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Donna Letizia risponde/1

Cara Donna Letizia,

prendo spunto dalla sua missiva, e le dico che ahimè sono senza speranza. Non solo ho visto Allegri nottetempo su Sky, ma pure i video spesso e volentieri. Lo menziono con gli occhi a cuore e tanto vorrei che tornasse. Andrò all’inferno, pazienza. 

LaLucibedda

Mia dolce Luci, l’inferno è per i malmostosi, gli ingrati, gli ingrugnati che non si godono nulla, quindi non certo per noi, che come il torinese Gozzano, che avrebbe potuto essere juventino e chissà, forse fece in tempo a esserlo, siamo affezionati alle buone cose di cattivo gusto: “un qualche raro balocco”, “Venezia rifatta”, “gli acquarelli un po’ scialbi”, gli stentati 1-0, i cambi difensore per attaccante all’80°, i campionati vinti a febbraio, l’ironia anziché la seriosità di chi parla di calcio come parlasse della cura contro i tumori, l’eleganza non affettata di chi non indossa le giacche-io vado-regolamento o pensa che “lo stile inglese” consista nell’indossare la tenuta per la caccia alla volpe, il gusto dell’istinto, dell’imprevisto contro il grigiore tetro di chi vuole un calcio, una vita, tutti pianificati, programmati, ridotti a grafico, ad algoritmo. L’inferno sono loro.

Cara Donna Letizia, è con grande vergogna che devo confessare di fare – talvolta per carità – sogni sconci su attaccanti che fanno solo una cosa, mi perdoni per tale terminologia osé, quelli che la buttano dentro e basta. È grave?

 Fabiola Tesla muskiata

Cara Fabiola, le immagini forti che popolano i tuoi sogni appartengono a un’epoca tramontata. Oggi è il tempo del virtuale, dell’immateriale, per cui anche se tutti vanno, chissà perché, così di fretta, “buttarla dentro”, come tu dici con espressione, consentimelo, poco da signorina (sarai mica dei Colli Berici?) è un’imperdonabile volgarità. Vanno infatti di moda i preliminari, protratti allo spasimo, spinti a estremi di orientale raffinatezza. Un tocco su, un tocchicchio giù; tiki di qui, taki di là; a destra vellichi, a manca titilli; sempre però possedendo la sfera come un bambino geloso o un cane diffidente. Essenziale è creare l’aspettativa, l’ipotesi, l’expected, direbbero quelli vestiti per la caccia alla volpe. E siccome oggi ciò che conta è sublimare, al culmine degli estenuati tìcchete e tàcchete, e a parte qualche civiltà primitiva (renitenti polacchi, vichinghi norvegesi, anziani lusitani), arriverà il tempo in cui nessuno la butterà più dentro e tutti finalmente ci addormenteremo, subito dopo quel magico momento, purtroppo fugace, del fischio d’inizio: quello, cioè, un secondo dopo il quale il possesso della sfera è al 100%.

Cara Donna Letizia, ho bisogno di un consiglio, ho detto in pubblico “ma Dybala?” e sono stata assalita, da coetanee inferocite e fidanzati mugghianti. È dunque impossibile parlare di quell’argomento? Aiutami

Paolina Patatina

Cara Patatina, la spiegazione sta nella fisiognomica. Il buon Paulino come vedi ha avuto il dono dell’eterna fanciullezza, non a caso i saggi siciliani lo ribattezzarono Picciriddru: egli sembra sempre un bambino, è il Gianni Morandi del calcio. Nelle ragazze della tua età quindi suscita immediatamente immagini di guance paffute, di manine tonde, di rosei culetti da cospargere di borotalco: non c’è bisogno di scomodare il vecchio ciarlatano viennese per capire che su Dybala si proiettano desideri di maternità, di là da venire o già frustrati, e lo sai come sono le femmine di tutte le specie quando gli si toccano i cucciolini. Per i maschietti invece il Bambino è l’ipotetico, il Futuro, quello che loro avrebbero voluto e che lui potrebbe essere: il Maradonino che non venne, il Baggio ma estroverso, il Cassano col pollice opponibile, il Messi fatto in casa. Non lo è, ma poteva diventarlo, se solo i Brutti, i Cattivi, i Cinici non glielo avessero impedito: e – pensano – potrebbe ancora. Hai un bel dire a costoro che il Bambino è entrato nel ventottesimo anno, che se uno doveva essere a quest’ora era già stato; che magari bisogna farsi bastare quel che ha (e che non è poco) purché ogni tanto lo si veda; che lo si vede poco in campo ma molto, moltissimo in fotografia, affascinato dalla cosmesi maschile, innamorato di sé stesso, colto in pose sognanti nelle quali non l’affligge la bua che tuttavia lo trattiene da mesi dal giocare, e mentre il suo saggio cane lo contempla perplesso, dubbioso, grato dei bocconcini ma chiedendosi perché debba crescere soltanto lui. Mai la narcisata è buon segno, un altro prima di lui imboccò la strada dei continui autoritratti stilosi e ne uscì ex calciatore e pensoso commentatore delle sorti del mondo: ma almeno lui il ginocchio se l’era rotto per davvero. Non ne aveva più voglia: ma il nostro, la Voglia, quella matta, famelica, ossessiva che “fa” il Messi o il Maradona, che ha disfatto il Cassano, ce l’ha ancora? L’ha mai avuta? O è appagato della sua bambagia, della fidanzata, dell’occhiale à la page, del cane? Domande inquietanti: da non farsi in pubblico, per evitare le Mamme infuriate o i Babbi futuristi. Men che meno se il Pargolo dovesse andare via, al principio di quella che diventerebbe una lunga, faticosa estate.

Ti saluta affettuosamente

Donna Letizia

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