

Sabato 21 maggio la Juventus disputerà per la sedicesima volta la finale di Coppa Italia. Lo score è di 10 finali vinte e 5 perse, e per la quarta volta affronteremo in finale il Milan (due vittorie e una sconfitta nei precedenti), la squadra con la quale la Juventus si è contesa più volte il trofeo nazionale. In tre articoli ripercorreremo la storia di queste 15 finali, tra cronaca, storia e piccoli aneddoti.
La prime cinque finali portano altrettante vittorie.
Si inizia nel 1938: la Juventus è reduce dal primo quinquennio d’oro, quello che va dal 1930-31 al 1934-35. Di quella grande squadra in grado di vincere cinque scudetti consecutivi è rimasto poco. Combi-Rosetta-Caligaris non ci sono più, ma “Viri” è nel frattempo passato dal campo alla panchina. Degli eroi allenati da Carlo Carcano sono rimasti solo l’oriundo Luisito Monti e Varglien I, mentre troviamo altri miti della Juve d’anteguerra come Alfredo Foni e Pietro Rava (che hanno sostituito Rosetta e Caligaris) e Teobaldo Depetrini che aveva fatto in tempo a partecipare agli ultimi due scudetti del quinquennio. Centravanti è Guglielmo Gabetto, anche lui scudettato nel 35, che passerà durante la guerra ai rivali cittadini e rimarrà poi vittima nel disastro di Superga.
In campionato la Juve raggiunge un onorevole secondo posto, a due punti dall’Ambrosiana Inter, e l’avversario in finale di Coppa Italia è proprio il Torino non ancora “Grande”. È una finale senza storia, con i bianconeri ad imporsi 3-1 al Filadelfia e 2-1 al Comunale che, nel frattempo, era stato rinominato “Benito Mussolini”. Proprio Gabetto, nella sfida di ritorno, realizza i due goal juventini.
Arriviamo alla stagione 1941-42: da due anni l’Italia è dilaniata dagli effetti del tragico conflitto mondiale, sta per scoppiare la guerra civile ma il calcio non si ferma. Il campionato che la Juventus conclude al sesto posto è vinto per la prima volta dalla Roma, e secondo qualcuno questa fu una delle ultime cartucce della stanca propaganda del regime fascista. Nella finale di Coppa Italia la Juventus deve vedersela con il Milan che, nel frattempo, è stato costretto ad aggiungere una “o” alla sua denominazione ufficiale in nome di un malinteso spirito nazionalistico. L’andata all’Arena Civica meneghina si conclude sull’1-1 e la curiosità è che il goal bianconero è realizzato da Savino Bellini che aveva segnato due reti già nella finale di andata di quattro anni prima contro i granata. Insieme a John Charles saranno gli unici giocatori juventini a essere andati a segno in due finali di due edizioni diverse della competizione. La partita di ritorno al Comunale-Mussolini non ha storia: 4-1 per la Juve, con tre reti mese a segno da Riza Lushta, il primo e sinora unico calciatore albanese ad aver indossato la maglia bianconera. Nome magari ai più sconosciuto, ma dal 1940 al 1945 tenne una media di tutto rispetto: più di un goal ogni due partite (85 presenze, 46 reti) in anni duri di calcio sotto le bombe.
Terza finale e terzo successo nella Coppa nazionale arrivano 17 anni dopo (è la più lunga assenza della Juve dalla finale della Coppa Italia, in seguito non si andrà mai oltre gli 8 anni). Siamo nel 1958-59, la Juventus ha superato momenti difficilissimi a metà degli anni 50, quando si è trovata anche a dover lottare per non retrocedere. Con l’avvento alla presidenza del dottor Umberto Agnelli l’anno precedente è arrivata la prima stella: è la Juve di Sivori, Charles e di capitan Boniperti. Una Juve che vincerà tre scudetti in quattro anni ma che, dopo il primo successo, nel 1959 deve “accontentarsi” della Coppa Italia perché concluderà il Campionato al quarto posto, a dieci lunghezze dal Milan Campione d’Italia. La finale contro l’Inter si gioca in partita secca a San Siro, ma nonostante il terreno avverso sul campo non c’è storia: 4-1 per la Juve con reti di Charles, Sivori e doppietta di Cervato, stopper e gran tiratore di calci piazzati che, dopo una gloriosa carriera nella Fiorentina, si era appena trasferito a Torino per vincere altri due scudetti nelle sue uniche due stagioni in bianconero. La curiosità è che, dato che la Coppa Italia in quegli anni si giocava a cavallo di due stagioni (la fase finale veniva disputata a settembre della stagione successiva), in quella edizione Cervato giocò in giugno per la Fiorentina contro la Juventus, perdendo per 3-1 nella gara dei quarti di finale, e in settembre per la Juventus segnando sia nella semifinale contro il Genoa che nella ricordata finale contro l’Inter.
E siamo al 1959-60, quarta finale e quarta vittoria, seconda consecutiva (evento che la Juventus potrebbe ripetere quest’anno). Si tratta del primo double (scudetto + Coppa Italia) della storia. Altre squadre ci riusciranno in seguito, ma solo la Juventus ci è riuscita tre volte (anche nel 1995 e nel 2015). Quest’anno si corre dunque per la quarta doppietta e sarebbe la prima volta che questo accade per due anni di seguito, a testimonianza di quanto incisivo sia il dominio della Juventus nel calcio italiano. Il Campionato dice Juventus prima e Fiorentina seconda a 8 lunghezze di distanza (le vittorie valevano due punti) e come nell’anno precedente la finale di Coppa Italia si gioca a inizio della stagione successiva, il 18 settembre, proprio tra i bianconeri e i viola. La partita è durissima, Charles apre le marcature e poi riacciuffa il pareggio a 12 minuti dalla fine, dopo che la Fiorentina aveva ribaltato la situazione. Un’autorete nei tempi supplementari porta a Torino la quarta coppa nazionale, in una stagione che si concluderà col dodicesimo scudetto.
Cinque anni dopo, la Juventus torna in finale ma il panorama del calcio italiano è cambiato: a farla da padrone sono ora le squadre milanesi, che riescono a imporsi anche in Europa. Alla Juventus arriva un allenatore paraguayano, Heriberto Herrera, che porta organizzazione, regole rigide e mette ai margini della squadra Omar Sivori. Verrà chiamata “Juve operaia”, a causa della carenza di giocatori tecnici, ma è una Juve che si toglierà due grosse soddisfazioni sempre ai danni della dominante Inter di quei tempi: lo scudetto del 1967, vinto all’ultima giornata beffando i nerazzurri, viene infatti preceduto nel 1965 dalla quinta Coppa Italia vinta a fine giugno nella finale di Roma, al termine di una stagione che in Campionato aveva portato un misero quinto posto a 13 punti dai nerazzurri. È 1-0 grazie a un goal di Menichelli che impedisce così il primo double nerazzurro. Un’impresa che può essere paragonata a quella si compierà 25 anni dopo, quando un’altra Juve “operaia” allenata da Dino Zoff espugnerà San Siro sottraendo la Coppa al Milan di Sacchi che da lì a un mese si riconfermerà campione d’Europa.
(continua)