

“Puma! Puma! Puma!”.
Quando in Champions andiamo ad affrontare una squadra tedesca, soprattutto in queste sfide da 180 minuti e a eliminazione diretta, il primo pensiero che mi torna in mente è quell’urlaccio di Fabio Cannavaro all’indirizzo del Puma Emerson. La Juve del 2006, corazzata imbattibile sul campo in Italia, non era altrettanto spietata quando andava a giocare la Champions League. È vero che le squadre allenate da Capello esibivano un gioco poco “europeo” in quanto molto più fisico che tecnico, ma non essere riusciti ad arrivare in fondo in Europa con quella rosa resta uno dei rimpianti più grandi di noi tifosi bianconeri.
La clamorosa papera di Tim Wiese (fino a quel momento uno dei migliori in campo e oggi wrestler di professione) al minuto 88 (proprio come la bordata-deviata di Zaza) e la tempestività di Emerson hanno permesso alla Juve di accedere ai quarti di finale dove verrà poi eliminata dall’Arsenal. Gli incroci tra i bianconeri e le squadre tedesche sono oramai pane quotidiano nelle griglie di partenza della Champions: la cosa non soprende affatto visto che i teutonici schierano puntualmente quattro squadre nella fase a gironi e che queste, quasi sempre, riescono anche ad accedere al successivo tabellone eliminatorio. Difficile quindi non incontrarle. Il modello di calcio tedesco, resettato dopo la débacle della nazionale agli Europei del 2000, rappresenta uno dei modelli a cui il calcio italiano dovrebbe ispirarsi (eccezion fatta per la Juve che rappresenta già una realtà avulsa da tutte le altre) . I capisaldi del nuovo progetto della federazione tedesca prevedono innanzitutto una quota di proprietà di maggioranza (il famoso 50+1) in mano ai tifosi mentre, ad esempio, nel campionato italiano, in moltissimi club, tutto viene appoggiato e caricato sulle spalle dei presidenti spendaccioni. Ovviamente ci sono eccezioni anche in questo ambito dove, come nel caso di Bayer Leverkusen e Wolfsburg, con l’avallo dei soci, lo sponsor detiene il 100% delle quote. Se nei bilanci delle squadre italiane, la voce “diritti tv” incide oltre il 50%, in quelli dei club tedeschi sono il merchandising e il marketing a dominare le scritture contabili. I nostri avversari bavaresi, ad esempio, pongono il loro brand anche nei sottobicchieri e nei libretti degli assegni. Difficile immaginarlo nel “Bel Paese” dove dominano incontrastate le bancarelle che vendono prodotti contraffatti. Tralasciando poi l’ambito della multietnia del post caduta del muro di Berlino, l’aspetto più bello di questo nuovo progetto tedesco riguarda l’investimento massiccio sui giovani del vivaio: accantonate le uscite fuori luogo di Tavecchio sui tesseramenti degli stranieri, la federazione teutonica impone ad ogni formazione giovanile di avere in rosa almeno 12 ragazzi che possano venir convocati in nazionale. Ogni club, se non vuole essere escluso dal campionato, deve avere una formazione in ogni categoria, dagli under 12 fino alla Bundesliga 2, la nostra serie B.
Da questa rivoluzione è nata la nazionale multietnica tedesca che ha dominato e vinto l’ultimo mondiale brasiliano, distruggendo proprio i padroni di casa. Gran parte dei campioni del mondo 2014 sono stati campioni d’Europa nell’Under 21 solo pochi anni prima e, diversi di questi, ora militano nella squadra bavarese che andremo ad affrontare in questo ottavo di Champions League. Chi scrive, guardiolano doc, non può non sottolineare come l’avvento del mentore catalano abbia inciso positivamente sul successo iridato della nazionale allenata da Joachim Loew. Se le fortune della Spagna campione del Mondo 2010 e bis campione d’Europa (2008 e 2012) sono arrivate con Guardiola allenatore del Barcellona, questa vittoria tedesca è anche frutto della rivoluzione tattica portata dal catalano nel calcio bavarese e, di riflesso, in quello nazionale. Non a caso, tutti i gol segnati in Brasile dagli uomini di Loew sono stati realizzati da dentro l’aerea di rigore, a riprova di un gioco corale di squadra finalizzato a mettere il compagno nella condizione più facile per andare a rete. E questo con buona pace (bonariamente parlando) dei Gary Lineker e del suo postulato famoso sulla Germania post Italia ’90.
Il Bayern di Guardiola non è più solamente palleggio e tiki-taka (espressione coniata al mondiale 2006 dal commentatore spagnolo Andres Montes in Spagna-Tunisia “estamos tocando tiki-taka, tiki-taka”) ma prevede il gioco sulle fasce laterali dove l’ex Shakhtar Douglas Costa è uno dei maggiori punti di forza della squadra. Abbandonata anche la figura del falso nueve, i bavaresi hanno in Robert Lewandowski un finalizzatore fortissimo e in Thomas Muller un giocatore totale, che spesso viene sottovalutato o ne viene sminuito il vero valore. Il miglior prodotto del guardiolismo è il difensore austriaco David Alaba (che punì la Juve di Conte nell’andata dei quarti di finale di tre anni fa) che il tecnico catalano ha reso un giocatore completo, capace di ricoprire tutti i ruoli della difesa. Sia la Juve che il Bayern devono mettere in conto diverse defezioni fisiche. I bavaresi dovrebbero recuperare Ribery e Goetze mentre i bianconeri potranno sicuramente disporre di Mandzukic e Khedira, con Chiellini ed Alex Sandro non convocati. Gli ex della partita sono tre: Mandzukic tra i bianconeri, Coman e Vidal nelle file tedesche. Il centrocampista cileno, poco adatto secondo me al gioco di Guardiola ma perfetto per quello futuro di Ancelotti, dovrebbe arretrare nella linea di difesa dopo l’ennesimo K.O. accorso allo sfortunatissimo Badstuber. L’attaccante esterno francese invece avrà, in caso di impiego, molti occhi juventini puntati addosso per cercare di capire (non che una partita o uno spezzone dicano molto) se può rappresentare un rimpianto o un’ottima cessione del duo Marotta-Paratici.
Chiudo rifacendomi a una dichiarazione di Allegri post sorteggio di Nyon. Il mister ha detto che bisognerà essere bravi a trasformare la doppia sfida in una gara da 90 minuti. In pratica una dichiarazione simile a quella fatta prima della finale di Berlino. Squadre come Bayern e Barcellona in casa loro sono difficilmente battibili. La scorsa stagione, i bavaresi hanno vinto una sola volta in trasferta nel loro percorso di Champions, a Roma per 7 a 1. Hanno pareggiato a Donetsk, perso 3 a 1 a Oporto, perso 3-0 nei dieci minuti finali al Bernabeu. In casa però hanno sempre vinto e rimontato lo svantaggio, tranne contro la squadra di Luis Enrique. La Juve dovrà fare risultato allo Stadium per poi provare a difenderlo in Baviera, come fece l’Inter allenata da Mourinho nella semifinale proprio contro il Barcellona. La scuola tattica italiana supera quella di qualsiasi altro Paese, e il mister catalano ha dimostrato che non è uno che studia l’avversario ma attua il suo gioco a prescindere da chi abbia di fronte.
Nonostante il blasone europeo dei due club, con i bavaresi vincitori di cinque Coppe dei Campioni/Champions League (di cui tre consecutivamente negli anni d’oro della Germania Ovest di Beckembauer e Sepp Maier), le precedenti sfide sono appena otto e tutte disputate negli anni duemila: un solo pareggio (0-0 nel 2009) e tre vittorie per i bianconeri in questi incontri. L’ultimo doppio incontro tra Juve e Bayern Monaco sono i sopra citati quarti di finale 2013 con i bavaresi che si imposero per 2-0 sia all’andata che al ritorno. Anche in quel caso, i tedeschi avevano già l’allenatore dimissionario ma non per questo con l’intenzione di chiudere a mani vuote la stagione. Joseph ‘Jupp’ Heynckes fece bottino pieno centrando il triplete e mettendo nel suo Palmarès la seconda Champions League da allenatore dopo quella vinta ad Amsterdam nel 1998, sulla panchina del Real Madrid contro la Juve di Marcello Lippi.
Come ha appena detto Buffon, questa partita è un ottavo di finale che però ha il sapore di una finale visto lo spessore delle due squadre mentre Mister Allegri ha pronosticato molti gol già in questa gara di andata. Che partita sarà? Non vediamo l’ora di scoprirlo.
Fino alla fine….e anche oltre!
Forza Juve!