Trentesima vittoria consecutiva allo Stadium, sesta vittoria di fila dopo la débâcle di Firenze, difesa che continua a essere imperforabile (anche cambiando spesso gli attori principali), discreto turnover dopo le fatiche – anche logistiche legate al rientro complicato dal Portogallo – di Oporto.
Tutto bene, no? Non proprio, quella vista contro l’Empoli non è stata una Juve brillantissima sotto il piano del ritmo, anche se l’avvio prometteva bene. Con lo scorrere dei minuti, però, i toscani conquistavano campo, pressando alto l’inizio della manovra e complicando non poco lo sviluppo della medesima.
Il primo tempo scivolava via in maniera piuttosto noiosa, anche se un paio di occasioni nitide capitavano sui piedi di Mandzukić, non sfruttate dal gigante croato.
Le giustificazioni non mancavano; era evidente che la gara contro il Porto, disputatasi appena settantadue ore prima (con buona pace di coloro che si lamentano degli impegni ravvicinati), aveva lasciato non poche scorie sulle energie fisiche della squadra di Allegri.
Altrettanto evidente era la considerazione che bastasse accelerare un attimino per aver ragione degli ospiti. Nella ripresa, infatti, la formazione bianconera scendeva in campo con altro piglio, trovando il vantaggio al decimo proprio con Marione (in seguito “assegnato” al portiere empolese).
Il più era fatto, tant’è che poco dopo Alex Sandro, raccogliendo un assist del connazionale Dani Alves, realizzava il raddoppio con un’azione pregevole nell’area piccola, movimento a smarcarsi e tiro incrociato da vero centravanti.
Il vantaggio in classifica sulle “dirette” concorrenti si allunga: +12 sul Napoli e +10 (momentaneamente) sulla Roma. Distacchi non da poco, atteso che siamo ancora a febbraio ed è appena ripartita la corsa alla Champions League.
Come noto, al mister livornese non piace elogiare i singoli, preferendo – giustamente – esaltare il gruppo. Allora ci permettiamo di farlo noi: una menzione speciale la dobbiamo a Mario Mandzukić, “sacrificato” sull’esterno a sfiancarsi in un lavoro non suo, ma sempre utilissimo alla causa.
Meritava di tornare al gol, cercato per tutto il primo tempo e ottenuto nella ripresa con tutta la rabbia che ha scaricato in quel colpo di testa “spacca-porta”.
Non c’è tempo, tuttavia, per adagiarsi sugli allori perché fra appena quarantott’ore è in programma la semifinale di andata di Tim Cup contro il Napoli, sempre tra le mura amiche.
Non si molla niente.
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