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Il “Conte” Max

Contributo di un nostro lettore inviatoci nella sezione scrivi per j3s

Ebbene sì, il momento è finalmente arrivato… quello del 5° scudetto consecutivo: atteso/inatteso da tutti, sperato da tutti e sofferto da tutti; e assieme a esso è anche arrivato il momento di parlare dell’artefice (secondo me, principe) di questo “ciclo” nel ciclo: Massimiliano Allegri.

Il “Conte” Max, il 14 Luglio prossimo venturo, celebrerà il suo 2° anno alla Juventus F.C. in qualità di guida tecnica della rosa ed è “doveroso” analizzare il lavoro svolto dall’attuale allenatore designato dal Club, che tanto amiamo, per portare avanti le sorti del Club stesso. Senza sentimentalismo alcuno, mi soffermerò sull’operato del tecnico toscano evitando di affidarmi a motti (cose del tipo: “Massimiliano, senza di te non andremo lontano”) e frasi a effetto o “strappalacrime” per evidenziare il lavoro svolto in questi ultimi due anni.

Se ne son sentite tante sul livornese (ma proprio tante) da quando siede sulla panchina della Juventus; quasi tutte, direttamente o indirettamente, lo contrapponevano ossessivo-compulsivamente al suo predecessore. Pertanto, grazie alla maestria dialettica di alcuni tifosi e di chi, per lavoro, dovrebbe masticarne a palate, abbiamo assisto nei salotti buoni del calcio che conta ad accesi dibattiti su analisi tecnico-tattiche riassumibili con i vari: “è un aziendalista”, “c’ha culo!”, “…è solo un pragmatico”, “tanto… dal 2° anno in poi, NON vince”, “usa il gioco/lavoro di Conte” e il più tecnico: “Le sue squadre NON hanno un gioco”. Già, “NON hanno un gioco”!

Quando il “Conte” Max venne ingaggiato dal Milan nel 2010, venne preso (oltre che per i risultati “sorprendenti” ottenuti con una modesta realtà di provincia, qual era il Cagliari all’epoca) proprio per la sua capacità di dare alla squadra sarda un gioco fresco, brillante e a tratti anche “spettacolare” nella gestione della manovra: filosofia di gioco, espressa soprattutto dai Milan di Sacchi (“guarda un po’”) e di Carlo Ancelotti, suo predecessore. Tutte caratteristiche di un profilo in linea con la filosofia di base dei Milan berlusconiani degli ultimi 30 anni, che hanno portato la “1a squadra di Milano” (NON la 3a) a vincere di tutto e di più sia in Italia che nel Mondo (soprattutto).

Gli anni successivi al 1° (e unico) scudetto conseguito sulla panchina del Milan hanno profondamente segnato le menti del mondo pallonaro italico (me compreso) con l’idea che Allegri fosse, di default, un uomo privo di intelletto e acume tattico. Uno che amava affidarsi prevalentemente al “caso”, all’”estro” e all’”inventiva” degli interpreti che schierava ogni domenica (o mercoledì): insomma, un “Gigi Maifredi” coi contatti sbagliati… che però ce l’aveva fatta chissà come. E invece…

Osservando i suoi due anni alla Juve si nota chiaramente come il rendimento della squadra rimanga sugli stessi parametri delle Juventus del “Mourinho del Salento”, sia per quanto riguarda la fase offensiva che quella difensiva. Anche nell’ormai celeberrimo “2° anno di Allegri”.

Tabella-Allegri-1

Pertanto, alla luce dei dati espressi qui in alto, mi sovvengono due quesiti “Amletici”:

  1. Come è stato possibile che una squadra mutata profondamente nella rosa, abbia mantenuto inalterato il rendimento, grazie al “NON gioco di Allegri”?
  2. Perché il “NON gioco di Allegri” ha portato, sorte o infortuni a parte, a un trend/rendimento decisamente a livelli TOP in campo internazionale, riuscendo a dimostrare sul campo di essere l’”UNICA” squadra europea (assieme all’Atletico Madrid) a sapersi opporre allo strapotere di Real Madrid, Bayern Monaco e Barcellona nell’Europa che conta?

Sarebbe da stolti non riconoscere la “sana” scaltrezza e l’intelligenza del Mister, nello sfruttare una base solida, consolidata e rodata in 3 anni di vittorie, record e successi; mantenendo sostanzialmente inalterato per i primi 5-6 mesi, il sistema di gioco (alias “3-5-2”) che per molti è stato ideato dal genio del “Forrest Gump del Salento”. Sarebbe altrettanto stolto non considerare o minimizzare gli “accorgimenti” tattici (tutti, propri della sua visione del giuoco del calcio, consultabile nell’intervista rilasciata a Paolo Condò all’indomani della finale di Berlino e riportata qui sotto).

Parole, tramutate in consuete azioni da gol (e non) da almeno un anno e mezzo e considerate ormai solo come semplice intuito degli interpreti e non come frutto di un lavoro che ha come “DOGMA” la coesistenza di due caratteristiche di primaria importanza: la “duttilità” (quasi totale) e la “tehnica”.

La “duttilità” è stato un’aspetto più o meno sconosciuto fino a 2 anni fa (se non grazie alla magnifiche interpretazioni di Vidal e Tevez); tale disconoscenza era dovuta al fatto che i giocatori venivano “comandati” passo passo nella gestione della manovra; oggi, invece, risulta essere quel caposaldo che porta i due attaccanti a ricoprire il ruolo di “comprimari”,  interscambiandosi con le mezzali di turno, che a seconda delle fasi di gioco sostituiscono (estremamente bene) gli attaccanti.

Questo si nota dalla “strabiliante” ripartizione di gol e assist fatti dagli attaccanti stessi, che, oltre a saper inquadrare la porta sanno anche “produrre gioco” in fase di costruzione a vantaggio di altri compagni (non di reparto), pur essendo quasi tutti dei numeri “9”. Lo stesso fenomeno lo si può vedere anche a centrocampo dove, chiunque venga schierato ha almeno un gol (Marchisio escluso, per ovvi motivi legati al “nuovo” ruolo) e un assist all’attivo (più quelli che non vengono tramutati in gol).

Tabella-Allegri-2

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Tehnica“: tutta la gestione della fase offensiva non si affida più all’aggressività ossessivo compulsiva della stagione ’11-’12 e alla sistematica attuazione di schemi comandati dalla panchina, ma a una rapida circolazione della palla (con massimo due tocchi, o almeno l’intento è quello) che viene spostata da destra a sinistra per tutta l’ampiezza del campo.

 

Per mettere in pratica questa apparente banalità è necessario avere (e allenarsi al fine di conseguirla) una buona dose di “tehnica”; perché, OGGI, quasi tutti gli effettivi della rosa sono in grado di fare con disinvoltura una delle cose più difficili del giuoco del calcio: il cambio di gioco. Ma questo non basta (stando alle dichiarazioni post-gara del Mister). Colui che “non ha un’idea di gioco” aspira ad avere una maggiore qualità del gioco corale.

Nell’era del primo triennio, la Juventus aveva sostanzialmente un solo modo di attaccare: pressare altissimo in modo estremamente aggressivo per tutti i 90’, impedendo all’avversario di imbastire una qualsiasi manovra offensiva; era possibile arrivare al gol solo grazie a triangolazioni studiate a tavolino e movimenti ben definiti di punte, ali e mezzali. Questo tipo di approccio in Italia andava più che bene per via della scarsa capacità degli avversari di giocarla sul palleggio ed eludere il pressing iper aggressivo di quella Juventus; ma in Europa la musica era ben diversa proprio perché in campo internazionale ciò che conta (e che viene applicata da quasi tutte le squadre) è proprio la capacità di “giocare la palla” anche a discapito del rigore tattico che in Italia è dogma.

La risposta al secondo quesito dunque è data (a mio modestissimo parere) proprio dai famosi “accorgimenti” mostrati poc’anzi. In ambito internazionale (soprattutto in Champions League) la propositività, la sfrontatezza e la malizia nell’osare (offensivamente parlando), premia! Il mix di Max (adozione di una base consolidata e implementazione di concetti propriamente suoi) è risultato fortemente determinante nella scalata ai piani alti dell’Europa che conta. Difatti, la Juventus del nuovo “ciclo nel ciclo”, grazie alla “banalità concettuale” del “NON gioco di Allegri” ha mostrato la notevole capacità di saper “limitare” con un certa sicurezza e disinvoltura il gioco offensivo altrui e, contemporaneamente, saper proporre e imporre la propria presenza nella metà campo avversaria (che sia del Bayern, del Real o del City poco importa). Tale dicotomia tattica è, secondo me, il “segreto” (a prescindere dalla rosa avuta a disposizione) di prestazioni come quelle di Dortmund, di Manchester, con il Siviglia in casa (e secondo me, anche fuori) e di Monaco: mostrando semplicemente che, anche senza Pepe, si può attuare un bel 4-3-3.

Fosse falso quel che sto farneticando, una vecchia volpe del calcio nostrano come Luciano Spalletti (ammirato e stimato da molti, in quanto volto di un certo tipo di calcio “champagne” che tanto piace ai più) non se ne uscirebbe (nel post partita di Roma-Napoli) con le seguenti parole: …Lì non c’è stata partita, poi l’ho solo vista [la Juventus] in televisione e da lì sembra una squadra impressionante. Sempre in grande condizione, capace di cambiare anche modulo.” (cit.)

Assieme al 5° scudetto consecutivo, una finale UCL, 2 Finali di Coppa Italia consecutive conseguite per fare un bel doppio “dublete”, 1 Supercoppa Italiana, un dominio inaspettato all’Allianz Arena sul piano del gioco (a conferma che quanto avvenuto nella stagione precedente non era frutto del mero “culo”) e chissà cos’altro in futuro… credo pertanto sia proprio giunto il momento di smetterla di chiamarlo e immaginarlo, direttamente o indirettamente, come: “Conte” Max!

GRAZIE… “Max”!

Emmanuele Apollonio

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