Matthijs de Ligt.
Dopo che, ancora minorenne, aveva disputato una finale di Europa League perdendola contro il Manchester Utd, a 19 anni ancora da compiere indossa già la fascia di capitano nell’Ajax. In una stagione nella quale, partendo dai preliminari tra luglio e agosto, i lancieri (dopo aver asfaltato il Real per 4-1 al Bernabeu e dopo aver battuto anche la Juve) arrivano fino alla semifinale di CL contro il Tottenham. Stagione che vede comunque l’Ajax conquistare scudetto e coppa d’Olanda.
Il capitano dell’Ajax si trasferisce alla Juve, con i buoni uffici di Mino Raiola, il 18 luglio 2019. La Juventus ne acquisisce le prestazioni a fronte di un corrispettivo pari a 75 mln, oltre a 10,5 mln di oneri accessori. Di gran lunga, l’operazione più importante del calciomercato italiano dell’estate 2019. A fine anno De Ligt verrà poi premiato, nel corso della cerimonia per l’assegnazione del Pallone d’oro, con il Trofeo Kopa, destinato al miglior giocatore under 21 al mondo.
I malpensanti, anche fra i tifosi juventini, oltre a trovare eccessiva la cifra investita per l’acquisizione dell’olandese, ipotizzano da subito futuri scenari che vedono il giocatore vestire chissà quali altre maglie. Già, perché Mino Raiola viene considerato dai più una sorta di nemico, del quale non bisognerebbe fidarsi. Peraltro, riesce difficile comprendere in base a quali meccanismi si possa battezzare come nemico uno che nel tempo ci ha portato Nedved, Ibrahimovic, Pogba, Matuidi e De Ligt.
Forse perché in tutte le operazioni di compravendita e di rinnovo contrattuale guadagna molto, sia lui sia i suoi assistiti? Eh, di solito a quelli bravi succede…
Comunque, per il giovane olandese dal fisico imponente è facile pronosticare un futuro da numero uno nel suo ruolo. La personalità, la cultura del lavoro e la determinazione ne fanno un sicuro big. Glielo riconosce anche il padre di Annekee, la sua splendida compagna. Keje Molenaar, non proprio uno qualsiasi: accanto a una apprezzabile quantità di campioni lui ci ha giocato davvero, nell’Ajax dei primi anni ’80. Era un terzino, una discreta riserva in una squadra che vedeva il ritorno di un Cruijff a fine carriera, ma anche la crescita di talenti quali Rijkaard, Silooy, Kieft, Vanenburg, Van’t Schip, Van Basten.
Tutto facile alla Juve per De Ligt? Assolutamente no. Soprattutto nei primi mesi, è spesso oggetto di critiche talvolta ridicole, spesso pretestuose, pressoché sempre ingenerose. Anche da parte di tifosi juventini. Nei disegni della società bianconera lui era presumibilmente destinato, per caratteristiche, ad alternarsi con Bonucci (per poi prenderne progressivamente il posto) accanto a Chiellini. Il cui erede designato doveva invece essere Demiral, infortunatosi poi anch’egli a inizio gennaio, in virtù dell’attitudine alla marcatura più che alla costruzione.
Invece, a causa del grave infortunio occorso a capitan Chiello, fin dalla seconda di campionato l’olandese si ritrova titolare accanto a Bonucci. In un ruolo non suo, con un’intesa di reparto ancora da costruire, arrivando peraltro da un campionato come la Eredivisie, dove l’attenzione ai movimenti difensivi non è certo paragonabile alla nostra. In virtù di decisioni discutibili di arbitri e addetti al Var, gli vengono fischiati contro alcuni tocchi di braccio, gomito o mano, trasformati in rigori. Le critiche distruttive e le prese in giro si sprecano. Lui va avanti per la sua strada, diventando sempre più solido, inserendosi sempre meglio nei meccanismi della squadra e risultando spesso il migliore dei nostri.
De Ligt non molla e non si arrende nemmeno al problema alla spalla destra che esce, problema che presumibilmente a fine stagione dovrà essere risolto chirurgicamente con un intervento di stabilizzazione (come fu in passato per Trezeguet e Casiraghi). A oggi, resiste stoicamente e va in campo con una fasciatura rigida, che in parte ne limita anche i movimenti.
Nonostante tutto, è uno fra i 2-3 protagonisti (se non il principale protagonista) della vittoria nello storico nono scudetto consecutivo della Juventus. Anche con un contributo importante dal punto di vista realizzativo, dietro ai soli C.Ronaldo, Dybala e Higuaìn. 4 reti, al pari del suo compagno di reparto Bonucci e di Ramsey: un bottino importante. Soprattutto perché Cuadrado, Pjanic e D.Costa sono fermi a 3, Bernardeschi a 2, Matuidi e Bentancur a una sola rete.
Quello di difensore centrale è un ruolo complesso, difficile. Ci vogliono carattere, intelligenza e fisico, senz’altro. Ma anche furbizia, tempismo, tecnica e capacità di lettura dei movimenti degli attaccanti avversari. Tutte cose, queste ultime, che si affinano col tempo e con l’esperienza. Non a caso, si dice spesso che il difensore matura più tardi rispetto ai calciatori che ricoprono altri ruoli.
Allora, forse può essere utile verificare dove fossero e cosa facessero all’età di 21 anni i difensori centrali più forti nati negli anni ’80 e ’90.
– Barzagli: in C1 all’Ascoli, dalla Rondinella (C2).
– Koulibaly: nella serie B francese, al Metz.
– T.Silva: nella squadra B del Porto, dalla Juventude (Brasile).
– Bonucci: in serie B in prestito al Treviso, 1 presenza in A.
– Van Dijk: 28 presenze nella serie A olandese, nel Groningen.
– Hummels: 26 presenze nella A tedesca, al B.Dortmund, 1 presenza nelle coppe europee.
– Piqué: 34 presenze tra le A spagnola e inglese, al Man.Utd, 4 presenze nelle coppe europee.
– Chiellini: 37 presenze in A. in prestito alla Fiorentina, 5 presenze in nazionale.
– Godin: 82 presenze nella serie A uruguaiana, nel Nacional. 1 presenza in nazionale.
– Varane: 61 presenze tra le A francese e spagnola, al Real, 22 presenze nelle coppe europee, 6 in nazionale.
– S.Ramos: 105 presenze nella A spagnola, al Real, 19 presenze nelle coppe europee, 24 in nazionale.
– De Ligt: 106 presenze tra le A olandese e italiana, alla Juventus, 35 presenze nelle coppe europee, 23 in nazionale.
I 21 anni li festeggerà nella Juventus impegnata (speriamo!) nella fase finale della anomala Champions League 2019/20.
Quindi, i suoi numeri attuali sono ancora aggiornabili…