Fino a questo momento le analisi sugli stravolgimenti di mercato in casa Juventus si sono sprecate. Un po’ tutti attendevamo, prima o poi, una rivoluzione che avrebbe portato grosse novità come quella avvenuta non più tardi di qualche mese fa. Certo non tutti avevano pronosticato un cambiamento così drastico, così radicale e profondo da sconvolgere gli equilibri di un campionato in cui le gerarchie sembravano consolidate ed al massimo si sarebbe potuto prevedere un leggero livellamento tra le prime due tre squadre, con la Roma ad insidiare quella specie di corazzata inaffondabile a strisce bianconere.
Si dirà che il campionato è lungo e che ci sono i margini per recuperare, anche se certamente vanno rivisti gli obiettivi e dopo un un grosso bagno di umiltà da parte di tutti va riconosciuto che, alla luce della situazione odierna, arrivare al terzo posto sarebbe il risultato migliore possibile. Questo perchè in estate sono stati commessi alcuni errori abbastanza gravi, il più importante dei quali era anche il più prevedibile. Cedere (o regalare) elementi come Pirlo, Vidal, Tevez, anche Llorente, nel giro di pochi giorni ha significato depauperare quel patrimonio di personalità che aveva rappresentato la base dei successi passati.
I calciatori che nelle intenzioni della società avrebbero dovuto parzialmente colmare il vuoto lasciato dai campioni in partenza sono Khedira e Mandzukic che per motivi prevalentemente fisici non hanno ancora potuto esprimersi con continuità. E’ stato smontato e ricostruito il reparto che aveva rappresentato il vero “segreto” dei trionfi di Conte ed Allegri, il centrocampo, consegnando in via definitiva le chiavi del gioco a Marchisio (anche lui preso di mira dagli infortuni) ed investendo l’ancora acerbo Pogba di responsabilità che evidentemente non è ancora in grado di sostenere. Per mesi mesi è rimasta irrisolta l’incognita legata al trequartista ed è stato poi preso Cuadrado, giocatore perfetto per il 4-3-3. A quel punto è stato però ceduto anche Coman ed è stato acquistato Hernanes, soluzione che – per bocca dello stesso Marotta – non ha rappresentato altro che un ripiego.
Detto ciò è però altrettanto vero che, vista la qualità dei componenti in rosa, l’attuale dodicesimo posto è a dir poco un fallimento e dalla fine del mercato sono passate diverse settimane. Troppe sconfitte, qualche attenuante, qualche buona partita, soprattutto molte delusioni. A questo punto, come è inevitabile che sia, c’è un uomo sotto osservazione. Massimiliano Allegri (pur difeso a oltranza anche da queste pagine) ci sta mettendo abbondantemente del suo ed è stato proprio lui il primo a fare mea culpa (a differenza dei dirigenti a mio avviso ancora i principali “artefici” di questa situazione).
Fino ad oggi il tecnico livornese non è riuscito a dare un’identità precisa alla squadra, un modulo di base, uno schieramento a cui affidarsi nei momenti di difficoltà. Gli infortuni sono una giustificazione molto labile poichè nei momenti di emergenza sono state compiute scelte scervellotiche tra cui spicca il Padoin regista delle prime uscite a cui sarebbe stato preferibile davvero chiunque altro. Il doversi affidare a tutti i costi a tre centrocampisti, avendo a disposizione gli uomini per un 4-4-2 scolastico e probabilmente prevedibile, ma certamente più solido con due uomini davanti alla difesa, è stato un altro errore da matita blu.
Ma ora è finito il tempo degli esperimenti, è finito il tempo dei tentennamenti, è finito il tempo delle paure, è finito il tempo dei facili alibi che a dire il vero si sono creati più i tifosi che la squadra. Siamo una squadra che subisce poco, vero, ma concedere un tiro facile a certi livelli equivale al 90% a prendere gol. Tiri facili che gli avversari non concedono a noi, perchè i nostri duemila tiri a partita (per le statistiche precise bussate altrove) sono per la maggior parte conclusioni di scarsa qualità, derivate da azioni estemporanee e giocate del singolo. Le difficoltà aumentano anche perchè non c’è uno specialista dei calci piazzati se non Dybala, che però in questa materia deve ancora andare a scuola per parecchio tempo.
Allegri è stato messo nelle condizioni di fallire su un terreno in cui aveva già dimostrato tutti i suoi limiti. Privato dei punti di riferimento tecnico-tattici anche al Milan faticò a raggiungere il terzo posto e venne tacciato di incompetenza. Chissà, magari un domani, dopo “gli avevano venduto Ibra e Thiago Silva” si arriverà a dire “gli avevano tolto Tevez e Pirlo” con la differenza che per i primi due il Milan incassò 65 milioni di euro mentre la Juventus per due fenomeni assoluti ha incassato una stretta di mano vuota e tanta riconoscenza.
Ora, senza fare troppi ragionamenti, è arrivato il momento di tirare fuori gli attributi, se si possiedono. Tutti. Di mostrare unità di intenti, coesione, spirito di gruppo, solidità mentale e lucidità nelle scelte. Perchè la Juve gioca un derby per una volta fondamentale dal punto di vista della classifica più che del prestigio. Sono anni (decenni?) che i granata non ci guardano dall’alto e questo non è un problema di per sé, purchè non si trasformi in una fastidiosa abitudine, nell’abitudine di giocare un derby capovolto.