

“Juventus Football Club S.p.A. comunica di aver perfezionato l’acquisizione a titolo definitivo del diritto alle prestazioni sportive del calciatore Gonzalo Gerardo Higuain a fronte di un corrispettivo di € 90 milioni…” Così recitava, il 26 luglio, il comunicato ufficiale sul sito della società bianconera.
Le paure manifestate nei giorni precedenti da alcuni analisti bianconeri (e non) prendono corpo, si fanno tweet, articoli, commenti, trasmissioni. Come ogni svolta epocale nella storia di un qualsiasi ambiente, sia esso societario, familiare o lavorativo, il grande cambiamento inocula nei più timorosi il germe della paura. La Juventus non aveva mai fatto un simile esborso economico per acquisire le prestazioni di un calciatore e ha praticamente doppiato il precedente record, i 105 miliardi di lire spesi per accaparrarsi Buffon, spesa tra l’altro ridimensionata dalla cessione al Parma di Bachini come contropartita tecnica.
Io stesso sono un lettore interessato alle analisi tecniche riguardanti bilanci, ammortamenti, flussi di cassa e plusvalenze, perché sono esse un aspetto ormai fondamentale della gestione di una società e, spesso, aiutano a capire le scelte dirigenziali, anche se quasi mai a prevedere quelle future, per un motivo molto semplice: il bilancio di una stagione viene pubblicato alla fine di essa, pertanto solo i diretti interessati sono a conoscenza dei dati sulla stagione in corso. Se la proprietà e il gruppo dirigente di Juventus s.p.a. hanno deciso di poter mettere in atto una campagna acquisti con simili esborsi (e relativo innalzamento del tetto ingaggi) non vedo perché dovremmo stare a preoccuparci di cosa sarà del lungo termine e se questo investimento anomalo, mai visto dalle parti di Torino, non rappresenti il classico passo più lungo della gamba.
Vi giro una domanda retorica: in 90 anni di proprietà Agnelli, siamo a conoscenza o qualcuno ricorda momenti in cui la Juventus abbia attraversato difficoltà economiche dovute a una gestione avventata del parco giocatori?
Questa preoccupazione, inoltre, non solo ha scarsi motivi per essere coltivata ma, a mio modo di vedere, rischia di essere persino dannosa. Il calcio, inteso come fenomeno planetario e principale industria mondiale dell’entertainment (almeno per numero di spettatori) è per molti tratti basato sull’immaginifico sogno di milioni di persone di essere un calciatore professionista conosciuto in tutto il mondo.
Attenzione, non è mia intenzione annoiarvi con la solita filippica sull’importanza del calcio come fenomeno di riscatto sociale. Al contrario, l’oggetto del discorso resta comunque il ramo industriale e gestionale delle società.
Per far crescere esponenzialmente l’immagine della Juventus a livello internazionale abbiamo bisogno che il mondo la veda come una squadra zeppa di campioni, abbiamo bisogno che il mondo se ne freghi che la Serie A sia diventata un campionato “di serie B” e, visto che Andrea Agnelli predica nel deserto, che guardi le partite della Juve perché nella Juve ci giocano alcuni dei calciatori più forti del pianeta, indipendentemente dall’avversario in campionato. E tutti noi sappiamo che, agli occhi di qualsiasi appassionato, è molto più iconica la figura del goleador che quella di un difensore. La Juve ha avuto in questi anni 4 tra i difensori più forti di sempre, ma per un bambino di Hong Kong come per l’adolescente di Melbourne così come per Andrea e Francesco, gobbi in miniatura di mia conoscenza, l’arrivo di Higuain vale molto di più in ottica “sogni” dell’avere in squadra Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini.
Perché è così da sempre, perché il Pallone d’oro (premio che ormai ha perso qualsiasi valenza tecnica) lo vince quasi sempre un attaccante, perché un bambino sogna prima di tutto di segnare il gol decisivo nella finale mondiale che fare l’assist o la parata decisiva.
Nel mondo dell’intrattenimento, nell’industria del divertimento l’immagine è tutto, gli sponsor vivono sull’immagine, nel mondo dei social, e il successo di Instagram sta segnando il definitivo sorpasso della forma sui contenuti, l’immagine è tutto. Ogni società calcistica, oltre a dover competere in ambito sportivo, ha l’obbligo di essere presente nell’immaginario dei fruitori nel modo più appariscente possibile. Manchester Utd, Real Madrid e Barcellona, pur seguendo strade diverse, hanno un seguito di appassionati indipendentemente dai risultati conseguiti in stagione. Il caso dei red devils, insieme ad Arsenal e Chelsea, è emblematico: nella stagione forse peggiore della loro storia recente riescono tutti comunque a rimanere nella élite dei club più ricchi e seguiti al mondo. Gli stessi Paris St. Germain e Manchester City, accomunati dall’essere di proprietà simili e dal palmares non particolarmente eccitante, hanno sviluppato magnificamente i propri brand grazie soprattutto all’acquisto di grandi nomi da appiccicare sulle casacche e relative scintillanti campagne pubblicitarie in giro per la Terra.
Persino il Milan, per parlare di squadre di casa nostra, nonostante questi anni di vacche magrissime e la scomparsa dai radar delle competizioni internazionali, ha ancora un fatturato e un marchio dal valore superiore a Roma, Napoli, Fiorentina e Inter che quei palcoscenici li hanno frequentati maggiormente. E non è un caso che faccia riferimento alla società rossonera, perché l’importanza economica dell’immagine l’ha inventata Berlusconi. E’ stato lui, e potete immaginare quanto difficile sia per me scrivere questo, a mostrare agli altri, con le sue scelte e i suoi slogan, come far diventare il calcio, da semplice “sport più praticato al mondo”, il più grande spettacolo della Via Lattea.
Lungi da me il voler toccare le vette incontrastate dell’autocompiacimento e dell’auto-incensazione ai limiti del ridicolo marchio di fabbrica dell’ambiente milanista, tuttavia penso che il pragmatismo sabaudo che invece contraddistingue buona parte della nostra tifoseria rischi di essere deleterio, insensato e, soprattutto, fuori dal tempo.
In tutto questo, Marotta e Paratici sono stati bravissimi ad accaparrarsi l’unico attaccante di fama mondiale e dalle prestazioni eccellenti con uno stipendio ancora alla portata delle casse bianconere, potendo così permettersi di pagare l’enorme (pur se divisa in due rate, particolare da non sottovalutare) clausola rescissoria al Napoli.
Higuain, insieme a Pjanic, Dani Alves, Benatia e Pjaca, non è garanzia di successi sul campo ma un gruppo di calciatori da scrivere con superbia sul bellissimo biglietto da visita per quando ci presenteremo al “Gran Ballo di Gala”.
Faccio infine solo un esempio, un anticipo di ciò che potrebbe diventare l’immagine della Juventus in giro per il mondo. Il sito del quotidiano spagnolo AS ha pubblicato ieri questo video dal titolo emblematico: “L’XI della Juve di Allegri che spaventa l’Europa.” Sapete tutti quanto in Spagna siano restii a occuparsi di calcio italiano e ancora meno indicare una compagine nostrana come futuro spauracchio in Champions League. E per chi non se ne fosse accorto, nella formazione immaginata da AS è stato già tolto Pogba.
Spero di essere stato chiaro e di non leggere più commenti sulle paure per l’acquisto di Higuain. Ne va dell’immagine (e del fatturato) della Juve.
Siamo tifosi, cribbio: sogniamo!
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