Ho un sogno.
Prima di raccontarlo, però, una premessa: questi pensieri che butto giù non vogliono rappresentare lo scudo snob di un cavaliere rinchiuso nella torre d’avorio e che volge lo sguardo sdegnato verso i poveri fanti che, laggiù nella polvere, fanno il lavoro sporco. No, non so andare a cavallo e provo sana invidia verso quelli che ancora hanno voglia di lottare a testa bassa, ribattendo colpo su colpo, contro le fazioni avversarie che ci accerchiano.
No, molto più semplicemente, sono stufo.
Dopo gli anni post calciopoli, anni in cui (chi più chi meno) abbiamo passato mesi ad ascoltare intercettazioni, cercare riscontri che non c’erano, anelare alla giustizia o anche solo alla parità di trattamento, sono stufo di combattere.
Sono stufo di leggere le peggiori porcherie sulla Juve di tutti quei sedicenti paladini che la accusano di essere una specie di padre padrone e di disporre a piacimento delle istituzioni pallonare, aribtri in primis ovviamente.
Sono stufo di dimostrare a questa gente come non ci sia un solo motivo per credere ancora a questo genere di puttanate, di chiedere come faccia la Juve a comandare il palazzo se ne è fuori da anni e bussa invano alla porta per entrarci.
Sono stufo di redigere classifiche dei rigori e quella dei cartellini, della dialettica social in cui ognuno racconta la propria verità, sbattendosene altamente non solo dei dati ma persino delle più elementari regole della logica e del buonsenso.
Basta, per me è tutto inutile.
Sono stufo di scrivere commenti del tipo x: “Con tutti i problemi che ha il calcio italiano (e giù un elenco interminabile) l’opinione pubblica si scatena sul “merda” gridato dai bambini allo Stadium (o altra amenità salita agli onori delle cronache solo perché rapportabile in qualche modo alla Juve) o del tipo y: “Se invece di Koulibaly (o Manolas o Miranda o Pinco Pallino) ci fosse stato Chiellini a fare quel fallo chissà che putiferio si sarebbe scatenato…” et similia. Ho sviluppato una pericolosa allergia ai concetti della “disparità di trattamento” e delle “parti invertite”.
Basta, non ce la faccio più. Non c’è più nulla di originale, niente che non sia già stato detto, niente che non abbiamo già schifato.
Chi vuole davvero documentarsi, chi vuole raccontare correttamente le vicende del calcio ha gli strumenti. É così facile reperire dati, informarsi, fare una verifica, leggere il regolamento del gioco del calcio che ormai non esistono più scusanti. Ogni errore o omissione per me è voluto quando non proprio ricercato, studiato, elaborato a tavolino per alterare la percezione della realtà.
In una sola espressione: “Mi fanno schifo.”
Qualche anno fa, ai tempi del Team di Juventinovero, pubblicammo un paio di articoli di questo stesso tenore (ma redatti da penne di ben altro spessore, uno a firma di Emilio Cambiaghi, sempre sia lodato, e l’altro di Nino Ori, idem) che facevano riferimento all’importanza dei media nella percezione del calcio, la formazione del sentimento popolare e tutte quelle brutte storie. Entrambi esortavano la società a sviluppare e implementare quel ramo fondamentale che è la comunicazione e il rapporto, appunto, con giornalisti e mondo dell’informazione. A distanza di 6 anni da quei pezzi, di strada ne è stata percorsa tanta, la Juve ha il suo canale tematico e abbiamo avuto anche l’esperienza di J-Land (poi divenuta Top Planet) sul digitale terrestre, un canale di news e commenti solo ed esclusivamente a tinte bianconere. Il risultato? Agli occhi di chi voleva continuare a non vedere non è cambiato nulla, mentre molti juventini, al netto dei diversi aspetti da migliorare in quei contenitori, li hanno trasformati in motivo di divisione e derisione.
In pratica, a oggi, non sono serviti a una mazza.
Anni di battaglie dialettiche e pezzi da redarre o condividere o recensire in risposta alle allusioni, più o meno esplicite, di articoli e indagini farlocche prodotte dai principali organi di stampa. Una guerra impari resa possibile, però, dai forum prima e dai social poi.
Ecco, i social. Da preziosa occasione si sono tramutati in strumenti diabolici che non hanno fatto altro che dilatare a dismisura il bar sport, la piazza del paese, il circolo sportivo. Tutti possono dire la loro e, bene o male, tutti siamo costretti a leggere di tutto.
Il fenomeno è inarrestabile, perché per quanto uno si sforzi di eliminare le interazioni con utenti con cui non hai la benché minima voglia di discutere, quel commento che tanto hai fatto per evitare finirà ineluttabilmente sulla tua bacheca.
E allora?
Ho un sogno, appunto.
Una Champions League della chiacchiera da bar. Invece di stare sui social a battibeccare con la peggiore feccia delle altre tifoserie (e loro con la nostra, perché anche molti tra gli juventini sono presenti alla fiera campionaria della stupidità), torniamo tutti nei propri forum. Gli juventini con gli juventini, gli interisti con gli interisti eccetera. Ognuno porta avanti una “Lega nazionale”, al chiuso e senza infiltrati, in cui ci si allena allo scontro, si fanno discussioni sui vari temi, torneo a eliminazione diretta per stabilire i migliori 5 o 6 da mandare in Champions League.
Ogni tifoseria fa il proprio campionato e stabilisce gli alfieri per il torneo continentale.
Una volta in Europa si sorteggiano gli accoppiamenti per eventi straordinari da vendere a tutti i maggiori broadcaster mondiali: Nino Ori conto Rosario Arena, Corsa contro Manusia, Zampini contro Liguori, Momblano contro Suma, Chirico contro Ravezzani, Mingioni contro Agroppi, Signori contro Auriemma, Ricchiuti contro tutti.
Serate memorabili in cui ognuno insulta l’avversario, politically correct abolito, solo sfottò e ingiurie.
Un evento al mese in modo da creare suspence e spasmodica attesa, prime mondiali su Sky e Netflix, canale Youtube dedicato, dirette Facebook e Twitter.
“Se non puoi sconfiggerli, unisciti a loro”, nel più grande torneo di magniloquente insulto sportivo mai esistito.
Il mio sogno.
Vi prego, realizzatelo!