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(dis)onore al mio nemico

Sono nato nel 1980, ero onestamente troppo piccolo per godermi il ciclo vincente degli anni ’80 della Juventus.
Sono stato investito invece dal Milan degli anni successivi e mentre noi vincevamo un paio di Coppe Uefa, loro qualcos’altro.
Ho dovuto attendere di essere adolescente per vedere la Juventus tornare a vincere lo scudetto e la Champions League.
In tutti quegli anni, il Milan era sempre stato il mio primo nemico: l’inter era una squadra altalenante, con qualche campione e tante mezze seghe, niente che io considerassi troppo; Parma, Roma, Lazio, Napoli erano solo occasionali contendenti.
Con il Milan invece tutte le sfide erano “tanta roba”, da prepararsi tipo “settimana Santa” ben sapendo che il giorno dopo la partita sarebbe stata guerra dialettica con gli amici più stretti, tutti milanisti.
Mio padre, gobbo quanto me, era solito frequentare un bar sede di un Milan Club. Tra i frequentatori c’era amicizia, stima personale e odio sportivo, entrambi reciproci.
Questo “piccolo mondo antico” è ovviamente finito, triturato da Farsopoli e dagli anni successivi, ma era rimasta in me l’idea che il Milan fosse il nemico degno di onore, quello che ho sempre considerato realmente alla nostra altezza: un confronto tra pari.

Non sta a me trattare il declino tecnico del Milan negli ultimi anni, che va di pari passo con le difficoltà riguardanti la gestione e la cessione della società, ma per me la partita di venerdì è stato uno spartiacque significativo.
Quando c’è stato il famoso caso del gol di Muntari sono dovuto scendere a patti con le loro proteste; ho trovato ridicolo quando Galliani è andato in tv a lamentarsi delle immagini del fuorigioco (inesistente) di Tevez e poi il tweet dell’account ufficiale è stato un capolavoro di ignoranza delle regole prospettiche, analfabetismo funzionale da bar; nella partita di andata sono state disgustose le proteste in campo sul gol di Pjanic, ma la colpa è di chi si è fatto influenzare e non è stato capace di mantenere l’ordine. Memorabile Donnarumma che va dall’addizionale Massa a dirgli “E tu? Non parli? Non parli?”.

Venerdì invece abbiamo visto il definitivo declassamento del Milan: di nuovo una partita con un espulso come in Coppa Italia, di nuovo un giocatore graziato che doveva essere espulso molto prima, una partita in cui hanno subito, come gioco, occasioni, tiri in porta. Sono rimasti a galla solamente grazie a un fenomeno in porta. Le proteste sul rigore sono state eccessive ma attese, indegna l’aggressione finale di Bacca e altri. Fino a qui siamo solamente a quello che è successo in campo, e già ce ne sarebbe abbastanza. Il giorno dopo è uscita la notizia che i giocatori del Milan avrebbero commesso atti vandalici all’interno degli spogliatoi dello Juventus Stadium: scritte ingiuriose, danni agli arredi e a insegne di trofei vinti.

Una roba che non succede neppure in Terza Categoria.

Significa per prima cosa che i giocatori non sono preparati come professionisti, perché non conoscono il regolamento: comprensibile la reazione sul campo, ma in spogliatoio con i cellulari potevano vedere i replay e capire benissimo che quel tipo di intervento è punibile con il rigore, visto che loro stessi in passato hanno beneficiato di decisioni simili. In secondo luogo, vuol dire che non esiste alcuna autorità e alcun potere all’interno dello spogliatoio stesso perché né il capitano, né l’allenatore, né un ipotetico team manager sono stati in grado di richiamare all’ordine i propri giocatori.
La notizia è stata confermata da tutti i giornalisti presenti e il Milan non l’ha smentita. La Juventus non ha pubblicato né foto né video (finora) probabilmente per non calcare la mano su una situazione già fin troppo calda.
Sembrerebbe che siano stati imbrattati i due scudetti 2004-2005 e 2005-2006, quelli travolti da Farsopoli.
E qui si torna a parlare di ignoranza, in particolare di ignoranza della storia del proprio club: i calciatori del Milan dimenticano che il Milan è stata una delle società graziate, che l’accusa aveva richiesto la retrocessione in serie B tanto quanto la Juventus, che le indagini si sono svolte solo da una parte trascurando telefonate e intercettazioni, che forse non è proprio normale che Galliani e Meani si incontrassero con Collina in un ristorante nel giorno di chiusura.
E visto che ci siamo: Collina, arbitro di calcio e occasionalmente di pallanuoto, si dimise dall’AIA perchè aveva firmato un contratto di sponsorizzazione con la Opel, che in quegli anni era lo sponsor del Milan.
Qualcuno glielo spieghi, magari lo stesso Galliani, prima di tirare fuori smoking bianchi, che poi si fanno delle magre figure.

E allora, visto che le prestazioni sul campo sono tipiche di squadrette di medio-bassa classifica, e i comportamenti fuori sono indegni di una squadra di professionisti, ma anche di dilettanti, posso ragionevolmente dire che per me il Milan ha perso qualsiasi residuo di nobiltà. Come tante altre squadre, ora diventano un accidente da incontrare un paio volte l’anno, da battere per poi pensare alla prossima partita e portare a casa tutti i giocatori sani e salvi.

Dopo sei anni di dominio in Italia siamo arrivati dunque a questo: nel trittico delle partite Inter-Napoli-Milan siamo stati accusati delle peggiori nefandezze, quando tutte le decisioni a nostro favore erano corrette come hanno evidenziato a denti stretti le moviole non faziose e non orientate. Se gli episodi non sono dubbi, lo diventano. Il regolamento viene interpretato e stiracchiato a seconda delle magliette indossate; se gli episodi non ci sono perché non se ne accorgono nemmeno i giocatori in campo, allora si inventano. La Juventus diventa quella che vince grazie ai rigori, anche se finora in campionato ce ne sono stati fischiati a malapena tre, meno del Cagliari o del Crotone.

Il clima è irrespirabile e lo sappiamo. Se da un lato c’è una sorta di perversa soddisfazione nel vedere fegati spappolati giorno dopo giorno con gente ben oltre l’esaurimento nervoso, è molto più preoccupante che i protagonisti del calcio aizzino i propri tifosi invece di avere senso di responsabilità e professionalità: Sarri, De Laurentiis, Ausilio, si sono accodati alle accuse, cavalcando le proteste dei loro tifosi. Se anche i giocatori ora si lasciano andare a comportamenti da ultras, quando succederà qualcosa di grave (“quando”, non “se”) con che faccia si presenteranno questi “signori” a dire davanti alle telecamere “dobbiamo abbassare i toni…” “serve intelligenza e senso di responsabilità da parte di tutti, noi per primi” quando loro stessi hanno giustificato, stimolato e replicato quello che combinano gli ultras?

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