

Sei anni fa, il 19 maggio 2010, Andrea Agnelli entra in carica come presidente della Juventus, dopo il quadriennio peggiore nella storia bianconera, quello iniziato nel maggio 2006. Un quadriennio di una roba che non somigliava neanche lontanamente alla Juve. Un quadriennio nel quale erano state distrutte la reputazione internazionale, il patrimonio sportivo, le competenze e la solidità finanziaria ereditati grazie all’operato della Triade.
Il figlio del Dottor Umberto si insedia finalmente alla presidenza, con l’obiettivo di riportare in tempi brevi la Juventus nel ruolo di vertice che le compete. Dopo un’annata di transizione e di ricostruzione, con il cambio totale del management, nel 2011 viene completato lo Juventus Stadium. E la Juventus, anche grazie al necessario rafforzamento patrimoniale e alla corretta gestione, ritorna ad essere se stessa. Sono anni di successi in campo e fuori, anni nei quali i colori bianconeri tornano ad essere sinonimo di organizzazione, di competenza, di capacità… di vittoria. Successi sportivi coniugati alla sostenibilità economica.
Juventus Stadium di proprietà, JMuseum di proprietà, JMedical, acquisizione dell’area Continassa (con nuova sede e nuovo JCenter), conti riportati a posto (5-6 anni fa il bilancio presentava quasi 100 mln di perdite e il fatturato era di 150 mln), nuovo contratto con sponsor principale, nuovo sponsor tecnico, gestione in proprio del merchandising, nuove partnership, squadra vincente (5 scudetti e alcune coppe, en passant), controllo di molti dei giovani migliori del mercato, etc…
La Juventus è oggi finalmente tornata a essere una realtà che non pone limiti alle proprie ambizioni. Anni luce di vantaggio in Italia, e destinati a stare per anni tra i primi in Europa e nel mondo. E il tutto nel segno della continuità con la guida di una famiglia, senza sceicchi capricciosi, petrolieri russi di dubbia moralità, miliardari o pseudo-tali di provenienza esotica.
Il valore del brand
Negli ultimi giorni, Forbes.com ha pubblicato (con qualche mese d’anticipo: di solito arriva a luglio) la consueta classifica annuale riferita al valore dei brand calcistici mondiali, con i dati espressi in milioni di dollari Usa.
Cominciamo dall’inizio: cosa si identifica con la parola “brand”? Fondamentalmente, il valore del marchio, inteso non come logo, ma come biglietto da visita di un’azienda (di qualunque settore). Mia opinione è che il valore di un brand sia il risultato di un insieme di fattori: riconoscibilità del marchio, differenziazione dalla concorrenza, appetibilità per gli sponsor, patrimonializzazione, fatturato, capacità di produrre utili, capacità di presentarsi al mercato, affidabilità nel tempo, qualità dei risultati in termini di prodotto/servizio, posizionamento nel mercato di riferimento, reputazione, trend di crescita, etc…
Un mix di numeri, ma anche di elementi legati tanto alla tradizione quanto all’innovazione. Si tratta evidentemente di qualcosa che deriva anche da fattori talvolta intangibili e/o mutevoli, ma lo studio di Forbes fornisce comunque una stima piuttosto precisa di come un’azienda venga percepita a livello mondiale. Oggi la Juventus è la nona società calcistica al mondo, con un valore del brand stimato in 1,3 miliardi di dollari Usa.
Fatturato e marketing
Il report Deloitte Football Money League fotografa ogni anno il fatturato delle prime 20 società calcistiche europee, mettendo in evidenza la diversificazione tra le varie fonti di ricavo (diritti tv, stadio, commerciale), e permette di verificare l’evoluzione della struttura dei ricavi stessi.
Della classifica (che ci vedeva, come l’anno precedente, al 10° posto) diffusa dalla Deloitte a gennaio e delle prospettive della Juventus nei confronti dei principali competitors italiani ed europei aveva parlato a suo tempo Andrea Bovenzi in un ottimo pezzo esplicativo.
La Juventus un anno fa ha concretizzato i progetti a livello gestionale e organizzativo per gestire direttamente le attività di licensing e merchandising. Il fatto di gestire in autonomia queste attività ha consentito di superare finalmente quello che, numeri alla mano, era stato uno dei limiti del contratto con Nike, lo sponsor precedente. Il merchandising inizia ora a rappresentare un punto di forza, anziché essere (come in passato) una delle aree critiche. I dati sulla vendita delle magliette dei vari club per la stagione 2015/16, presentati dalla agenzia di marketing sportivo Euroamericas, dicono che la Juventus sale al 9° posto assoluto nel mondo, con quasi 1,7 milioni di pezzi venduti, registrando un incremento del 55% rispetto alla stagione precedente.
La Champions League
Quella roba con le orecchie grandi è strana. Non puoi pianificarla, devi semplicemente essere lì, fra le “elette”, e puntarci seriamente ogni anno. Perfino il celebratissimo, ricchissimo e invidiatissimo Bayern ne ha vinta solo una negli ultimi 15 anni. Lo stesso Real Madrid degli anni duemila, da sempre la società più prestigiosa, più ricca e più potente al mondo, aveva avuto tutti i migliori giocatori (Beckham, Owen, Van Nistelrooy, Robben, Snejider, Cristiano Ronaldo, Kakà, Benzema, Xabi Alonso, etc.) e allenatori (Capello, Schuster, Mourinho, etc.), con budget illimitati… eppure ci ha messo 12 anni per tornare a prevalere.
Negli ultimi 3 anni di CL, 5 finaliste su 6 sono squadre spagnole. La sesta, unica non iberica, è la Juventus. Negli ultimi 20 anni le due squadre che hanno disputato più finali (5) sono state il Bayern, che ne ha vinte 2, e la Juventus, che purtroppo ne ha vinta una sola.
Negli ultimi due anni in Champions League ce la siamo giocata alla pari, e anche un po’ più che alla pari, con le altre grandi europee: tutte le semifinaliste di quest’anno (Atletico, Real, Bayern, Man.City), le altre finaliste di CL degli ultimi anni (Barça, Borussia), i dominatori della EL (Siviglia). Con 6 vittorie, 3 pareggi e 4 sconfitte… contro i temutissimi top club. Questo conferma che siamo già là sopra, tra i top club. Ora si tratta di restarci per vincere davvero. Si tratta di trasformare il sogno in obiettivo e lavorare per raggiungerlo.
L’aumento della qualità degli obiettivi e della consapevolezza del mondo Juve è testimoniato anche dalle recenti dichiarazioni di John Elkann, erede dell’Avvocato nonché rappresentante dell’azionista di maggioranza (insomma, il padrone) e di Andrea Agnelli, erede del Dottore nonché presidente della Juventus.
John Elkann a Villar Perosa
“(…) Questo in effetti è il luogo della tradizione, dove la cronaca diventa parte di una leggenda secolare. Una leggenda affascinante perché unica, in Italia e non solo. Ma questo è anche il luogo dove ogni anno rinnoviamo il patto tra una famiglia e una squadra, per preparare la stagione che verrà e guardare avanti, ai prossimi traguardi e ai trofei che aspettano di essere conquistati. Come dice Andrea, Fino alla fine! E a noi la fine piace spostarla sempre un più in là, anzi sempre più in su, verso nuovi limiti e nuovi obiettivi. (…) Nel giugno del 1935 furono in molti a notare che la squadra appariva alla fine di un ciclo sportivo e che il quinto scudetto consecutivo sembrava chiudere al meglio una fase irripetibile. La Juventus di oggi non sta chiudendo nessun ciclo: lo ha iniziato. Ha costruito una squadra e un’organizzazione, e la sta rafforzando ogni giorno. Impara dai suoi sbagli e tiene botta quando le cose vanno storte. Ci crede sempre e punta in alto. La Juventus di oggi è giovane, forte e ha ancora fame (…)“.
Andrea Agnelli a Vinovo
“Voglio innanzi tutto rimarcare la mia soddisfazione per la vittoria del quinto scudetto consecutivo che ci ha permesso di scrivere la storia del calcio italiano. C’è un po’ di amaro in bocca per l’eliminazione dalla Champions League, ma è un’amarezza agrodolce, perché la partita contro il Bayern ha confermato la portata internazionale di questa squadra e che l’annata precedente non era stata un “fuori giri”, perché giocare alla pari con il Barcellona e il Bayern deve darci la consapevolezza del fatto di aver raggiunto una dimensione internazionale. (…) Credo che non capiremo per 15 o 20 anni la portata del risultato ottenuto. In questo momento, del resto, non vogliamo rendercene conto, perché chi viene alla Juve sa bene che il traguardo più importante è il prossimo e siamo già concentrati sui prossimi obiettivi. (…) Solo dopo tireremo le somme su quest’anno e ci dedicheremo agli obiettivi per il prossimo, quando avremo la possibilità di entrare nella leggenda vincendo il sesto scudetto consecutivo e di confermarci a livello internazionale, dove ce la possiamo giocare su qualsiasi campo d’Europa“.
Andrea Agnelli allo Juventus Stadium
Il Top Club
La Juventus non deve diventare un top club: lo è già. La Juve non ha bisogno di soldi, quindi non ha necessità di vendere i suoi giocatori migliori, non ha nessuna intenzione di farlo e non lo farà. I nostri giocatori non hanno alcun bisogno di cercare altrove, né per avere maggiori ingaggi né per “andare a vincere”: sono già in un top club, vogliono vincere qui e sanno di poterlo fare qui. Se andranno via quei giocatori sulle cui situazioni contrattuali la società non può intervenire, questi dovranno essere sostituiti con giocatori da top club, da Juve, da Champions League. Lo stesso criterio dovrà essere adottato anche, una volta individuati gli esuberi, nel completare la rosa puntando su giocatori di qualità, di alto livello, per essere protagonisti in ogni competizione. Il presupposto di base è che si deve ragionare spietatamente, da top club, con l’obiettivo di restare (dato che già siamo lì) nel gotha per anni. Sembra di poter dire che, oltre alle dichiarazioni di proprietà e presidenza/dirigenza, anche l’allenatore Allegri sia stato chiaro in tal senso. La stagione va affrontata ragionando da Juve, lavorando da Juve, con l’obiettivo di provare davvero a vincere tutto.