L’abbiamo buttata via. Questo è il sunto della partita andata in scena nel salotto buono degli sceicchi “quatarioti”. Non vi sono altre parole per esprimere il sentimento che tormenta gli juventini da ieri sera. Perché se segni il gol del 2-1 nel secondo tempo supplementare, la partita DEVE terminare lì; non può e non deve esserci spazio per ulteriori sviluppi. Se ai rigori finali Buffon ne para tre, regalando due match point ai compagni e questi non ne approfittano, allora il destino cinico del calcio ti volta le spalle e, giustamente, ti condanna alla sconfitta.
E dire che la partita si era messa subito bene per la squadra di Allegri, con il solito Tevez bravo a sfruttare un gentile omaggio della tutt’altro che imperforabile difesa azzurra e portare in vantaggio i suoi già al 4’. Tatticamente non poteva esserci inizio migliore, perché, da un lato, il Napoli sarebbe stato costretto a fare la partita, qualità non esattamente nelle sue doti; dall’altra, la Juve avrebbe potuto gestire l’incontro, evitando di concedere spazi alle micidiali ripartenze partenopee.
Come volevasi dimostrare, la compagine di Benitez trovava numerose difficoltà ad impensierire la difesa bianconera che, seppur a volte con estrema leggerezza, riusciva a neutralizzare Higuain. L’unico pericolo del primo tempo, non a caso, arrivava da un’iniziativa individuale di Hamsik che calciava dal limite, colpendo il palo “grazie” ad una deviazione involontaria di Chiellini.
La sensazione era quella di una Juve col braccino corto, nel senso che, se avesse voluto, avrebbe potuto prendere a pallate la retroguardia napoletana, ma, complice la deficitaria condizione fisica (del tutto normale per carità) di questo periodo, e, perché no, il pensierino alle vacanze che iniziano oggi, il team di Allegri si limitava al minimo sindacale.
Nella ripresa questo atteggiamento, però, veniva pagato a caro prezzo perché il Napoli rientrava sul terreno di gioco decisamente più convinto, alzando il baricentro e creando due pericolosissime occasioni da rete, prima del pareggio: la prima di Callejon – nata da una palla persa a metà campo che innescava il contropiede avversario – che calciava di poco a lato; la seconda con Higuain che colpiva il secondo legno della serata con uno splendido pallonetto.
Il meritato pareggio del Napoli arrivava poco dopo, grazie (aridaje!) ad una doppia leggerezza dei giocatori juventini; in particolare, Vidal si ”avventurava” in un inutile colpo di tacco a centrocampo che lanciava De Guzman sulla fascia sinistra, quest’ultimo arrivava sul fondo indisturbato e crossava in mezzo dove Chiellini, commettendo il più grave degli errori che un centrale possa compiere, saltava a vuoto, lasciandosi scavalcare dal pallone che l’attaccante argentino napoletano doveva solo spingere in rete di testa da due passi.
Il gol dell’1-1, se non altro, aveva l’effetto di scuotere i giocatori di Allegri che prendevano decisamente in mano le redini della partita, con l’avversario che, pian piano, spariva dal campo. Arrivavano, così, due azioni nitide (Vidal e Tevez) non sfruttate per imprecisione e si andava ai supplemnetari, durante i quali il copione non mutava.
La Juve, adesso, schiacciava decisamente sull’acceleratore e le occasioni da gol fioccavano fino alla perla dell’immenso Tevez che sembrava mettere la parola fine alla partita. Ed invece no; di nuovo la compagine bianconera si abbassava pericolosamente, lasciando campo al Napoli che, se non ne approfittava subito, era soltanto grazie al miracolo di Buffon su Higuain prima, ed all’uscita fuori area dello stesso portiere su Callejon poi.
Al minuto 117, la frittata: una palla vagante in area non liberata dai due centrali veniva arpionata ancora una volta dal formidabile centravanti azzurro che infilzava la porta bianconera per la seconda volta.
Meglio sorvolare su quanto accaduto alla lotteria dei rigori, perché, come innanzi detto, con due possibilità di vincere gettate alle ortiche, è “giusto” che il risultato finale ti veda sconfitto.
Una postilla. Se al 16 luglio, dopo lo “tsunami” sportivo che sconvolgeva l’assetto della panchina bianconera, qualcuno avesse previsto questo stato di cose alla vigilia della pausa natalizia (primo posto ed ottavi di champions, sconfitta in supercoppa), moltissimi tifosi avrebbero firmato col sangue. Al di là dei dati statistici, è d’obbligo un elogio ad Allegri, accolto fra lo scetticismo (e gli insulti) generale che, con umiltà ed intelligenza, non ha stravolto da subito il giocattolo perfetto ereditato da Conte.
Ha saputo individuare il momento, ovvero la partita decisiva con l’Olympiacos (c’è voluto anche un grandissimo coraggio), nel quale modificare l’assetto tattico della squadra con il cambio di modulo ed il passaggio al 4-3-1-2. A tutt’oggi, la Juve mantiene l’attacco più prolifico e la difesa meno battuta in seria A (la seconda tra i maggiori campionati europei).
Non c’è stato un solo avversario, malgrado dalle parti di Trigoria non vogliano sentir ragione, che possa dire di aver dominato sul piano del gioco la squadra juventina; i passaggi a vuoto (Sassuolo, Genoa, Atene, in parte Madrid) sono da attribuirsi più a demeriti nostri che ad effettivi meriti degli altri, elemento questo spesso sottovalutato dai più.
La sosta capita al momento giusto, servirà a ricaricare le batterie in vista del finale del girone d’andata e, soprattutto, ad affrontare (si spera) nel modo migliore il Borussia Dortmund.
Buone feste a tutti.
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