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C’era DUE volte… Juventus e Mens Sana Siena

(prologo)

Eh sì, amici miei, non ho sbagliato. Le volte sono davvero DUE. “La storia si ripete”, ci dicono spesso, ma le coincidenze di queste “due volte” sono strabilianti.

E’ la storia di due squadre, la Juventus F.C. e la Mens Sana Basket, che nel 2011 fecero anche un incontro ufficiale, in occasione della Final8 di Coppa Italia di basket organizzata nel capoluogo sabaudo. Cos’hanno in comune, per me? Diciamo che per 40 anni (dall’età della “ragione sportiva”, i miei 4 anni, fino al giugno scorso) si sono divise equamente i ventricoli del mio cuore sportivo, cresciuto a pane, nutella, calcio e basket, ma che, da quest’anno, non continueranno a camminare insieme.

Sì, perché se la Juventus è stata vittima di un tentato assassinio (che l’ha infangata, e sappiamo come, spingendola in B, ma nel giro di 6 anni è tornata sul tetto d’Italia), l’uccisione della Mens Sana Basket è riuscita, è stata definitiva e sarà impossibile che in un tempo inferiore ai 40 anni (tanto è durata l’epopea della Mens Sana nel grande basket) possa ritornare ai livelli raggiunti nell’ultimo decennio, essendo stata rasa al suolo la struttura societaria e quasi fisicamente eliminate le persone che l’avevano condotta per anni.

I mandanti? Uno, nessuno, centomila.

La storia del 2006 la sappiamo bene, il ruolo dei media e del “fogliaccio rosa”, “candidamente” diretto. Quella del 2013 nasce dal dissesto, non definitivo, della Banca senese, sponsor del basket cittadino, e soprattutto dalla volontà (politica) di chiudere col basket a Siena.

I punti di contatto? Due.

Il primo, gli antagonisti (o, per meglio dire, coloro che pensavano di non vincere per colpa di fattori esterni, spesso “oscuri” e non per propria incapacità), entrambi milanesi ed entrambi con una sorta di “talpa” nel’ambiente che vinceva (inutile ricordare il ruolo di Guido Rossi nelle dinamiche “elkaniane” e il tifo per l’Olimpia Basket della famiglia di Fabrizio Viola, direttore generale della Banca, che “ha tolto la sedia da sotto il sedere” al basket senese), guarda caso anche analogo il ritardo di successi “sul campo” (1989-2006 per il “cartone” a tavolino, 1996-2014 per lo scudetto dell’Olimpia vinto – perché è uscito un tiro da 3 in gara6… – contro i resti di una squadra saccheggiata (coach e tre giocatori base) e senza futuro.

Il secondo, una mera coincidenza: durante Calciopoli (2006) il Presidente del CONI era colui che, nel febbraio 2013, assunse la presidenza della FIP, e che, il 6 giugno 2013, sempre per coincidenza, dichiarò, mentre la Mens Sana Basket stava per vincere contro Roma (lesa maestà…!) il suo ottavo (settimo consecutivo) ed ultimo scudetto, “Non esiste una Federazione che possa trarre giovamento dal dominio di una sola squadra per molti anni, la gente si allontana“.

(la storia)

Nel (2005/2013), in uno dei maggiori campionati professionistici maschili, quello di (calcio/basket), una squadra aveva instaurato una sorta di dittatura. Aveva vinto (6/8) degli ultimi (11/10) titoli nazionali ed anche in Europa si era fatta onore, arrivando per ben 5 volte all’ultimo atto delle due maggiori competizioni europee, vincendo però un solo titolo, forse più per volontà contraria degli dei del (calcio/basket) e qualche fischio “sfortunato” che per effettivi demeriti della compagine. Sia gli avversari che, addirittura, la proprietà non vedevano di buon occhio questa striscia di successi (al contrario, invece, all’estero il club veniva portato ad esempio come modello), perché però non sempre chi porta a casa i risultati riscuote simpatia (peraltro venendo corteggiato dalle squadre avversarie, che, riconoscendo i suoi meriti, avrebbero fatto carte false per metterlo sotto contratto).

Gli avversari principali, che da oltre 15 anni avevano vinto niente o quasi e che avrebbero volentieri messo le mani sui principali talenti (Ibra-Vieira/Moss-Hackett) della squadra “dittatrice”, oltre a voler “vincere facile”, avrebbero voluto approfittare della demolizione pezzo per pezzo e poi dell’assenza del maggior antagonista, messo in ginocchio anche sul piano economico e finanziario.

Così, la proprietà, mentre la squadra ed i suoi manager subivano un attacco giudiziario senza precedenti, prese le distanze dalla vecchia dirigenza ed anzi avallò le tesi dell’accusa, preferendo una retrocessione (che avrebbe consentito di riprendere in mano il controllo della società sportiva) ad una battaglia giudiziaria (ricorsoTar/spin-off) che non sarebbe stata ben vista dalla Federazione (ovvio, no?) e che invece avrebbe consentito il mantenimento del titolo sportivo in A e in Europa, al massimo con qualche piccola penalizzazione (punti in classifica/bilancio).

Il tutto condito da ampie rassicurazioni della nuova dirigenza con funzioni liquidatrici (Cobolli/Bianchi), che mentivano (“faremo tutto il possibile….!!!”) sapendo di mentire alla tifoseria ed a chi aveva a cuore le sorti della squadra. E, soprattutto, senza mostrare alcuna riconoscenza verso chi per 12/20 anni l’aveva portata sul tetto d’Italia ed a competere con le migliori squadre europee.

Le accuse mosse a (Moggi/Minucci) erano infamanti e costui fu abbandonato da tutti, in primis dalla “casa madre”, in balia del suo destino, come se fosse un nuovo “mostro”, e chi prese il suo posto di proclamò come portatore di valori a suo dire dimenticati dalla precedente dirigenza e proclamando l’inizio di una nuova era.

Il tempo ci ha detto che Moggi non era il mostro dipinto nel 2006; chissà se tra qualche anno ci diranno che il comportamento di Minucci non differiva più di tanto da quello dei suoi colleghi; io, dovessi scommetterci un euro, ce lo giocherei…

(epilogo)

Giunto alla fine di questo mio “vaneggiamento”, amici cari, vorrei però tranquillizzarvi. Se anche per un solo momento avete creduto a “gomblotti” e “oscuri disegni”, sappiate che è stata solo la mia arte nell’eloquio a farvi sembrar vere cose false. La realtà è un’altra, quella riportata nel tweet qua sotto.

Si drogava solo la Juve. Telefonava solo Moggi. Pagava in nero solo la Mens Sana. Devo essere io che porto sfiga.

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