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Juve Roma : Gaudeamus Igitur

Tre a zero. La perifrasi dei vecchi tempi, in questo caso, era risultato rotondo. Certo, forse il laccio della scarpa di Vidal poteva essere non regolamentare e Castan aveva i guanti per cui, effettivamente, il fallo di mani poteva non essere fischiato ma, al netto dei solitiaiutinidellajuvecheruba, credo si possa definire la vittoria di ieri come schiacciante.

La squadra bianconera è stata infatti superiore in tutto. Sul piano del gioco, dell’approccio, della gestione tecnico-tattica della gara (che Dio ci conservi Conte), della gestione nervosa di una partita di cartello. Su tutti questi livelli, prima o dopo, la Roma è crollata mentre parallelamente la Juve si ergeva a padrona del match. A dir la verità, in alcuni aspetti la squadra e la società giallorossa ha perso fin da prima di entrare in campo, ma questo è un altro discorso che magari affronteremo in un’altra occasione.

Enunciate le doverose premesse, la partita ha avuto un’evoluzione che, ci giurerei, era esattamente quella studiata da Conte e dalla squadra bianconera. I primi quindici minuti la Roma ha effettivamente preso in mano il pallino del gioco e la palla è prevalentemente rimasta nella metà campo di Buffon, ma la mia impressione è che Conte ed il suo staff abbiano scientemente scelto tale approccio per limitare a zero le possibilità di ripartenze della Roma e non fornire alcuna profondità ai veloci attaccanti giallorossi ed alle incursioni di Pjanic e Strootman. Garcia così l’aveva preparata, chiedendo agli attaccanti esterni di stare larghi per aprire la difesa a tre, Totti ad impostare e ad attirare fuori area un centrale difensivo per creare così quanti più spazi possibile per le penetrazioni a supporto dei giocatori romanisti.

Conte ha risposto nel modo più naturale. Aspettando la Roma in fase di non possesso e chiudendo ogni spazio disponendosi a cinque sulla linea difensiva, quindi gestendo palla in fase di possesso fino a quando la Roma era tutta nella propria metà campo. D’altro canto, l’allenatore salentino sapeva benissimo che sarebbe stato difficile ripartire con azioni d’attacco efficaci contro una squadra organizzata difensivamente in modo ottimo come la Roma e partendo con gli esterni schiacciati sulla linea dei difensori.

La qualità della fase di attacco juventina contro la difesa schierata romanista ha fatto il resto. Conte sa bene che con i nostri centrocampisti e quei due là davanti, anche rinunciando alle transizioni offensive, in questa annata finora magica (sic!) abbiamo ottime possibilità di scardinare qualunque difesa, almeno nei confini nazionali.

La partita si è svolta dunque lungo i binari studiati da Conte ed il suo staff. Dopo un pericolo iniziale arginato da Chiellini e Buffon nell’unica occasione in cui la Juve ha concesso velocità e profondità di manovra alla Roma, al 17’ Tevez ha aperto la difesa beffando la marcatura di Castan e liberando Vidal che con la sua solita, incredibile intelligenza ha prima trovato un varco entro cui inserirsi per poi freddare con la sua solita, incredibile, freddezza sottoporta il portiere avversario (a proposito, com’è che si chiama?).

La reazione della Roma è stata perfettamente assorbita dalla Juve che, forte del vantaggio acquisito, ha preso pian piano possesso dei tempi della partita. In apertura di secondo tempo, il gol di Bonucci con assist di Pirlo su calcio piazzato ha chiuso il match e schiantato la Roma.

Le due successive espulsioni e il terzo gol subito su rigore di Vucinic dalla squadra giallorossa sono la naturale conclusione di un match (e di un pre-match) fra due squadre che ancora, fortunatamente per noi, sono lontane in termini di maturità tecnico-tattica e mentalità. La cosa che più fa impressione e che rende ancor evidente il gap fra le due compagini è che a tradire la Roma siano stati gli elementi con più esperienza. La Roma ha finito la partita in 9, con la Juve che non ha voluto affondare ulteriormente. Cosa altro aggiungere?

Forse una cosa. Visto che nel frattempo mi è tornato in mente il nome del portiere giallorosso, tal Morgan De Sanctis, permettetemi una forse noiosa chiosa finale. Caro Morgan, lei ha proprio ragione. La Juve gode di un Sistema che le permette di essere entro i confini nazionali “ancora più forte di quanto essa già non sia” (citazione sua). Chiamiamolo Sistema Italico. Questo sistema è (è stato) composto da Massimo Moratti che, a capo di una delle società più prestigiose del calcio italiano, ha dilapidato con una gestione dissennata la capacità competitiva dell’Internazionale FC; dai mecenati che fino all’altro ieri hanno gestito le squadre romane portandole alle soglie del fallimento e che per questo dovevano fare la stessa fine di Fiorentina e Napoli costrette a partire solo pochi anni fa dalle serie minori; tralascio l’altra squadra di Milano, gestita da un leader politico e da un amministratore delegato, che è stata l’unica società ad essere effettivamente competitiva ma su cui ci sarebbero comunque tante cose da dire. Chi altri è rimasto? Questo Sistema Italico, che ha in questi anni premiato società sempre gestite solo ed unicamente con ottiche di breve periodo, ha effettivamente permesso alla Juve di avere un ottimo margine di competitività per gli anni a venire. Proprio quel margine di competitività che ha provato lei sulla sua pelle ieri sera dovendosi chinare per tre volte in fondo al sacco per raccogliere il pallone e dovendo imparare a contare fino a otto per comprendere il valore numerico della distanza che separa oggi la prima in classifica dalla seconda. Tutto ciò, nonostante un piccolo e insignificante tentativo di destabilizzazione subìto proprio dalla Juve, società che da anni, oltre un ventennio, si è mossa con una logica di programmazione e di medio/lungo periodo. Quel tentativo è conosciuto dai più con il termine di farsopoli.

A noi, perfidi rubentini gobbi capaci di definire e ordire le trame di tal Sistema Italico, non ci resta che raccogliere i frutti di tale sapienza. Ora e, si spera, negli anni a venire. Gaudeamus, igitur.

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