

Il tifoso juventino sta vivendo giorni a dir poco allucinanti, in balìa di sentimenti opposti che, per gli animi sensibili, potrebbero portare persino a disturbi della personalità. Da un lato c’è la voglia di gioire per l’ormai prossimo ottavo scudetto consecutivo, un campionato che potrebbe portare a una serie innumerevole di record e una vittoria resa sempre godibile dalle reazioni scomposte dei sedicenti avversari; dall’altra c’è la rassegnazione e la rabbia per come la squadra scende in campo senza quella cattiveria agonistica che ogni tifoso vorrebbe vedere messa in campo dai propri beniamini.
Lo juventino bipolare del terzo millennio vive ormai in una doppia dimensione: di giorno si mostra tronfiamente orgoglioso del dominio sugli eterni rivali di Milano e quelli estemporanei di Napoli e Roma, di notte mugugna e si dispera (di solito davanti allo schermo di uno smartphone) coi propri compagni di tifo per l’apatia con cui molti giocatori e, ultimamente, l’allenatore hanno affrontato quelle che dovevano essere le settimane più importanti della stagione fino a questo momento.
Della disfatta di Madrid abbiamo già parlato e se ne è discusso ampiamente anche nella puntata di J3SRadio andata in onda ieri sera, inutile affondare ulteriormente il dito nella piaga, già incancrenita da anni di cure sbagliate o tardive. Dopo quella sconfitta, però, Giorgio Chiellini rilasciò un’intervista a Sky in cui disse una cosa precisa e a cui ho ripensato per giudicare la gara di domenica: “A Napoli, più del risultato, conterà la prestazione. Abbiamo bisogno di fare una buona prova.” Tradotto, secondo le mie capacità cognitive, significava che, visti i 13 punti di vantaggio, la partita al S. Paolo era più importante per preparare mentalmente il ritorno degli ottavi che per i 3 punti in palio. Il gentile omaggio di Malcuit e Meret aveva, in realtà, reso abbastanza semplice il compito e consegnato un 2-0 e la superiorità numerica alla fine della prima frazione. 2 gol su palla inattiva (Alleluja!) e un tempo a disposizione per fare un “buon allenamento” in vista del 12 marzo. L’espulsione di Pjanic, invece, ha palesato ulteriormente una squadra di rammolliti finiti in balìa degli avversari senza più riuscire a passare la propria metà campo come una provinciale qualsiasi venutasi a trovare in vantaggio per caso e costretta ad alzare un fortino difensivo per mantenere l’insperato vantaggio esterno.
Una squadra senza spina dorsale, incapace di reagire alla prima difficoltà e succube di avversari di una spanna almeno al di sotto del loro livello e nemmeno al meglio della condizione, senza attaccanti di peso in area e anch’essi in 10 uomini. La partita di domenica è stata lo specchio di quella di Madrid, con l’aggravante di non avere nessuna zavorra mentale che potesse in qualche modo bloccare le gambe e la mente (e già di per sé questo dovrebbe far riflettere).
A peggiorare lo stato d’animo, e veniamo al dunque, un allenatore che sembra avere scritta in fronte la data di scadenza, un capo clan che sembra aver smesso di comandare e lasciato che la barca segua la corrente, senza sapere dove la porterà la mareggiata. E se la conduzione della partita al Wanda Metropolitano aveva rappresentato una scioccante sorpresa, quelle di Bologna e Napoli non hanno fatto altro che confermare una situazione sconsolante: molti giocatori scendono in campo per dovere di firma convinti che, portando la palla in avanti, prima o poi qualcosa accadrà.
Vuoi per eccessivo minutaggio, vuoi per infortuni ancora da smaltire, vuoi per difetti di fabbrica, vuoi per motivi misteriosi che solo in futuro potrebbe esserci dato di conoscere, a vario titolo Mandzukic, Alex Sandro, Cancelo, Khedira, Cuadrado, Pjanic, Bonucci, Dybala e Costa (quando giocano) sembrano i fantasmi o la brutta, bruttissima copia di quelli visti in altre stagioni o in altri momenti di questa.
Allo stesso modo, Massimiliano Allegri non sembra più essere la stessa persona che ha condotto squadre molto meno attrezzate di questa, soprattutto in termini di qualità della rosa, ai traguardi che conosciamo. E spesso, in passato, aveva estratto il classico coniglio dal cilindro in situazioni molto più complicate di quella in cui invece si trova adesso.
Che cosa è accaduto durante le vacanze di gennaio?
Non lo so.
Cosa ha svuotato mentalmente tutta questa gente?
Non lo so.
C’è una speranza, da qui a martedì prossimo, che qualcosa inverta la tendenza?
Molto flebile. Invochiamo tutte le divinità pallonare conosciute, chissà…
È presto, troppo presto, per pensare già alla prossima stagione, quanto meno aspettiamo il ritorno degli ottavi. Tuttavia una prima questione di fondo si pone molto forte, visto lo stato comatoso in cui sembra versare la Juventus di questo inizio 2019: di chi ha bisogno questa squadra affinché si liberi dal cappio che la tiene legata a non si sa cosa per essere libera mentalmente di andare a giocarsela contro chiunque?
Sembrava che Allegri avesse sciolto questo maledettissimo nodo, e nemmeno una precoce eliminazione cambierà il mio giudizio sui suoi 5 anni in bianconero: uno degli allenatori juventini più vincenti di sempre, questo dice il suo palmarès e nessuno può contraddirlo. La china presa sembra, invece, farci tornare indietro e, nonostante l’arrivo di Cristiano Ronaldo, questa squadra sembra avere bisogno di un allenatore che, tra bastone e carota, prediliga utilizzare più il primo della seconda.
Superfluo stare a scrivere quanto mi piacerebbe rimangiarmi ogni singola sillaba scritta in questo pezzo, ma a oggi viene difficile intravedere il “rigurgito di orgoglio” che in tanti ci stiamo augurando.
Di una cosa, però, sono certo, in merito alla domanda di partenza. A fine stagione voglio festeggiare i successi, guai a sottovalutare o schifare le vittorie, guai a sentirsi sazi di scudetti. Non cadrò nella trappola piazzata lì, a luglio, dalle schiere di anti-juventini che vorrebbero parlare di fallimento in caso di mancata vittoria della Champions League. La coppa di facili costumi sarà pure la nostra ossessione, ma anche la Juve deve restare quanto più a lungo possibile l’ossessione di questa gente e noi dobbiamo essere lì a ricordarglielo e rinfacciarlo.
In alto i cuori e Fino alla Fine!!!
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