimato) pari a 8,5 ml € (più premi variabili).

Supponiamo ora che arrivi la famigerata offerta da 100 ml: la Juventus metterebbe a bilancio poco più di 95 ml € di plusvalenza e dovrebbe procedere a sostituire uno dei titolarissimi della rosa di questi ultimi due anni.

Come abbiamo già visto nel caso di Morata, Pogba incide sui costi della società per 1,57 + 8,5 = 10,07 ml €: ciò significa che la Juventus, qualora non volesse incrementare il livello complessivo dei costi, avrebbe a disposizione al massimo 10,07 * 5 = 50,35 ml €, da ripartire tra cartellino e ingaggio del nuovo arrivato. Ad esempio, 30 ml di cartellino e un ingaggio lordo da 4 ml annui per 5 stagioni. Sicuramente troppo pochi per comprare un campione affermato, probabilmente non abbastanza neanche per ripetere un’operazione in stile Dybala. In pratica, andresti a sostituire un giovane e affermato campione con un giovane, non affermato e solo potenzialmente futuro campione. Non una gran pensata.

E allora, come ha fatto Moggi con Zidane? Vediamolo.

I 95 ml € di plusvalenza farebbero aumentare il fatturato della Juve, portandolo ben oltre quota 450 ml. Supponendo di mantenere la stessa proporzione odierna tra costi/ricavi, un aumento di fatturato di quelle dimensioni consentirebbe alla Juve di alzare la potenza di fuoco (ingaggi+ammortamenti) a quota 340 ml €, ossia circa 80 ml € più in alto di adesso.

Di nuovo, se la Juventus facesse firmare ai nuovi acquisti dei contratti a 5 anni, l’importo disponibile per il mercato lieviterebbe alla fantasmagorica cifra di 400 ml € abbondanti, sempre da dividere tra cartellino e ingaggi.

Ecco, con questi soldi effettivamente si potrebbe ripetere l’operazione che Moggi fece con Zidane, comprando due o tre campioni e facendo il definitivo salto di qualità.

Ma…

Andiamo a vedere cosa successe in quegli anni al conto economico della Juve.

Il bilancio 2001/02 registrò un incremento del monte ingaggi, che passò dai 100,46 ml l € del 2000/01 a 136,69 ml €, e gli ammortamenti aumentarono da 37,70 a 69,16 ml €: mal contato, un incremento dei costi di gestione del 50%.  Nel 2001/02, grazie ai 116,210 ml di ricavi straordinari derivanti dalla vendita di Zidane e Inzaghi (oggi sarebbe Pogba), il risultato operativo rimase positivo per +20,79 ml, ma già dall’anno seguente, stagione 2002/03, privato di quella plusvalenza una tantum, il bilancio segnò -30,30 ml €; nel 2003/04 -27,56; nel 2004/05 -2,74 e, per finire, nel 2005/06 segnò -37,79 ml €. Calciopoli mise fine a quella squadra e quindi non sappiamo cosa sarebbe successo poi; tuttavia, considerando che già allora l’imperativo era l’auto finanziamento, è lecito attendersi che Moggi e Giraudo avrebbero dovuto: A) procedere a un taglio drastico dei costi (leggi: vendere i giocatori più costosi) per riportare il bilancio in equilibrio; oppure B) continuare a sostenere il bilancio, alimentandolo con continue plusvalenze straordinarie (leggi: vendere i giocatori più promettenti sostituendoli con giovani promesse a basso costo).

Ora. Il bilancio della Juventus 2015/16 chiuderà in leggera perdita (mentre quello di allora chiudeva in positivo da anni), quindi non possiamo pensare di incrementare ulteriormente il livello dei costi, pena il grave deterioramento del conto economico. Inoltre, i vincoli del FFP non lo consentirebbero comunque, pena sanzioni quali il blocco del mercato o addirittura l’esclusione dalle coppe europee, perciò, le strategie A) o B) dovranno essere attuate molto presto.

Vediamo la strategia A).

In buona sostanza, si potrebbe pensare di puntare a vincere la Champions League nei prossimi due anni e procedere poi a un drastico taglio dei costi. Tra due anni, però, il problema sarebbe vendere dei calciatori affermati, con alto ingaggio e costosi cartellini non ancora ammortizzati: una bella rogna.

Sapete chi ha attuato fino in fondo questa strategia e si è trovato poi a gestire la rogna? L’Inter. Nel 2009 vendette Ibrahimovic al Barcellona e grazie a quella plusvalenza comprò Eto’o, Sneijder, Lucio, Milito e T. Motta: vinse la Champions e negli anni seguenti cercò di ristrutturare la squadra, riportando i costi entro livelli sostenibili e mantenendosi al contempo competitiva.

Non pare sia andata a finire benissimo, proprio perché vendere dei campioni che hai preso già affermati, con ingaggi importanti e cartellini costosi,  senza contabilizzare importanti minusvalenze, non è per nulla facile.

L’alternativa è pagare fino al termine i costosi ed insostenibili ingaggi a cui quei contratti ti vincolano, con tutte le conseguenze del caso.

Inoltre l’Inter, quando vinse la Champions, aveva lo stesso monte ingaggi del Barcellona (superiore di ben 42 ml a quello del Real Madrid): oggi, pur incrementandolo, la Juve non potrebbe comunque raggiungere quei livelli. Considerando quindi che il contesto competitivo internazionale non è lo stesso di 7 anni fa, e che il rischio di non vincere la Champions sarebbe molto più alto di allora, vale la pena?

In fondo, la Juve di Moggi non riuscì comunque a imporsi in Europa, proprio perché quella competizione ha delle caratteristiche di estrema aleatorietà. E anche l’Inter vinse con una notevole dose di fortuna in molti episodi decisivi (per non dire altro), e la fortuna non la puoi certo programmare.

Insomma, il gioco vale la candela? Io dico di no.

L’alternativa B) è invece quella che sta portando avanti la Roma. Finora Sabatini è riuscito a comprare a poco e rivendere a tanto, anno su anno, sostenendo grazie alle plusvalenze un livello di costi altrimenti improponibile per quel bilancio. Ma gli ammortamenti intanto aumentano e i giocatori su cui realizzare plusvalenze sono sempre meno… quanto durerà ancora, prima di dover ristrutturare profondamente la rosa? Quanto ci vorrà perché ad essere venduti siano i big? Quando succederà (perché prima o poi succede per forza) che gli acquisti non sostituiranno degnamente i partenti, con tutto quello che ne consegue? La dirigenza della Roma dovrà fare un capolavoro sportivo, quando arriverà il momento del redde rationem.

Sicuramente non sarà Sabatini, vero deus ex machina di questa strategia, a realizzare quel difficile capolavoro, perché ha già rassegnato le dimissioni con decorrenza 30 giugno prossimo.

Per certi versi, il Milan si è trovato a dover gestire quel momento critico, quando procedette alla vendita di Ibra e Thiago Silva: non pare sia andata a finire benissimo neanche in questo caso…

Di nuovo vi chiedo: siete sicuri di voler vedere la Juve trasformata in un plusvalenzificio, di prendervi tutti i rischi di cui sopra, senza comunque alcuna garanzia di successo europeo, mettendo a repentaglio la supremazia sportiva conquistata in Italia?

Per quanto mi riguarda, la risposta è “no”.

E perciò “non si vende Pogba” (coro).

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