

Sabato 21 maggio la Juventus disputerà per la sedicesima volta la finale di Coppa Italia. Lo score è di 10 finali vinte e 5 perse, e per la quarta volta affronteremo in finale il Milan (due vittorie e una sconfitta nei precedenti), la squadra con la quale la Juventus si è contesa più volte il trofeo nazionale. In tre articoli ripercorreremo la storia di queste 15 finali, tra cronaca, storia e piccoli aneddoti.
Tra gli anni ’70 e i primi anni ’90, 3 vittorie e 2 sconfitte.
La Juventus torna a disputare una finale di coppa Italia al termine della stagione 1972-73, il primo luglio. Si gioca all’Olimpico di Roma (davanti a 90mila spettatori!), avversario il Milan, peraltro senza Rivera. Un mese e mezzo prima i rossoneri si erano aggiudicati la coppa delle Coppe contro il Leeds, in una partita carica di polemiche arbitrali. Pochi giorni dopo, la fatal Verona era stata teatro della loro sconfitta in campionato, permettendoci (proprio all’Olimpico) la conquista del 15° scudetto. Purtroppo, di lì a una decina di giorni, i protagonisti del nostro trionfo non erano riusciti a ripetersi nella finale di coppa dei Campioni, persa contro l’insuperabile Ajax dell’epoca. La finale vede quindi a disputarsi la coppa Italia due squadre già protagoniste entrambe di una vittoria e una sconfitta (2° posto) in stagione. Al nostro goal iniziale, realizzato da Bettega con la fortuita collaborazione del rossonero Anquilletti, risponde per il Milan alla fine del 1° tempo l’ex juventino (e futuro cavallo di ritorno) Benetti, grazie a un rigore piuttosto generoso concesso dall’arbitro Angonese in conseguenza di un plateale tuffo dello specialista Chiarugi. 1-1, e il risultato non si sblocca più, né nei tempi regolamentari né nei supplementari, invero bruttini. Ai rigori sbagliano purtroppo proprio le punte Anastasi e Bettega, e quindi a prevalere sono i milanisti. Ai ragazzi di Vycpalek rimane l’amaro in bocca per una coppa Italia perduta immeritatamente, senza sconfitte, con 5 vittorie e 6 pareggi in undici partite.
Sei anni dopo, di nuovo in finale, stavolta a Napoli contro il Palermo, che gioca nella serie cadetta e raggiunge la finale di coppa Italia dalla serie B, proprio come aveva fatto contro il Bologna 5 anni prima. Esattamente a metà dei 15 anni di dominio bianconero (9 scudetti, 4 secondi posti, tutte le coppe), la Juventus per una volta non viene dall’abituale successo in campionato. Nelle due stagioni precedenti, con Trapattoni allenatore, i nostri si erano aggiudicati lo scudetto dei 51 punti su 60 disponibili, la prima storica coppa Uefa (unico successo di una squadra interamente composta da italiani), e il successivo campionato vinto sull’incredibile Vicenza di Pablito Rossi, per essere poi protagonisti (9/11 della squadra) nel Mundial argentino. Invece la stagione 1978-79 non ha ancora dato soddisfazioni e l’occasione appare ghiotta. Ma il Palermo non collabora e, tanto per confermare quanto poco conti in una finale l’essere favoriti o l’essere enormemente più forti, passa in vantaggio dopo un minuto con un goal rocambolesco di Chimenti (zio di “Zucchina”, che sarà nostro portiere una trentina d’anni dopo). Dopo una serie incredibile di occasioni fallite, di salvataggi del portiere e dei difensori isolani, e giocando con un uomo in meno dall’80° per l’infortunio di Bettega (a sostituzioni già effettuate), il pareggio viene raggiunto a 5′ dal fischio finale con Brio. I supplementari giocati in 10 sono una vera e propria battaglia, anche perché i palermitani non smettono di crederci. Finché, a 3 minuti dai rigori, Causio realizza il goal che ci consegna la soffertissima sesta coppa Italia.
La stagione 1982-83, con il calcio italiano (grazie soprattutto ai giocatori juventini, come sempre) campione del mondo, è la prima con il doppio straniero. La Juve del Trap rinuncia a Brady e ingaggia Boniek e Platini. Potrebbe essere una stagione memorabile, nonostante il secondo posto in campionato dietro la Roma, ma a fine maggio nell’incredibile e sciagurata serata di Atene i nostri buttano via contro l’Amburgo una coppa dei Campioni apparsa a portata di mano come non mai. Zoff e Bettega concludono quindi in modo amaro la loro gloriosa esperienza in bianconero. Tre settimane dopo, la finale di coppa Italia in due partite contro il sorprendente Verona, matricola capace di chiudere il campionato in quarta posizione, dopo essere stata per un paio di mesi in lotta con la Roma per il primato. L’andata a Verona è pessima. Oltre ai già citati Zoff e Bettega, mancano Cabrini e Marocchino, e Galderisi viene espulso nel primo tempo. La Juve non c’è, finisce 2-0 per gli scaligeri, e il tris di secondi posti in stagione sembra quasi inevitabile. Invece, tre giorni dopo al Comunale, con una prestazione sontuosa i nostri ribaltano il risultato. Qualche imprecisione sotto porta (soprattutto di Boniek) impedisce alla Juventus di arrivare alla terza rete già nei 90′, che terminano 2-0 (Rossi e Platini). Nei supplementari, Le Roi Michel, già capocannoniere in campionato, realizza il 3-0 ad un minuto dal 120°, dopo un’azione splendida di Cabrini. E la settima coppa Italia è finalmente in bacheca.
La Juventus della stagione 1989/90 è parente povera di quelle dei due decenni precedenti, eppure a fine stagione otterrà risultati sorprendenti. Dei campioni protagonisti dei successi della prima metà degli anni ’80 sono rimasti i soli Tacconi e (a mezzo servizio) Brio. L’allenatore è Dino Zoff, orfano del suo secondo, l’indimenticato e inimitabile Gaetano Scirea, purtroppo scomparso nel tragico incidente di settembre ’89. L’assenza di risultati positivi in campionato porta addirittura alle dimissioni del presidente Boniperti. Gli attaccanti (entrambi provenienti dalla serie B) Casiraghi e Schillaci iniziano ad ingranare, e il secondo sarà poi capocannoniere del Mondiale di Italia ’90. La finale di coppa Italia si disputa su andata e ritorno, contro il Milan olandese di Sacchi, prima che il campionato sia terminato. A Torino a fine febbraio, a Milano due mesi dopo! La nervosa partita di andata si conclude sullo 0-0, con qualche recriminazione per i nostri, spesso vicini al goal. Il 25 aprile a San Siro il capolavoro: al 17°, splendido passaggio filtrante in verticale di Marocchi (migliore in campo) per l’inserimento perfetto di Galia, 0-1. Nel prosieguo della gara gli avversari non riescono a rendersi davvero pericolosi e finisce così. Con Zoff (già giubilato dalla dirigenza, attirata dal calcio champagne) portato in trionfo dai suoi ragazzi, capaci poi di bissare l’impresa pochi giorni dopo nella doppia finale di coppa Uefa contro la Fiorentina, la cui porta è difesa dal nostro attuale allenatore in seconda Landucci, e nelle cui file milita il futuro bianconero (non senza polemiche) Roberto Baggio.
Dopo l’annus horribilis legato ai nomi di Montezemolo e Maifredi, la Juventus (senza coppe europee) del 1991/92 sceglie di cambiare… tornando all’antico, con Boniperti e Trapattoni. La stagione non è tra le più esaltanti: secondo posto in campionato a distanza siderale dal Milan imbattuto, senza mai essere stati realmente in corsa. L’avversario della finale di coppa Italia stavolta è il Parma, al secondo anno di serie A. Le due partite di finale si disputano a metà maggio, a campionato ancora in corso. A Torino per i nostri un successo davvero sofferto in una partita rivelatasi assai difficile: 1-0 con un rigore di Baggio a metà del 1° tempo, e gli ultimi 20 minuti giocati in dieci per l’infortunio di Di Canio a sostituzioni già effettuate. A tre giorni di distanza, le due contendenti si ritrovano anche in campionato (0-0). Una settimana dopo l’andata, a Parma va decisamente peggio. Alla fine di un brutto e nervoso primo tempo, nel quale i nostri non si rendono mai pericolosi, il Parma va in vantaggio con Melli. Al quarto d’ora della ripresa, arriva il raddoppio di Osio. Per i nostri, la reazione veemente quanto ritardata produce qualche recriminazione per goal annullati, pali, salvataggi sulla linea… La gomitata di Conte (con conseguente espulsione) segna la fine della contesa: 2-0 per il Parma, con la Juve di nuovo seconda in stagione. Nell’estate successiva arriverà Vialli (in compagnia di molti altri), e due anni dopo inizierà l’era della Triade e di Lippi, con le conseguenti vittorie.
(continua)
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