“Siamo favoriti, ma solo se ci rimettiamo tutti con le orecchie basse e lavoriamo al pari degli altri. Non siamo favoriti se affrontiamo la stagione con presunzione, partendo dal presupposto che vinceremo di sicuro”.
Allegri si è soffermato, alzando il tono di voce per sottolinearlo e ripetendolo più e più volte, prorio su quel “tutti”. Parla alla prima persona plurale il mister, includendo anche sé stesso tra coloro i quali dovranno fare un salutare bagno di umiltà per fare in modo che questa stagione si incanali sui giusti binari, almeno entro i confini nazionali.
Si gioca Juve – Cagliari, battesimo agevole, almeno sulla carta, obiettivi chiari fin da subito: riconfermarsi per l’ennesima volta, perché la Juve, in 120 anni (né 117, né 118 caro mister) parte da favorita a prescindere, per il solo fatto di chiamarsi Juve. E però in campo non ci vanno le figurine, non ci va il carnet degli assegni, non ci va il blasone, ci vanno gli uomini, 11 contro 11, noi juventini lo sappiamo bene. Non dobbiamo lasciare niente al caso solo perché di fronte c’è un modesto Cagliari, così come in Supercoppa avevamo di fronte una Lazio a cui vanno tutti i nostri complimenti ma che, sempre sulla carta, avrebbe dovuto rappresentare un avversario ampiamente alla nostra portata.
E allora ripartiamo da qui, da un mercato probabilmente ancora in divenire, da una rosa che anche il più ottimista dei tifosi non può non reputare priva di punti deboli. Ogni anno Marotta ripete il mantra secondo cui “questa squadra è difficilmente migliorabile”, eppure ogni anno sembra riuscire ad alzare la famosa asticella, grazie all’egregio lavoro svolto in sede di mercato e grazie all’eccellente lavoro che la società svolge dal punto di vista economico-finanziario.
Via Dani Alves e Bonucci (per ora), dentro Douglas Costa, Bernardeschi, De Sciglio e il neo acquisto Blaise Matuidi, già convocato per la sfida contro i sardi, vista l’emergenza a centrocampo. Uno dei problemi di cui questa squadra potrebbe risentire è, appunto, la mancanza di sostanza nel reparto nevralgico, poiché a partire dalla diaspora post-Berlino in mediana sono stati inseriti giocatori molto importanti, come Khedira e Pjanic, ma è altrettanto vero che, a livello di peso, fisicità e dinamismo, gli innesti non sono stati in grado si sopperire alle partenze di Vidal e Pogba.
Allegri, durante la scorsa stagione, si è dovuto “arrangiare” spostando Mandzukic sull’esterno, adattandolo a un ruolo di grande sacrificio, per permettere alla squadra di appoggiarsi sul suo fisico possente in uscita, proprio come faceva in precedenza con Pogba, consentendo allo stesso tempo maggiore libertà da compiti difensivi a Dybala e Higuain. Il passaggio al 4-2-3-1 ha segnato profondamente il mercato di quest’anno. La Juve, oggi, ha una batteria di esterni di grandissimo valore: con Cuadrado, Pjaca, Bernardeschi e Douglas Costa, più Mandzukic, Allegri dispone di due esterni e mezzo per ruolo, con la possibilità di alternare questi giocatori in ruoli che richiedono brillantezza fisica per risultare armi efficaci, in grado di scardinare le difese avversarie. Ricordiamo che, non più tardi di qualche mese fa, la Juventus ha giocato una finale di Champions League in condizioni fisiche precarie e con giocatori stanchi, proprio perché una volta cambiato il modulo sono mancate le alternative per praticarlo con continuità.
Risolto il problema nel reparto avanzato si pone, ora, il problema di capire cosa succederà a centrocampo. Già detto di Matuidi, si impone a questo punto una riflessione seria sull’opportunità di compiere un ulteriore sforzo, in maniera tale da permettere ad Allegri di poter utilizzare anche il 4-3-3 come sistema di gioco, alternativo o meno al 4-2-3-1. E una riflessione seria si impone anche per quanto riguarda la difesa. Nel senso che appare evidente come sulla destra, con Lichtsteiner e De Sciglio, il reparto appaia quanto meno “zoppo”, tanto è vero che Allegri contro la Lazio ha schierato, sbagliando, il non più verdissimo (mettiamola così) Barzagli.
Infine Allegri. Uno dei principali artefici degli ultimi tre anni di successi è indubbiamente il tecnico livornese, ma in questo pre stagione si sono parzialmente concretizzati alcuni timori legati alla mancanza di solidità, dovuta prevalentemente alla carenza di condizione fisica, ma anche da quelle debolezze ormai croniche che il Real, a Cardiff, ha messo a nudo davanti al mondo: centrocampo leggerino e testa pesante negli uomini simbolo. La società dovrà fare un passo avanti, nel mettere a disposizione dell’allenatore una rosa che sia il più possibile coerente con il progetto tecnico, senza se e senza ma, senza costringere Allegri a dover ricorrere ad equilibrismi tattici e adattamenti che all’atto finale potrebbero costare cari (così come accaduto in Europa).
Dall’altro lato Allegri dovrà compiere un difficile salto di qualità, provando a osare, provando a essere meno riconoscente, provando a utilizzare di più i nuovi, provando ad affidarsi al suo miglior reparto, l’attacco, anziché forgiare una squadra da 1-0 che poi prende sette pere in due finali. Si inizia contro il modesto Cagliari, ma la strada è lunga: la meta finale dista, da Torino, circa 1800 chilometri e non sarà tutta discesa.