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Donna Letizia risponde/2

Cara Donna Letizia, dove andremo a finire? Festini sibaritici, che dico, vere e proprie orge! Baccanali! Cosa diremo ai nostri nipoti?

Liutpranda Ginanneschi e le Dame di san Vincenzo

Cara Liutpranda, ho seguito distrattamente il molesto chiacchiericcio intorno alla movimentata seratina torinese, che dopo appena mezzora era già diventato noiosissimo, divisosi com’era fra due opposti moralismi: da un lato la Buoncostume, dall’altro i libberali a oltranza. Io vi ho trovato due inconfondibili tratti dell’antropologia nazionale. Da una parte, il bieco ometto che ha avvisato la Benemerita, palesemente invidioso degli spassi da cui era escluso; è sempre esistito e sempre esisterà, nel Ventennio questa simpatica categoria di bravi cittadini ebbe il suo tripudio quando la lettera anonima diventò genere letterario, a conferma che il fascismo non ha creato certi tipi italici, ma li ha sublimati, e infatti sono sopravvissuti, sempre maligni, fino all’epoca degli “assembramenti”.
Dall’altro, tre svampiti giovanotti che non essendo nostri connazionali hanno ignorato una delle massime su cui si fonda l’amato Stivale: “purché la nazione non lo sappia”. Certe cose si fanno (cioè sarebbe meglio non farle, essendo atleti, e però), ma non si dicono: men che meno si ostentano. Ma che vuoi: un brasiliano, un argentino innamorato della sua immagine riflessa, un americano cafone per definizione, non potevano che fare pacchianate chiassose e buzzurre. Un errore estetico: che, come saprai, è peggio di quelli etici – e forse etilici.
A proposito di alcolici, tanti tanti anni fa un allenatore del Cagliari, Manlio Scopigno, un sabato notte, entrò in una camera del suo stesso albergo e si trovò immerso in una spessa cortina di fumo: abituata al quale la vista riconobbe Giggirriva e tre suoi compagni intenti a un poker con accompagnamento di whisky. “Almeno invitate gli amici quando si fa festa”. Si sedette sul letto e chiese: “Disturbo se fumo?”. I giocatori stettero zitti, e Scopigno aggiunse: “Però è l’ultima, anche per voi”. Il giorno dopo il Cagliari vinse 3-0. Com’è andato il derby?

Cara Donna Letizia, a proposito dei reprobi, ma che ne pensi di Arthur? L’uomo che è venuto da lontano, ha la genialità di uno Schiaffino?
Paola Contessa

Cara Paola, Arthur campa decentemente ma non spera di essere prossimamente milionario: lo è già. Me ne sfugge tuttavia il motivo: questo simpatico nutritore di giraffe, viaggiatore intercontinentale che ha poi necessità di ritemprarsi nei ritrovi del Trimalcione texano, è apparso fin qui piuttosto amorfo. Non sa dare la palla in verticale; non segna, e del resto non tira; di assist ne ha fatti più per il Benevento che per la Juve; di taluni suoi connazionali non ha l’estro, magari inessenziale ma fulgido, di altri che facevano i “volanti” la metronomica precisione, l’inflessibile senso della posizione. Tiene bene la palla, questo sì: ma, sovente, facendoci venire in mente Giancarlo Pajetta, quando – esuberante leader di un manipolo di facinorosi comunisti – occupò la Prefettura di Milano, e chiamò il suo Capo dicendo: “Abbiamo la Prefettura!” e Togliatti “Bravo. E cosa ve ne fate?”

 

Cara Donna Letizia, è vero che da piccola dormiva con un Douglas Costa sotto il cuscino?
Giorgiana molisana

Cara Giorgiana, io ho una certa età, conosco Douglas Fairbanks, che fu inimitabile Zorro della mia infanzia, e Kirk Douglas, che mi ha superato come longevità. Ricordo tuttavia i giochi di quando ero bimba, e fra essi un particolare pupazzo snodabile, che talvolta assumeva configurazioni entusiasmanti, flessuosità imprevedibili, regalava momenti gioiosi. Tuttavia aveva due grossi difetti: uno, la fabbricazione scadente, per cui si rompeva sempre. Due, gli mancava la testa.

Credimi tua

Donna Letizia

 

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