Daniele Rugani, 21 anni, difensore centrale della Juventus e della Nazionale italiana Under 21, cresce nel vivaio dell’Empoli per poi arrivare in prestito alla Juventus Primavera allenata da Marco Baroni. Al termine della stagione 2013 la Juventus acquista la metà del cartellino del giocatore, che torna ad Empoli, dove fa il suo esordio tra i professionisti in Serie B. Nel 2014, anno del debutto in Serie A, Daniele gioca tutte e 38 le partite del campionato, senza venir mai ammonito. A febbraio 2015 la Juventus risolve la comproprietà acquisendo Rugani a titolo definitivo ma lasciandolo in prestito ad Empoli fino a fine stagione, quando Daniele rientra a Torino, parte del cospicuo progetto di ringiovanimento della rosa della prima squadra.
Rugani rappresenta il predestinato, il ragazzo pacato e dalla faccia pulita che ad Empoli si recava al Centro Sportivo in bicicletta e si era autoimposto doppie sedute di allenamenti. I tifosi rivedono in lui, nel suo calcio pulito, in quell’aria innocente, il simbolo dello stile Juventus. I paragoni si sprecano, per tutti lui diventerà una bandiera bianconera.
Daniele però non sembra scomporsi, appare ben centrato e non si illude, continuando a praticare la politica del lavoro e dell’impegno. Gioca la sua prima partita da titolare in Serie A il 10/01/2016 in un Sampdoria Juventus 1-2 combattuto fino alla fine, e ritorna in campo da titolare nella larga vittoria per 4 a 0 sull’Udinese nel giorno dell’inaugurazione della Dacia Arena.
I mesi lontani dal campo e la maglia a strisce bianconere pesano come un macigno, è come tornare in campo dopo un lungo infortunio. Rugani appare timido e impacciato, poco intraprendente. Con il passare dei minuti riacquisisce confidenza con il rettangolo verde e tutto sembra tornare a posto, come un ingranaggio leggermente arrugginito e oliato a poco a poco.
Guardandolo riprendere finalmente dimestichezza col campo rifletto sulla questione giovani/calcio italiano. Si dice che la Serie A sia un campionato esterofilo, che non farà passi avanti per l’assenza di un progetto giovani, perché questi non trovano spazio, non viene data loro fiducia. Ripenso quindi al progetto juventino, quello che ha visto tanti giovani arrivare e avere l’onere di sostituire, anche solo a livello numerico, personalità di spicco come Tevez, Vidal e Pirlo. Ripenso all’inizio di stagione, quando la Juve arrancava e risultati e prestazioni latitavano.
Rugani è rimasto a guardare, magari anche chiedendosi cosa sarebbe successo con lui in campo. Non ci è dato saperlo, ma le circostanze hanno evidenziato quale sia “l’importanza di chiamarsi.. Rugani”.
L’importanza di chiamarsi Rugani consiste nell’essere considerato un predestinato, ed in quanto tale non essere messo in dubbio.
L’importanza di chiamarsi Rugani la troviamo nel suo essere stato tutelato quando tutto era difficile.
L’importanza di chiamarsi Rugani è tutta racchiusa nel fatto che quando sei diamante grezzo non sempre hai tempo e modo di imparare a splendere, non sempre hai chi si sporca per te. Avere tre abili guerrieri a fare spallate al posto tuo è una fortuna che pochi hanno la capacità di comprendere.
Rugani avrà modo di crescere ovattato e protetto, perché ha il tempo e le circostanze dalla sua parte. Ha la capacità, tutta figlia della genetica e dell’impegno, e ha una intera tifoseria ad aspettare che la sua stella inizi a brillare tra tutte quelle del firmamento juventino.
Perché lui, a differenza di Earnest (protagonista della commedia “L’importanza di chiamarsi Ernesto” di Oscar Wilde), non è solo apparenza.
Lui potrà diventare realtà.