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Il concetto di dominio per Paulo Sousa

Dopo aver ascoltato le parole pronunciate da Paulo Sousa  durante la conferenza stampa alla vigilia della prima di campionato,  in cui asseriva di “aver dominato entrambe le partite dell’anno scorso”,  molti di noi si saranno certamente sbellicati dalle risate, ricordando cosa fosse realmente accaduto in ambedue i match del torneo passato.

Sabato sera, al termine dell’incontro vinto meritatamente dalla squadra di Allegri, peraltro con un risultato che non rispecchia il reale andamento della gara, specie per quanto fatto nel primo tempo, il tecnico portoghese si presentava davanti ai microfoni e testualmente dichiarava “a tratti abbiamo dominato, dopo il pareggio pensavo di vincere”.

Fermi tutti, qui c’è qualcosa che non quadra.

I casi sono due: a) l’ex centrocampista bianconero ignora il significato del verbo “dominare” (e del sostantivo “dominio”); ci può stare, è straniero e allora passi; b) conosce perfettamente il senso delle parole in questione e le utilizza non a caso.

È chiaro che, qualora ci si trovasse nella seconda ipotesi, la situazione sarebbe piuttosto grave (per lui, per i suoi giocatori e per i suoi tifosi) perché vorrebbe dire che il “nostro” non percepisce ciò che guarda durante i novanta minuti, almeno quando gioca contro la Juve.

Se la tua squadra tira appena quattro volte verso la porta avversaria, di cui UNA soltanto nello specchio (al 70’!!!), subisce il 54% di possesso palla (elemento che, peraltro, dovrebbe rappresentare la prerogativa fondamentale del tuo sistema di gioco), se il tuo portiere a ogni rinvio spedisce sistematicamente la palla fuori perché non sa a chi darla, segno evidente di mancanza di idee, e malgrado tutto dichiari “a tratti abbiamo dominato”, a modesto parere di chi scrive o hai le visioni taumaturgiche o, più semplicemente, dovresti chiederti se sia il caso di continuare a fare questo mestiere.

Perché va bene tutto, va bene difendere le scelte di formazione, la tattica, le sostituzioni ed esaltare sempre e comunque i propri ragazzi davanti ai media, però è anche vero che a tutto c’è un limite.

C’è soprattutto un limite grande grande, denominato “RISPETTO DEGLI AVVERSARI”, che postula – o almeno dovrebbe – il riconoscimento dei meriti altrui (concetto, si sa, pressoché sconosciuto quando l’avversario ha la maglia a strisce bianconere).

Siamo consapevoli che Sousa alleni la piazza più antijuventina d’Italia, quella che vive solo per due partite l’anno (insieme ai loro gemellati granata), che ti obbliga a cantare “chi non salta è bianconero” il giorno della presentazione e che magari ti “vieta” pure di elogiare i nemici, però i trascorsi torinesi dovrebbero avergli insegnato che l’uomo viene sempre prima di tutto, altrimenti il dubbio che sia soltanto uno dei tanti para…carri passati dalle parti di corso Galfer senza lasciare traccia sorge in maniera prepotente.

Qualche tifoso vorrebbe che l’allenatore lusitano, in un futuro più o meno prossimo, sedesse sulla panchina bianconera perché “attua un gioco spettacolare”.

Per carità di Dio, tutte le opinioni sono rispettabili, ma chi scrive evidenzia di aver avuto la sfortuna di seguire dal vivo le due partite giocate allo stadium dalla Fiorentina, e, al di là di un noiosissimo, sterile, inconcludente giro palla che ha prodotto la “bellezza” di due tiri in porta (su calcio da fermo) in 180 minuti – il rigore di Ilicic l’anno scorso, il gol su corner di Kalinic l’altra sera – di spettacolare il sistema di gioco di Paulo ha ben poco o nulla.

Per cui, resti  a Firenze o vada altrove e continui pure – contento lui – ad affermare “abbiamo dominato”. Solo a tratti però.

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