

La Juventus è qualificata agli ottavi di finale della massima competizione europea per la settima volta consecutiva dopo la sciagurata 2 giorni di Istanbul di dicembre 2013. Qualificata con 2 giornate di anticipo per il secondo anno consecutivo (anche l’anno scorso gol qualificazione nel recupero contro la Lokomotiv, unico lampo di Douglas Costa dell’anno).
Primo obiettivo stagionale raggiunto. E non ci sputerei addosso viste le notizie che arrivano dal fronte finanziario per tutto il mondo del pallone.
La prestazione, scialba quanto vogliamo, non faccia passare in secondo piano questo primo importante traguardo. Non solo, le ultime 2 partite del girone diventano buone per fare esperimenti, turnover e lasciare qualcuno alla Continassa ad allenarsi, fregandosene il giusto del primo posto nel girone, tanto poi il sorteggio rimescola la carte a piacimento, come al solito.
Detto ciò, non si può non tenere conto della immane fatica fatta per battere gli onesti praticanti ungheresi. È servita un’azione fantastica e un gesto tecnico clamoroso (il cross di Cuadrado) in pieno recupero per venire a capo di un avversario volenteroso, ben organizzato ma che poteva essere battuto col minimo sforzo. Uno sforzo che hanno fatto davvero in troppo pochi.
Non credo sia necessaria un’analisi tattica della partita, troppo banali e lampanti le cose da dire. Sarebbe un’offesa all’intelligenza dei lettori di queste pagine.
Credo sia più giusto parlare singolarmente dei calciatori perché ho notato diversi ordini di problemi:
- Szczesny – Nell’unica azione in cui è stato chiamato in causa non si è mostrato irreprensibile, tutt’altro. Il gol del Ferenc è frutto di alcune casualità come la scivolata di Danilo e il rimpallo sul cross in area ma lui sembra addormentato mentre il pallone gli passa a pochi centimetri dalle mani. Errore perdonabile vista la serata e l’avversario, Tek non si discute.
- Danilo – Uno dei migliori da inizio stagione, il nuovo ruolo lo ha rivitalizzato, lui risponde con prestazioni sempre convincenti e, soprattutto, con un’altra partecipazione al gol decisivo. Davvero niente male!
- De Ligt – L’azione del gol del momentaneo vantaggio ungherese inizia con la sua errata scelta di tempo nel duello aereo con l’avversario ma poi sforna la seconda ottima prestazione su 2 in quanto a presenza e cattiveria. Quella cattiveria che è mancata a quasi tutto il resto della squadra. Futuro leader, esempio per i compagni, parla in italiano già a ottimi livelli. Difetti cercansi per assicurarsi della natura umana del soggetto.
- Alex Sandro – Alla prima vera presenza stagionale, senza infamia e senza lode. Non ha la condizione atletica per essere decisivo in avanti ma non ha smarrito il senso tattico che ne fa, ormai, un ottimo difensore laterale. Prezioso.
- Cuadrado – il colombiano è da considerarsi come uno dei migliori giocatori del mondo nel suo ruolo, indipendentemente dalla nomenclatura. Alcune sbavature in fase di impostazione non possono influire sul giudizio, soprattutto in funzione dell’azione del gol in cui racchiude l’essenza della sua magnificenza: scatto con timing perfetto di 30 metri, lucidità nel capire il da farsi in pochi attimi, cross dal coefficiente di difficoltà elevatissimo, esecuzione perfetta. Fantastico!
- Arthur – Il brasiliano sta diventando il perno della squadra in fase di costruzione e, come ogni medaglia al valore, presenta due lati: da una parte c’è quello lucido e splendente quando deve liberarsi dalla pressione dell’avversario, dall’altro il lato più opaco quando deve servire al meglio i compagni. Rubo una battuta a un amico. Arthur è come la cassaforte di una banca: molto difficile da espugnare ma altrettanto riluttante quando si tratta di restituire il tesoro al legittimo proprietario. Urge allenamento incessante su gioco veloce e lancio lungo.
- Bentancur – Anche l’uruguagio è una specie di “Due facce”. Predatore feroce quando si tratta di togliere la palla all’avversario, umile portaborracce quando c’è da accendere la lampadina delle idee. Cercare la qualità da altre parti.
- Bernardeschi – Detto dei suoi problemi di tenuta mentale, Pirlo gli affida di nuovo una maglia da titolare in modo che senta la fiducia dell’ambiente e torni a livelli accettabili di prestazione. Il carrarino ci mette molta voglia e, strano a dirsi, fornisce una prova migliore di quelli che entreranno nel secondo tempo e che dovevano spaccare il catenaccio avversario. Sfortunato nell’episodio del palo, sembra che la dea fortuna abbia con lui un conto in sospeso. Speriamo lo saldi presto.
- McKennie – All’americano spetta il compito di fare l’ibrido della squadra. Laterale destro nel 4-4-2 difensivo, trequartista in fase d’attacco. A complicargli le cose la presenza, si fa per dire, di Dybala che va spesso a pestargli i piedi. Infatti a un certo punto è stato lui a fare il centravanti in assenza del titolare. Prova incolore, inodore, insapore: liquido.
- Dybala – Assodato che sia in condizioni fisiche a dir poco pietose, Paulo vive eternamente nell’equivoco tattico. La cura antibiotica che ne ha minato le membra non può giustificare quello che l’istinto gli porta a fare in campo. Chiamato a essere il compagno d’attacco di Ronaldo lui continua a ostinarsi nel tornare a centrocampo per chiedere il pallone senza mai proporsi negli spazi o a fornire una linea di passaggio utile a scompaginare i piani difensivi avversari. Il risultato è il rallentamento dell’azione e l’intasamento degli spazi. Quando Dybala tornerà ai suoi livelli sono sicuro che, insieme alla forma fisica, torneranno anche i gol e gli assist.
Il problema è il quando. Pirlo si aggiunge alla già nutrita lista di persone che lasciano intendere come il 10 bianconero non si impegni a dovere negli allenamenti. - Ronaldo – Cosa vuoi dire a uno così?
Questi gli 11 titolari, scesi in campo molli come un calamaro crudo, convinti che l’impegno sarebbe stato una formalità, per nulla scossi dal pur ingiusto svantaggio. Questo atteggiamento è stato un brutto segnale, perché quando la squadra ha costantemente bisogno di essere svegliata da qualcuno o qualcosa vuol dire che siamo ancora lontani dall’essere grandi. In Champions League non esistono turni facili, non esistono cali di tensione, non possono essere tollerati né scarso impegno né poca cattiveria. Tranne Morata, anche gli altri 4 subentrati hanno continuato nel solco tracciato dai compagni. Sono particolarmente deluso da Chiesa e Kulusevski, giunti da pochi mesi alla corte della Vecchia Signora e per nulla vogliosi di “mangiare l’erba” del campo per dimostrare di meritare quella maglia e questi palcoscenici.
In questo un po’ delle colpe vanno anche all’allenatore. Pirlo ha, tra i suoi compiti, quello di trasmettere tutto ciò nella testa dei suoi uomini.
È andata bene, per fortuna, e allora tutto passerà nel dimenticatoio, ma solo se queste serate non verranno ripetute.