Quale migliore servigio alle generazioni che ci seguono del poter condividere il ricordo di fatti ed avvenimenti che andrebbero altrimenti confinati nel dimenticatoio? Quale migliore senso del dovere ci assale davanti a un uditorio di 100 ragazzi del triennio scolastico? Non si sente volare una mosca, il silenzio pare religioso mentre i relatori, moderati dal sottoscritto che scrive queste poche righe, raccontano e spiegano.
Si parla del 29 maggio 1985, della maledetta finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e Juventus, in quello stadio monumento alla fatiscenza divenuta assassina e del bilancio terribile di 39 vittime. È ora di chiamarli “caduti” come tutti i prodi sacrificati sui campi di battaglia.
Ne parla dapprima Nereo Ferlat, miracolato del settore Z, colui che ha visto la morte in faccia e che è stato catapultato in campo da un intervento ultraterreno (stava pregando Padre Pio, a suo dire), calpestando corpi esanimi e altri anch’essi in cerca di salvezza. Per liberarsi da incubi ricorrenti, Nereo si è deciso a scrivere il libro autobiografico “L’ultima curva”, vero documento denuncia di quanto accaduto quella sera.
Interviene Lino Castellaneta, ex accompagnatore delle squadre giovanili della Juventus, testimone presente nella bolgia dell’Heysel e dato per disperso fino a notte fonda, quando, in tempi privi di Internet e telefonini, dalla Francia (i belgi non permettevano agli italiani di telefonare a casa!) un gettone lo metteva in contatto con la famiglia.
Graditissimi ospiti, Domenico Beccaria, presidente del museo del Grande Torino ed Hervè Bricca, noto giornalista di tendenze granata, ma attento professionalmente a tutti i fenomeni calcistici: a Torino è in atto una presa di coscienza forte sulla condivisione di 2 tragedie che hanno lasciato il segno nella cultura della città. Mi riferisco alla sciagura di Superga che si unisce all’Heysel per contemplare in perfetto senso “bipartisan” il sacrificio di 70 vittime accomunate da un triste destino.
Basta cori offensivi, basta striscioni vergognosi, basta offese “animalesche” verso poveri caduti. È questo il messaggio che si è voluto trasmettere ai giovanissimi presenti nel salone delle conferenze dell’Istituto “Sacra Famiglia” di Torino, insieme a un insistente tam tam sulla necessità di preservare la memoria.
Un particolare ringraziamento va a Beppe Franzo, fondatore dell’associazione “Quelli di via Filadelfia 88”, autentico propulsore di iniziative e manifestazioni a ricordo dell’Heysel, ora che finalmente l’attuale organigramma societario della Juventus mostra di essere sensibile all’argomento, dopo anni di oblio colpevole.
Un grazie sentito va altresì a Fabio Castellaneta, economo dell’istituto, nonchè organizzatore concreto del convegno. È un piccolo seme che è stato buttato in un giovane terreno, quello solitamente più fertile, quello di regola più presente nei nostri stadi; una scommessa per una maggiore sicurezza all’interno di essi, grazie alla cultura. Perché di questo si tratta.