Le ho tutte qui di fronte a me. Me le ricordo tutte. Da Belgrado fino a Berlino. Una vita, 42 anni di rincorsa al trofeo che segna, piaccia o non piaccia, la storia della Juve da quando la Juve tiene a questo trofeo.
Mentre a Madrid si dominava, a Torino non si era capito un accidente. Mentre i Di Stefano, Puskas e Gento facevano collezioni, i Sivori, Charles e Boniperti si infastidivano di dover andare fino a Vienna e le batoste erano aritmetiche (nel senso che si toccavano i 7 gol subiti).
Le ho qui davanti, tutte. L’Ajax che ci dà 3 minuti di vita, troppo più forti, troppo inesperti noi. L’anno prima avevano saccagnato (randellato per i non torinesi!) l’Inter salvato da una lattina, Crujiff e combriccola. Stesso trattamento riservatoci con Rep giustiziere. Così le nostre donne imparano a dire che i biondoni olandesi sono belli!
Andiamo ad Atene. Nel senso che ci vado pure io, insieme ad altri 50 mila juventini. In un’annata strepitosa, dopo avere insegnato agli inglesi a giocare a calcio, con la squadra forse più forte della nostra storia, incappiamo nel tiro della domenica di tal Magath. Mi torna in mente don Abbondio: “Magath, chi era costui?”. Ironia della sorte, l’Amburgo viene abbinato 2 stagioni dopo ai prescritti in Coppa U.E.F.A. ed una delegazione di infami attende l’aereo dei tedeschi sulla pista di Linate, per consegnare una targa ricordo proprio a Magath. Della serie, quando si è bastardi, lo si è per DNA.
Finalmente a Bruxelles si rompe il ghiaccio. Ma a quale prezzo. 39 morti, 600 feriti, la follia degli Hooligans sulla gente inerme, 4 belgi, 2 francesi ed 1 irlandese. Altro che juventini, come quei 3 interisti che accompagnavano gli amici per una serata di festa… Viola, prendete appunti, se sapete leggere.
Un decennio trascorre, anni bui, la Juve che non si ritrova, Boniperti saluta, il dottor Umberto prende le redini, Lippi arriva, con lui Giraudo, Moggi e…Bettega. A Roma c’è di nuovo l’Ajax, tutt’altra roba da quello di Belgrado. A noi resta compagna la sfiga: vinciamo è vero, ma ai rigori, una partita che qualsiasi altra squadra avrebbe vinto 4 a 0, per come si era svolta la partita. Là in curva sud, sperimento come si faccia a dimagrire 3 kili in 2 ore. É la legge della “bestia nera”, della coppa maledetta.
Perchè a Monaco solo la Juve poteva perdere contro la “casa di riposo” Borussia Dortmund. E solo la Juve poteva farsi “matare” dal Real Madrid più brutto della storia, con un gol in fuorigioco e del Piero che si infortuna: 3 finali consecutive, come il Liverpool, il Bajern, l’Ajax, ma una sola vinta e vaffa…
A Manchester fanno il tifo per noi. Sanno che siamo più forti del Milan di Sheva. Ma ci ha pensato Meier, mediocre arbitro svizzero, a costringere Nedved ai box. A Manchester non lo sanno, ma noi sì. E finisce col solito culo milanista e la solita sfiga juventina, con Dida che a momenti arriva sul dischetto del rigore sotto gli occhi del solito arbitro imbecille.
E quando mai vedremo un’altra finale, si pensa ai tempi di Calciopoli. Eppure la sofferenza ci ha reso più coriacei, più affamati, più juventinidimmerda. E andiamo a Berlino. Il Barça ci sovrasta, ma resistiamo. Cakir è un turco levantino, che conosce bene da quale parte tiri il vento e Pogba gioca nella Juve, dunque Dani Alves ha sempre ragione (mi sono chiesto un sacco di volte come mai ora che è da noi a nessuno venga in mente di sentire a proposito il suo parere: i giornalisti hanno la memoria corta o sono di parte, che poi è la stessa cosa). Sul rovesciamento di fronte di un rigore solare, la notte si fa nera. Tutto previsto, i catalani sono più forti, la Juve mostra le lacune. Ma quell’arbitro piccino picciò, giallo di maglia e di livore, lui e la Cappadocia…
Le ho tutte qui davanti e mi seguono. Mi sghignazzano sul muso, mi fanno gestacci da curva. Perchè mai che a noi capiti la Dinamo Bucarest in finale. O l’Ajax di 18enni, col latte che pende ancora dalla bocca. A noi non capita che una punizione sbagliata incocci in un Inzaghi distratto e vada dentro, in pieno dominio avversario.
Ma ha da finire, anzi è il calcolo delle probabilità che lo dice. Siamo convinti che valiamo, esperti il giusto, cazzuti come non mai, con alcuni che possono fare male, ma tanto male. Sono convinto che a Madrid ci temono. E che avrebbero fatto carte false per incontrare il Monaco. Ci siamo noi, compadres, e del viola malva di Castiglia, ce ne fottiamo.
Non mi si chieda di formazioni e di tattiche, di attendere le conferenze stampa, di leggere tra le righe delle dichiarazioni. Tempo perso, roba da tiratardi la sera al bar del paese. Le finali non si giocano, si vincono. Con la fame dei lupi che escono dalla tundra nell’inverno più gelido di sempre. Le finali si azzannano come i leoni che affondano i canini nella carne dell’impala. Non ci riguardano i CR7 e i Marcelo. Noi c’abbiamo MM17 e l’altro Omar in divenire. BBC contro BBC. In porta si potrebbe fare la differenza, tra un monumento e un progetto di portiere.
Null’altro da dire. O forse un’infinità di cose, ma me le tengo dentro. Come polvere pirica pronta ad esplodere, nella notte torinese, costringendo i granata a smadonnare per il casino. Che stiano svegli , che diamine. Appuntamento a loro a Grazzano Visconti (PC) il giorno 3 per il festival del gufo.
Ora è acclarato: entro in quarantena da stasera. Che il risveglio sia dolce come un’aurora in Galles.
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