Sofferta vittoria della Juventus allo Stadium di fronte alla migliore Udinese della stagione, rivitalizzata dal cambio di allenatore. Di grande importanza i 3 punti comunque incamerati, dopo una gara che ha racchiuso in sè tutte le complicazioni che possono sommarsi su un campo di calcio.
Chi da ragazzino ha giocato a Monopoli sa che cosa sono i mazzetti delle “probabilità” e degli “imprevisti”. Ebbene alla vigilia del turno di campionato sembrava che Allegri pescasse sempre nel mazzo degli imprevisti. Dapprima l’indisponibilità di Bonucci per le note vicende familiari, poi il risentimento alla coscia di Chiellini in rifinitura mattutina, fino alla dissenteria che colpisce Pjanic già praticamente all’arrivo allo stadio (Bonucci costretto a essere convocato). Per non dimenticare dei voli transoceanici dei sudamericani…
Il tecnico bianconero si trova a disegnare e ridisegnare la squadra da far scendere in campo, assommando due contingenze di non poco conto: gli infortunati e la trasferta di Champions di martedì prossimo a Lione.
La stagione è fatta anche di questi momenti, provare per credere. Messaggio per chi pensa che alla Juventus sia tutto dovuto e scontato.
La scelta del mister si indirizza verso un 4 – 4 – 2 con Barzagli e Benatia centrali e Lichtsteiner ed Evra laterali. In mezzo al campo lo scheramento è a dir poco temerario: la coppia Hernanes – Lemina è un azzardo da Las Vegas; oltretutto Cuadrado e Alex Sandro (in una posizione di mezza ala che lo fa ammattire) le studiano tutte per complicare le cose. Dybala e Mandzukic sono i terminali.
Come prima e ovvia conseguenza è la manovra a risentirne. L’Udinese si limita a controllare, non disdegnando di gestire il pallone, mai attaccata in un pressing degno di tale nome. Si vedono solo sgroppate palla al piede di Dybala di dubbia utilità e sbattimenti di Marione contro il muro friulano. Se poi il croato getta alle ortiche un pallone forse più facile da buttare dentro che da tirare in curva sud, la regola non scritta del “rete mangiata, rete subita”, si materializza. Jankto approfitta di uno stop errato di Hernanes per fiondare in porta da 25 metri, trovando a opporsi la pancia di Buffon, autore di un intervento non all’altezza della sua classe. Udinese in vantaggio e Allegri che continua a pescare dal mazzo degli “imprevisti”. Del Neri dal canto suo ha tutto il malloppetto delle probabilità a sua disposizione. Da questo momento però il tavolo si gira e le pescate si invertono.
Finalmente da un’azione appena decente, scaturisce un fallo da fuori area fischiato da Gavillucci, anche lui non in grande serata. L’esecuzione di Dybala è un capolavoro da Museo del Louvre. Pareggio raggiunto, soprattutto prima dell’intervallo, particolare di non poco conto.
Nella ripresa la Juventus pare un pizzico più attenta e volitiva. La squadra parte all’attacco, raccogliendo subito il frutto di un atteggiamento (era ora) più spregiudicato. De Paul abbocca alla veronica di Alex Sandro sul vertice destro dell’area di rigore e atterra il brasiliano. Il direttore di gara da due passi non può far altro che decretare il penalty, apparso solare. Dybala va sul dischetto e confeziona il tiro perfetto. Karnezis a destra e palla in buca d’angolo a sinistra. Doppietta e partita rimessa in carreggiata. Ma è solo il 50′.
Inizia la sofferenza. Anche perchè Alex Sandro si divora un’occasione d’oro per chiudere i conti. Da qui in avanti l’occupazione preferita dei tifosi è dare un’occhiata alla lancetta dell’orologio. Sarebbe un vero delitto non approfittare della sconfitta pomeridiana del Napoli, scavalcato nello scontro diretto dalla Roma.
Higuain rileva un irriconoscibile Mandzukic, Bonucci sostituisce Benatia e la Juve si risistema a 3. Tutto nella norma. Forse Allegri ci deve spiegare il cambio Dybala – Sturaro, anche se un senso in una situazione da “denti strettissimi” lo può avere. Certo che il tecnico di Livorno non ha alcuna paura di impostare la sua squadra da provinciale, pur di portare a casa il risultato! Però, benedetto Massimiliano, se non fosse per Buffon che si riscatta con 2 paratone basse, una su Thereau e l’altra a fil di palo, di che cosa staremmo parlando, ora?
Archiviamo pure la prestazione come la risultante di una squadra che non molla, che stringe i denti oltre l’inverosimile, capace di soffrire aldilà del credibile e chi più ne ha più ne metta. Ma in fondo in fondo, diciamo la verità, di fronte c’era solo, con rispetto per i friulani, l’Udinese.