Era una serata in cui bisognava essere assolutamente, totalmente, radicalmente juventini.
Fin dal giorno del sorteggio ci hanno detto che era ingiocabile e lo diceva pure qualcuno di noi.
Il piano di gioco era chiaro, la sua realizzazione è stata difficilissima; il primo tempo è stato uno shock, e pochissime squadre sarebbero riuscite non dico a recuperare, ma anche solamente a evitare la goleada.
Una serata di Champions che speravamo magnifica ma temevamo diventasse maledetta, in cui ci siamo dovuti appellare al nostro essere juventini, a tutto quello che avevamo di più intimo, più caro e più profondo: le partite viste con tuo padre, la maglietta che ti ha regalato tuo zio, i poster che attaccavi in cameretta, i milioni di chilometri fatti in pullman, in treno, in aereo coi tuoi amici e fratelli, tutte le formazioni che hai imparato a memoria, tutte le gioie e tutte le lacrime.
Siamo morti e siamo risorti.
Abbiamo dimostrato che il Bayern Monaco non è ingiocabile, come non lo è stato il Barcellona nella finale di Berlino. Ci sono squadre che sono superiori a noi, ma nessuna è impossibile da affrontare.
Siamo vivi, siamo ancora in corsa, e non siamo le vittime sacrificali di nessuno.
La lezione per tutti è sempre la stessa: mai sottovalutare la Juventus, mai considerarla finita.
A Monaco servirà l’impresa, ma lo sapevamo fin dall’inizio.
Stiamo cercando di rendere possibile l’impossibile.
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