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Pareggio casalingo, qualificazione in salita

Ci troviamo a dover commentare una partita di difficile lettura, che lascia certamente l’amaro in bocca per come si era messa negli ultimi minuti, ma che oggettivamente la Juventus non meritava di vincere. Non sempre esprimendo supremazia nei confronti dell’avversario arriva automaticamente la vittoria e questa volta è andata esattamente così.

Conte schiera la squadra con il classico, oserei dire inamovibile, 3-5-2 con quegli interpreti che danno più garanzie al tecnico salentino: Buffon, Barzagli Bonucci e Chiellini in difesa, Pirlo Vidal e Pogba al centro, Lichtsteiner ed Asamoah esterni, il recuperato Vucinic a formare la coppia d’attacco con il punto fisso Tevez. Mancini risponde con il modulo che potremmo definire la bestia nera del 3-5-2, il 4-2-3-1: Muslera, Chedjou, Kaya, Eboue, Riera; Inan, Felipe Melo; Bruma, Sniejder, Balta; Drogba. In realtà l’atteggiamento tattico del Galatasaray è tutt’altro che propositivo, visto che l’ivoriano viene lasciato al suo destino in avanti e i turchi raramente mettono il muso fuori dalla propria metà campo.

La Juve è la solita, da qualche tempo a questa parte: imballata, poco lucida, attacca a testa bassa ma creando veramente poco. Molti i lanci lunghi ed i cambi di versante, poca, anzi pochissima la precisione. Su un lancio centrale di Pirlo (una delle rare giocate positive del bresciano ancora sottotono), Vucinic scatta in posizione regolare, aggancia bene il pallone ma sembra perdere l’equilibrio su un terreno in condizioni non buone. Lo sforzo per cercare di tenersi in piedi gli è fatale e al 25′ entra al suo posto Quagliarella. La Juve giochicchia e guadagna qualche corner ma al 35′ su un lancio lungo Bonucci sbaglia il retropassaggio favorendo l’inserimento di Drogba: Buffon esce a vuoto e l’ivoriano dimostra di saperci ancora fare buttando la palla dentro per il gol dell’uno a zero.

Durante l’intervallo viene sostituito anche Lichtsteiner, altra vittima del terreno di gioco, ed entra al suo posto un Isla che definire avulso dal contesto è un puro esercizio dialettico. Nel secondo tempo la Juve sembra quello scolaro volenteroso che, però, non prenderà mai più di sei e mezzo viste le limitate capacità. Onestamente sembra un errore tattico quello di concedere un uomo in meno in attacco per tenere in campo tre centrali a controllare un solo attaccante avversario, per di più dovendo recuperare il risultato. La squadra sembra poco brillante dal punto di vista fisico, e ci sta, perché tutti confidiamo nel fatto che la preparazione sia stata calibrata in modo da avere una rosa in forma “quando conta”. Quello che lascia molto perplessi è la remissività con cui si affrontano le partite. I giocatori non entrano in campo con quella voglia di mangiare l’erba che ha contraddistinto fino ad oggi l’era Conte: non è questione di modulo o di uomini, non dico questo. Dico solo che la prima Juve di Conte entrava in campo e se lo divorava. Non solo grinta ma anche organizzazione, tutti sapevano quale era il loro compito, mentre oggi come oggi si vede gente che corre a vuoto, qualcuno che passeggia in campo, con il risultato che il portatore di palla non sa cosa fare di quell’oggetto in cuoio-misto-sintetico tra i suoi piedi.

Al 67′ Conte decide di sostituire uno spaesato e distratto Bonucci per inserire Llorente passando a un 4-3-3 spinto, visto che Asamoah ed Isla si trovano costantemente oltre la trequarti avversaria. Com’è come non è, cambia il volto della partita, se non altro per la voglia che i giocatori in campo mettono nel cercare d ribaltare il risultato. In effetti ci riescono anche, perché al 77′ Vidal trasforma un rigore concesso per fallo su Quagliarella (il fallo c’è, lo stabiese accentua il contatto e l’ungherese Kassai che fino a quel momento aveva arbitrato all’inglese, concede il penalty), e all’86’ Quagliarella si testa spedisce il 2-1 alle spalle di Muslera trasformando la seconda giocata di Pirlo “alla Pirlo” della partita. Il tempo di esultare non c’è, infatti sulla seconda distrazione difensiva il Galatasaray viola la porta di Buffon con Bulut in contropiede (88′) ancendo il definitivo 2-2.

Inizialmente avevo parlato di risultato giusto e lo confermo: la Juve ha dominato per quanto riguarda il possesso palla e le occasioni create, ma ha peccato gravemente laddove eccelleva anche grazie all’opera di Conte: organizzazione di gioco e solidità difensiva, oltre a una mentalità (in inglese il termine “attitude” rende meglio l’idea) vincente che indubbiamente era diventata il nostro marchio di fabbrica. Sicuramente il discorso va approfondito e Conte in primis sa che qualcosa dovrà cambiare, anche se la qualificazione per gli ottavi di finale, attualmente, si trova in cima a una salita molto impegnativa.

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