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Juventus – Porto 1-0: Elogio della noia

Quando nel Novembre del 1974 i Genesis pubblicarono il doppio album “The lamb lies down on Broadway” qualcuno, non ricordo esattamente se un critico inglese o italiano, definì il doppio album come una sorta di grande Elefante Bianco.
In poche parole, era un bellissimo concept album, con una splendida storia partorita da quella mente geniale di Peter Gabriel e delle fantastiche musiche composte da Banks, Collins, Hackett e Rutherford però… però c’era qualcosa che non andava: forse la durata eccessiva, forse una certa pesantezza che si faceva largo man mano che si procedeva con l’ascolto, fatto sta che molti cominciavano ad ascoltare il disco con entusiasmo per arrivare con molta fatica alla fine.
Come a dire, tante buone intenzioni, tanta forse troppa musica (bellissima) per una complessiva indigestione sonora, quasi come se alla fine la montagna avesse partorito a fatica un topolino.

Ma perché parto dai Genesis per parlare della partita di stasera?
Allora, premettendo che “The lamb lies down on Broadway” è il loro album che preferisco (e se casomai non l’aveste ascoltato provvedete subito a farlo, ‘gnoranti!), devo dire che poco fa mentre tornavo dal bar dopo aver visto la partita mi è tornato in mente pensando a questa Juve: una bella Juve, una squadra che esprime un ottimo calcio, solida, concreta, a tratti spettacolare ma… ma incredibilmente poco prolifica, una squadra che quando arriva in area di rigore avversaria diventa un vero e proprio grande elefante bianco, impacciato, inconcludente, a tratti dannoso.

Anche stasera un gol a fronte di tante occasioni che i giocatori potevano sfruttare meglio: otto? Nove?
Più o meno, non sono stato a contarle nel dettaglio, fatto sta che non sono state poche le volte in cui è mancato quel pizzico in più di convinzione per buttare la palla in rete, e così anche stasera un provvidenziale quanto netto fallo di mano di Maxi Pereira con conseguente calcio di rigore segnato da Dybala ha permesso alla squadra di concretizzare la propria superiorità.
Intendiamoci, il Porto non è manco un lontano parente delle squadre mediocri e sopravvalutate che incrociamo nel campionato italiano; è una squadra vera, quadrata, ben messa in campo e capace di esprimere un buon calcio e non è facile batterla.
Noi ci siamo riusciti, non senza qualche grattacapo, all’andata e stasera, alla fine di due partite non esaltanti ma che hanno rappresentato un buon banco di prova per le nostre ambizioni: si, va bene, ci capitasse qualche squadra ben più blasonata, tipo Bayern Monaco, Real Madrid o Barcellona dovremmo fare molto di più, ma va detto che anche per gestire le partite, addormentarle, indirizzarle su binari più tranquilli senza grossi scossoni ci vuole del talento.
Non è obbligatorio per forza cercare il calcio champagne per 95 minuti, anche se questa squadra sa essere spettacolare quando vuole, quanto porsi un obbiettivo concreto e cercare di raggiungerlo: volevamo centrare il passaggio del turno (siamo un po’ più ambiziosi di coloro che si accontentano di andare in vantaggio al Bernabeu o di uscire a testa alta dopo aver preso 6 gol in 2 partite), abbiamo studiato l’avversario, controllato, dominato e poi annientato.
Non male direi, non molto spettacolare, a tratti pure soporifero come spettacolo ma venerdì in tarda mattinata saremo lì a Nyon, insieme alle altre 7 grandi del calcio europeo.
A me importava questo, le grandi emozioni mi sono bastate ed avanzate lo scorso anno contro il Bayern Monaco.

Comunque, tornando alla partita, rimane davvero l’unico cruccio della mancata concretizzazione delle tante palle gol, reali e potenziali, quasi come se sul più bello arrivasse una sorta di forza invisibile a togliere ai ragazzi la giusta concentrazione necessaria per compiere l’ultimo sforzo, ma fino a quando riusciamo a portare a casa la pagnotta non mi lamenterò mai.
Che partita è stata?
Sacchi l’avrebbe definita ostica e anche agnostica, una partita dove la squadra ha sofferto un po’ nel primo tempo il prolungato possesso palla del Porto, almeno fino alla prima mezz’ora quando piano piano ha spostato il baricentro in avanti ponendo le basi per quella che è stata l’azione del rigore poi trasformato da Dybala: prima un colpo di testa di Mandžukić, poi Dybala che non c’arriva su un cross delizioso di Higuaín, poi dai, picchia e mena Higuaín costringe al bagher sotto porta Maxi Pereira. Rigore ed espulsione sacrosanti, gol e partita in discesa.
Il secondo tempo poi è stata una sorta di ordinaria amministrazione; spazio a Pjaca, impiegato sempre più spesso da Allegri che crede in lui (io no ma se lui è l’allenatore della Juventus e io un semplice tifoso un motivo ci sarà), in luogo di un Cuadrado un po’ nervoso nel primo tempo (diciamo che con quel fallo un po’ ha rischiato ma facciamolo sottovoce, sennò Galliani si arrabbia e manda Donnarumma nei nostri spogliatoi armato di Uni Posca), qualche occasione da gol ovviamente non sfruttata, un Higuaín non in serata ma soprattutto un paio di svarioni difensivi che hanno messo i giocatori del Porto davanti alla porta (ignobile gioco di parole, chiedo venia) e che, in particolare il primo, potevano riaprire la partita.

Ecco, la difesa non è stata molto convincente stasera: cioè, poche sbavature, Bonucci ottimo in entrambe le fasi, buona partita di Alex Sandro, però quei due errori di Benatia prima e di Barzagli poi fanno un po’ storcere il naso, e neanche poco.
Poi c’è Dani Alves: sarò sincero, a lui non mi abituerò mai; forse è troppo per noi, forse è troppo abituato a dialogare con giocatori come i suoi ex compagni del Barca e pensa che certi automatismi e certe intuizioni le possano avere anche i suoi attuali compagni, fatto sta che le licenze che si prende non mi lasciano mai tranquillo.
Sarà anche perché 5 anni di Lichtsteiner mi hanno abituato alla regolarità, seppur unita a una percentuale di precisione nei cross prossima allo zero assoluto, e quindi a una certa tranquillità, ma di punto in bianco vedere un Dani Alves anarchico, che si accentra, cerca lo scambio nello stretto con Dybala, rischia la giocata che potrebbe causare un contropiede avversario, mi fa prendere qualche paura di troppo anche se poi vedo le palle che fa giungere in area e penso come quel bambino di una vecchia pubblicità: “Ehi papà, guarda, un cross!”.
Sugli altri, un discorso a parte lo merita Dybala, sempre più colpito dal morbo di Mandžukić e prossimo a diventare un bel tuttocampista (prodigioso il recupero a fine primo tempo davanti la nostra area di rigore), ottime giocate nello stretto, avversari seminati, tanta grinta e voglia di lottare, veramente da applausi la prova di stasera!
Infine, buona partita di Marchisio: è una stagione particolare questa, non si riprende alla svelta da un infortunio pesante come quello che ha subito lo scorso anno, ma ha bisogno di giocare e stasera, a parte qualche imprecisione nel primo tempo, è sembrato in netto miglioramento rispetto alle uscite di qualche settimana fa.
Ah, last but not least, solita grande prova di Khedira a centrocampo.

In conclusione, missione compiuta.
Lo ripeto, siamo diventati una grande squadra, ancora un po’ goffi e a tratti elefantiaci, ma arriviamo a metà marzo con i piedi, o le zampe, in tre competizioni e con la voglia matta di andare più avanti possibile dappertutto.
Primi in campionato, con la semifinale di andata in Coppa Italia conquistata con pieno merito, tra le prime otto squadre in Europa.
Non male, altre squadre la farebbero diventare come una grande impresa, per noi è solo un primo passo e come sempre sta qui la differenza tra noi e loro.
Keep the faith alive e forza Juve!

PS. Ringraziamo vivamente la S.S.C. Napoli e la A.S.Roma per il loro brillante, spettacolare e meraviglioso (per noi) cammino in Champions League; grazie alle loro grandissime imprese, come farsi segnare 3 gol in casa dal Porto o andare in vantaggio al Bernabeu, ora rimaniamo da soli nella competizione e ciò vorrà dire tanti bei soldini in più per noi.
Per la gioia dell’ex direttore di banca che potrà continuare a puntare il dito sulla differenza di fatturato e per quella dei dirigenti della Roma che salveranno baracca e burattini con un Pjanic bis.

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