Antonio Conte: “… In Europa forse ci è mancata un pò di cattiveria e maturità, dovevamo chiudere certe partite alla nostra portata …”
Gianluigi Buffon: “Probabilmente in Italia la conoscenza tattica degli avversari ci aiuta. In Europa serve qualcosa di diverso e in più. Sono sicuro però che per il prossimo anno Conte troverà i giusti rimedi”
Arrigo Sacchi: “La Juventus ormai ha stravinto la sfida italiana ma conoscendo il valore, l’orgoglio e l’ambizione di Conte e società la vera sfida ora sarà con l’Europa”
(sorridendo) CosimoBon: “Perchè in Europa la Juve fa 6 punti in un girone abbordabile e il Napoli ne fa 12 in un girone di ferro, quando in Italia il Napoli prende 3 gol nello scontro diretto e 10 punti in metà campionato?”
Negli ultimi anni lo spread è stato uno dei termini più utilizzati e, forse, meno compresi dagli italiani. Allo stesso modo, lo spread che non permette alla Juventus ed a Conte di essere ugualmente vincenti anche in Europa resta di difficile discernimento e rimane un argomento scottante fra gli juventini. Tutti ne parlano, tutti ne accertano l’esistenza, pochi cercano di ipotizzarne le cause. Benissimo, ci provo io. E’ un argomento difficile da affrontare, per vari motivi. Non esistono certezze e si entra in un campo aleatorio dove ovviamente è possibile esprimere solo opinioni. E’ ciò che proverà a fare il sottoscritto, da buon signor nessuno.
Conte guida la Juventus da 2 anni e mezzo. La sua Juve ha dominato e domina in Italia, ma ha tentennato in Europa. Anche nel primo anno di Champions, infatti, il cammino che ha portato ad affrontare ai quarti i futuri campioni d’Europa non è stato immune da passi falsi. Seppur vinto, il girone ci vide pareggiare con lo Shaktar Donetsk in casa (aggiungiamoci in modo stentato e con un predominio conquistato dalla squadra ucraina) e pareggiare in casa del Nordsjelland (seppur con dati statistici impressionanti fra tiri in porta e occasioni sprecate). Il risultato finale della partecipazione alla Champions League 2012/13 è stato lusinghiero, raggiungendo i quarti e quindi ponendosi fra le prime otto squadre d’Europa, ma il cammino non è stato “immune da peccati”. L’ultima champions sappiamo come sia andata a finire ed è inutile tornare sui singoli eventi. In questa sede, forse è utile ricordare che le nostre migliori partite sono state contro l’avversario più forte ma stravolgendo il nostro sistema di gioco abituale.
Ultima premessa. Essendoci prefissati di tentare di spiegare le motivazioni per le quali la Juventus dominante in Italia non riesce a incidere in Europa, è impossibile non semplificare. E’ ovvio che ci sono una miriade di cause più o meno fortuite, più o meno governabili (dai fiocchi di neve di Istanbul, alla normale difficoltà di Llorente ad entrare immediatamente negli schemi di gioco di Conte). Cercherò quindi di concentrare il ragionamento su quelle cause che ritengo abbiano maggiormente inciso e sulle quali possiamo aspettarci un miglioramento.
Il livello qualitativo più alto degli avversari europei non è un argomento. Innanzi tutto perchè è un dato di fatto, cioè un elemento su cui per ovvi motivi non puoi intervenire e, dunque, è assolutamente inutile porlo come elemento di discussione. In questa sede, paradossalmente, la forza degli avversari addirittura ci aiuta: le coppe europee infatti, soprattutto a fronte di un campionato italiano impoverito nel suo valore tecnico, sono una lente di ingrandimento da utilizzare e sfruttare per capire i reali punti di debolezza e i relativi margini di miglioramento. Se è vero ciò, lo è ancor di più per la Juve, proprio perchè non trova benchmark adeguati entro il territorio nazionale. Comunque non dimentichiamo che, d’altro canto, la Juve non rende come dovrebbe anche contro avversari nettamente meno forti.
Detto ciò, a mio avviso lo spread bianconero rispetto all’Europa è figlio di due fattori: mentalità e assetto tattico.
Il concetto di mentalità europea è fra i più abusati quando si vuol spiegare la necessaria evoluzione che le squadre italiane devono raggiungere. Il problema è avere chiaro cosa si intende. I campionati, ancor di più in Italia, si vincono con l’organizzazione difensiva, con la qualità della fase di non possesso. In Europa avviene secondo me l’esatto contrario; è, cioè, la qualità degli attacchi ad essere determinante. La qualità della fase di possesso palla è quella che permette di ottenere con continuità i migliori risultati. Ciò per una serie di ragioni, la maggior parte delle quali legate alle caratteristiche tipiche delle coppe. In Europa si gioca per fare gol, l’eliminazione diretta e gli stessi gironcini di qualificazione obbligano a sfruttare dal primo all’ultimo secondo della partita ed in linea di massima l’impostazione di fondo deve essere votata alla vittoria. Sarà marginale, ma la stessa regola del gol che vale doppio in trasferta incide nel premiare gli attacchi. Le coppe europee sono il territorio dei grandi bomber, delle squadre che hanno maggiori uomini in grado di concludere con efficacia contro la porta avversaria mantenendo ovviamente un certo equilibrio territoriale e di squadra. Tale approccio è, diciamo, non allineato con il modo italico di intendere il pallone, è inutile girarci intorno. Semplificando e secondo me non banalizzando, in Italia vincono le difese, in Europa gli attacchi e chi riesce a schierare maggiori attaccanti mantenendo un adeguato equilibrio tattico. Le squadre italiane, quindi, soffrono le competizioni europee perchè c’è sempre un delta fra il modo di interpretare le competizioni nazionali e quello con cui andrebbero interpretate quelle europee. Nel resto d’Europa questa differenza, che comunque come abbiamo detto è in parte insuperabile per le differenti caratteristiche intrinseche fra campionato e torneo, è molto meno accentuata. Nei maggiori campionati europei si pone molto meno attenzione alla fase difensiva, basta chiederlo a qualunque difensore italiano che abbia giocato anche all’estero. La Juventus è squadra italiana, la sua ossatura proviene dal calcio nostrano, come è giusto che sia, e da questo punto di vista anche la Juve di Conte non è risultata immune da un approccio attendista agli impegni di coppa. Qui c’è poco da aggiungere, credo che miglioreremo molto quando il livello di esperienza sia della rosa, sia dello stesso Conte, cresca con il crescere dei minuti giocati a quel livello. A questo proposito, lasciatemi fare un piccolo inciso: attenzione ad affrontare nel giusto modo l’Europa League. Al di là del fascino della finale da giocare allo Juventus Stadium e di una vittoria europea, la grossa opportunità da non mancare è l’aumento di esperienza della compagine bianconera.
Il secondo fattore è l’attuale assetto tattico, che costituisce a mio avviso l’altro limite della Juventus in Europa. Il sistema di gioco è tutto fuorché ininfluente. Il calcio è (anche) matematica. E’ fatto di raddoppi, superiorità o inferiorità a centrocampo, tempi di inserimento. Quando un giocatore subentra in campo in occasione di una sostituzione, la prima cosa che fa è comunicare ai propri compagni il sistema di gioco e la propria posizione in campo. Il sistema di gioco, identificato tramite una sequenza di numeri associato a determinate zone del campo, è il fondamento tattico del gioco del calcio, al di là di quanto dica qualcuno.
Come abbiamo già detto, in Champions League (e più in generale in Europa, poiché il discorso per quanto mi riguarda è estensibile anche all’Europa League) il livello tecnico e tattico, nonché la velocità di gioco, si innalza in modo sostanziale, ancor di più adesso con una serie A oggettivamente ridimensionata. Detto ciò, cosa significa in termini pratici? Che i punti di debolezza vengono enfatizzati dalla forza degli avversari.
Da questo punto di vista, il 352 bianconero è compatibile con l’Europa? In realtà, concentrarsi solo sulla difesa a tre è fuorviante. L’altra questione determinante è a che altezza far giocare gli esterni. Dato il sistema di gioco, infatti, si prefigurano 2 possibili scenari tattici:
- esterni bassi: molta densità difensiva, fase di non possesso con 5 in linea, difficilissimo farci goal. Così facendo però abbassi notevolmente le possibilità di ripartenze veloci, quasi impossibili da rendere efficaci con difese forti e ben organizzate. Anche perché, per rendere sensata tale tattica, devi ulteriormente abbassare gli attaccanti, in maniera tale da tenere la squadra corta e dare maggior possibilità di appoggio in fase di riconquista del pallone. E coerentemente, dici ai tuoi registi (Pirlo e Bonucci) di girare palla fino a far schiacciare la squadra avversaria, in maniera tale da non dare profondità e farti trovare meno volte possibile in situazioni di parità numerica in difesa.
- Esterni alti: squadra offensiva con set di possibilità di schemi di attacco elevato, ma esposta (troppo) contro attaccanti forti e veloci. In Italia adottiamo spesso questa impostazione accettando implicitamente, seppur in modo sporadico, situazioni di uno contro uno in difesa. Esemplificando, in Italia questo tipo di situazioni raramente porta a subire un gol, in Europa le probabilità aumentano.
In entrambi i casi (ribadisco, contro avversari di livello) parti a mio avviso ad handicap. O rinunci ad un’arma fondamentale nelle coppe (le ripartenze) o ti esponi troppo agli attacchi avversari, soprattutto all’esterno.
Inoltre, il considerevole aumento di velocità del gioco che caratterizza le competizioni continentali aumenta l’incidenza nella partita delle situazioni di transizione. Una squadra schierata con una difesa a quattro è secondo me più reattiva nelle transizioni difensive, poiché riesce ad assorbire meglio sia i lanci lunghi verso le punte, stringendo la difesa in una sorta di elastico orizzontale, sia le ripartenze veloci palla a terra per il fatto che gli esterni difensivi sono, in linea di massima, meglio posizionati. Viceversa, nel caso di transizione offensiva, i tre attaccanti in linea in caso di 433 oppure la boa centrale con i tre attaccanti a ridosso in caso di 4231, offrono una più naturale copertura di campo in fase di riconquista palla.
Chiudo con un ulteriore elemento di discussione. Il sottoscritto è fra quelli che ritiene che, fin dalla sua genesi, il 352 sia figlio della (corretta) convinzione di Conte di non aver esterni adatti al 433, piuttosto che una scelta voluta senza se e senza ma, al di là di quanto stato effettivamente detto. Certo il meccanismo ha funzionato, ma in Italia avrebbe funzionato comunque, se in rosa avessimo avuto calciatori adatti ed in quantità sufficiente al 433 (ogni riferimento agli esterni d’attacco è ovviamente voluto). Perchè non si è riusciti ad ovviare prima a tale fabbisogno, per esempio nell’ultimo mercato estivo? Perchè la società e Conte stesso hanno giustamente posto altre priorità e nel gioco della coperta corta è rimasto fuori quel “buco”. D’altro canto, non basta certo l’acquisto di un esterno offensivo per permettere un passaggio al 433 come sistema di riferimento. Occorre coprirsi come minimo con uno o più sostituti all’altezza, ammesso che fra i titolari ne serva solo uno.
Tutto quanto sopra detto è ovviamente una personale opinione, ma si fonda su quanto visto e sulla lettura di quanto già accaduto.
A questo punto, però, vorrei azzardare una previsione. A mio avviso, la Juve (e Conte) ha già deciso per il prossimo anno di “variare” il proprio assetto tattico di riferimento, abbandonando la difesa a tre e, con l’imminente rinnovo di Pirlo, rivolgendosi probabilmente verso quel 433 che abbiamo intravisto all’opera nella prima Juve dell’era Conte. La prox campagna acquisti, intendo quella estiva ovviamente, lo confermerà o smentirà.
D’altro canto, per concludere, mi preme ricordare che l’attuale Juventus guidata magistralmente dal tecnico salentino è un fantastico e vincente progetto in corsa, ormai giunto al suo terzo anno, ma per l’appunto non ancora compiuto. Quelli che stiamo vivendo sono ancora gli anni che Andrea Agnelli, al momento del suo insediamento alla Presidenza, ha individuato come gli anni di ricostruzione e di riappropriazione dell’identità juventina. In Italia ci siamo ripresi lo spazio ed il posto che ci compete. Adesso, con un assetto societario chiaro e definito, i conti ormai sotto controllo e fatturato e relativo budget in crescita seppur ancora non paragonabile alle big europee, una rosa di calciatori che permette di ragionare solo in termini di oculati upgrade e non più di rivoluzioni necessarie, è ora di guardare oltre confine.
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