

Venerdì 23 dicembre abbiamo perso la Supercoppa Italiana. Ero veramente incazzato ma accettando il monito di Alessio Epifani –“così vi ammalate”– mi sono limitato a qualche sfogo su Twitter e a chiudere la partita in un angolino recondito della mia mente.
Passato il Natale in cui ho pensato sinceramente ad altro, vorrei tornare alla finale.
Ho letto diverse analisi e autentici deliri su twitter e facebook, di tutto di più.
Sgombro il campo dagli equivoci, non voglio insegnare il mestiere ad Allegri: il modulo è stato il 4312 più volte invocato dal popolo, hanno giocato tutti i migliori disponibili, cioè quelli che avevano vinto contro la Roma sabato scorso, la seconda in classifica. L’unico teorico titolare escluso è stato Dybala, che al rientro dall’infortunio non ha ancora i 90 minuti (e alla fine ne ha giocati 60…), i sostituti degli infortunati sono le riserve naturali per ruolo: Evra per Alex Sandro, Lemina per Sturaro; mettiamo nel conto anche Licthsteiner al posto di Dani Alves.
Ora, non si può realmente credere che questa formazione, così schierata non fosse superiore all’avversario. Il Milan ha giocato molto bene la sua partita e complimenti per essere riusciti a portarla a casa. Togliamoci dalla testa che “abbiamo perso solo ai rigori”, la sconfitta è stata ampiamente meritata nei 90 minuti.
Tutte le squadre hanno una propria narrazione, il modo in cui vengono raccontate, che è accettato e condiviso dai propri tifosi, giornalisti e molto spesso dalla squadra stessa. L’inter è “pazza”, perchè capace di grandi risultati e tonfi incredibili (più i secondi che i primi a dire la verità), il Milan è “squadra da coppe” o da “partite secche”, il Toro si porta dietro il “tremendismo” di un tempo, Roma e Napoli le squadre dal grandissimo tifo locale e popolare che le dovrebbe spingere a risultati straordinari, ecc.
Alla Juventus è stata da sempre assegnata la nomea di “squadra sempre affamata”, “cannibale”, “che non molla mai”, i cui motti sono “fino alla fine” e “vincere è la sola cosa che conta” e che chiede ai giocatori un sacrificio superiore in nome della squadra.
La Juventus è Vialli che strappa il pallone a Toldo e chiama i compagni a centrocampo; è Ravanelli che pressa e ruba il pallone a De Boer; è Chiellini con la testa fasciata che entra in scivolata su Ronaldo; è Bonucci che in un derby, in 10, va a strappare un pallone al terzino avversario al 93°; è Sturaro che contro il Real toglie il pallone dalla testa di James Rodriguez.
Io questa squadra quest’anno non la vedo, o meglio quest’anno si è vista veramente poche volte.
Riguardiamo le quattro sconfitte e il pareggio con il Siviglia in casa.
Il debutto in Champions con gli spagnoli è stato per certi versi disarmante: un tempo intero a stare ad aspettare che loro attaccassero, per poi decidere nel secondo tempo che era il caso di giocare.
Con l’inter abbiamo subito la loro aggressività, abbiamo segnato e siamo spariti dal campo. Con il Milan in campionato non ci siamo più ripresi dal contraccolpo del gol annullato ingiustamente. Con il Genoa, causa anche una formazione sbagliata, siamo rimasti a farci prendere ceffoni, fosse stato pugilato l’arbitro avrebbe dovuto fermare l’incontro per ko tecnico alla prima ripresa.
E in Supercoppa? Partiti bene, poi ci siamo spenti, ci siamo abbassati e abbiamo lasciato fare tutto a loro. Questa dinamica ricorda molto altre partite già viste come contro il Lione in casa o solo due settimane fa contro la Roma dove dopo il gol segnato ci siamo pericolosamente abbassati, concedendo all’avversario di giocare e attaccare.
In passato ho lodato Allegri per la nostra capacità di variare il ritmo della partita e di alzare e abbassare il baricentro della squadra ma questo ora si è tradotto in un atteggiamento difensivistico che mi sembra andare oltre le intenzioni dell’allenatore. Non si spiega altrimenti perchè Allegri continuerebbe a urlare alla squadra di salire, giocare e tenere palla, o vengano fatti cambi che tendono ad aumentare o mantenere intatto il potenziale offensivo della squadra, piuttosto che a difendersi e a coprirsi.
Ci sono state durante la partita diverse situazioni in cui non si sono assolutamente visti i “valori juventini” di sacrificio, aggressività e voglia di vincere di cui si parlava prima.
Evra è stato autenticamente sommerso da Suso. Non credo sia Allegri a dover chiamare i raddoppi ai suoi giocatori come se fossero Esordienti, come non credo che debba spiegare a Evra che se il diretto avversario è molto tecnico e veloce non deve essere marcato a metri di distanza perchè diventa impossibile fermarlo. Suso, ottimo giocatore ma che di sicuro non è Robben, è riuscito a fare la bellezza di 24 cross e 5 key pass e ha subito un solo fallo in 120 minuti. Ora, nessuno pretende o chiede comportamenti antisportivi che vadano a minare la salute dell’avversario, ma farsi sentire fisicamente molto di più sì. Non facciamo le verginelle, il “fallaccio” per limitare l’esuberanza di un giocatore è sempre esistito nel calcio e i nostri ne subiscono a ogni partita. Trattandosi di una finale, si poteva tranquillamente rischiare un cartellino: invece Suso ha potuto dribblare, saltare l’uomo, crossare e impostare senza trovare quasi resistenza da parte di nessuno, oltre al diretto avversario Evra.
Ci sarebbero altri esempi che per me denotano una mancanza di cattiveria e voglia di vincere, la più evidente è stata la gestione dell’ultima azione: quando mancavano trenta secondi alla fine del tempo regolamentare il pallone era della Juventus. Come da copione il Milan si era rintanato in difesa, mentre noi facevamo uno sterile giropalla a centrocampo senza nemmeno provare a buttarla in mezzo, a far arrivare il pallone in area, nulla. Capisco il rischio teorico di incassare un contropiede all’ultimo secondo ma nemmeno provarci no, non è accettabile. Le occasioni “sporche” te le devi procurare, ci devi almeno provare, altrimenti è inutile mettere ovunque hashtag #finoallafine se non lo dimostri in campo.
Non muore nessuno e non è compromessa la stagione, ma era pur sempre una finale con un trofeo in palio. Possiamo anche considerarlo secondario ma era annoverato tra gli obbiettivi stagionali. Non aveva alcun senso risparmiarsi o gestire le forze visto che tra quella partita e la prossima c’erano la bellezza di 16 giorni di cui molti di vacanza.
Nella mia (ingenua) testa da tifoso immaginavo -o per lo meno speravo- che i giocatori volessero prendersi la rivincita della partita di campionato, per la beffa del gol regolare annullato e per la prestazione che era stata tutt’altro che esaltante.
Volevo che in qualche modo si affermasse ancora una volta che i padroni in Italia siamo noi, togliendo quel trofeo a uno degli avversari che sta tornando in forze. Togliere aria, togliere speranze, lasciare ad altri lo zero alla voce “titoli vinti 2016/2017”.
Invece ci siamo fatti dominare da un avversario inferiore tecnicamente che, esattamente come successo in campionato, ha semplicemente dato tutto per vincere, mentre noi pensavamo bastasse affidarci alla tecnica superiore giocando a ritmo basso e agonismo ridotto per portare a casa una partita che forse qualcuno credeva già vinta.
Se Chiellini dopo la quarta sconfitta stagionale e un trofeo perso deve scrivere ancora una volta “ci serva da insegnamento” vuol dire che qualcuno non aveva imparato dalle sconfitte precedenti o non ha ancora capito dove si trova e che maglia indossa.
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