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La forza di una scelta

Qualche giorno fa Beppe Marotta è stato ospite di Premium Champions, trasmissione del pacchetto a pagamento di Mediaset, durante la quale si è parlato tanto del prossimo calciomercato in chiave Juve. In particolare l’Amministratore Delegato della Vecchia Signora si è soffermato su un aspetto molto importante che riguarda l’approccio alle trattative per l’acquisto dei giocatori:

“Ormai l’appeal della Juventus è molto alto: qualche anno fa Di Natale, non me ne voglia Totò, ci ha rifiutato, mentre ora è difficile per un giocatore resisterci e questo deve essere un motivo di grande orgoglio per noi”.

In quel periodo Marotta si trovava di fronte al problema di dover interfacciarsi con il mercato da una posizione molto difficile, senza avere la possibilità di andare a trattare i giocatori di alto livello, che vedevano nella Juve una scelta rischiosa da compiere per la propria carriera: una nobile decaduta, devastata da calciopoli, da cui l’ambiente si aspettava sempre e comunque la vittoria con pochissime possibilità di ottenerla. Per questo motivo fu costretto a scucire più del lecito per alcuni calciatori di medio livello, allo scopo di cercare di anticipare la concorrenza e allo stesso tempo rinfoltire una rosa povera di talento e motivazioni.

È immediato tornare con la memoria alla stagione 2010/2011, quella in cui si insediò la dirigenza voluta dal neo presidente Andrea Agnelli: all’epoca si resero necessari interventi strutturali nella rosa e le difficoltà nel ricostruire dai precedenti disastri furono notevoli. In tal senso il rifiuto che il bomber dell’Udinese oppose all’offerta pervenuta da Corso Galileo Ferraris può essere considerato l’emblema di quanto difficile fosse “convincere” i giocatori a vestire la maglia bianconera. Durante il primo anno di calciomercato gestito direttamente dalla premiata ditta Marotta&Paratici, arrivarono profili il cui acquisto avrebbe dato i suoi frutti solo nelle stagioni successive, tra i quali spiccano Barzagli e Bonucci, assieme a calciatori in grado di dare un buon contributo alla causa, come Pepe, Matri, Quagliarella e Storari. Ma arrivarono anche diversi giocatori il cui rendimento fu decisamente inadeguato alle aspettative: Krasic, Martinez e Marco Motta su tutti. La scelta di Delneri, pupillo di Marotta alla Sampdoria, si rivelò un altro errore compiuto in un contesto davvero problematico e la stagione si concluse con l’eliminazione ai gironi di Europa League nel gelo di Poznan e con il settimo posto che valse l’esclusione dall’Europa.

La dirigenza bianconera ripartì da quegli errori, affidando la direzione tecnica a un allenatore dalla forte personalità come Conte, inserendo in rosa numerosi calciatori con colpi davvero azzeccati come Vidal, Lichtsteiner, Pirlo (a parametro zero), Vucinic, Caceres e gli onesti mestieranti Giaccherini, Padoin ed Estigarribia. Grazie a un mercato in entrata pressoché perfetto (a esclusione del tesseramento di Elia), a Conte e alla spinta fornita dal nuovo stadio, arrivò il primo dei cinque scudetti consecutivi. Come ammise lo stesso Marotta a proposito di chi gli rinfacciava alcuni errori in sede di mercato “Così come crescono i calciatori, crescono anche i dirigenti”, questo aspetto è venuto fuori negli anni con prepotenza, poiché si può tranquillamente affermare che oggi, in Italia, la dirigenza della Juventus è di gran lunga la più competente, professionale, organizzata, lungimirante e seria.

Veniamo al ritrovato appeal. Se il lavoro di Conte ha consentito alla Juve di tornare a recitare un ruolo da protagonista in Italia, il punto di svolta in chiave europea è coinciso con l’arrivo di Max Allegri: perché è soprattutto in campo internazionale che il tecnico livornese ha inciso maggiormente, riuscendo là, dove lo stesso Conte aveva lasciato un senso di incompiutezza, prevedendo un futuro grigio per tutte le squadre italiane.

Invece gli infausti pronostici dell’ex allenatore sono stati soverchiati in un solo anno, con l’approdo alla finale di Champions e definitivamente smentiti con un’uscita agli ottavi contro una delle favorite per la vittoria, maturata dopo una partita dominata per oltre un’ora all’Allianz Arena. Cosa manca dunque a questo gruppo per arrivare a competere per la vittoria in maniera, per così dire, “stabile”? Certamente non esiste una formula per garantire la vittoria, o almeno l’approdo tra le prime otto, esistono però diverse strade per avvicinarsi il più possibile al raggiungimento di questo obiettivo, senza necessariamente riversare vagonate di soldi sul mercato (in questo caso Manchester United e PSG dovrebbero contendersi il trofeo tutti gli anni).

Una delle conditio sine qua non è la presenza di un gruppo solido e collaudato, uno zoccolo duro di qualità composto da calciatori che si conoscono da anni, sul quale puntare e al quale affidarsi in caso di difficoltà. Basta sfogliare l’albo d’oro della Champions League, senza andare troppo lontano negli anni: Chelsea, Bayern, Real e Barcellona, al di là del livello qualitativo medio sicuramente altissimo, al momento della vittoria avevano un organico con calciatori che giocavano assieme da parecchio tempo. Questo gruppo alla Juve esiste ed è costituito dai vari Buffon, Bonucci, Barzagli, Chiellini, Marchisio, non a caso tutti italiani: felicissima scelta della società che ha adottato la filosofia di affidare le chiavi dello spogliatoio a questi signori dallo spessore caratteriale con pochi eguali nel mondo.

Ed è proprio sulle scelte che dovrà lavorare la Juve, se vuole esportare all’estero l’indiscutibile supremazia instaurata entro i confini nazionali: su fondamenta solide bisogna effettuare i giusti innesti, compiendo “scelte forti”, scelte che consentano l’innalzamento del livello qualitativo dell’organico nel medio-lungo periodo, scelte che consentano di accrescere il potere contrattuale della società, sfruttando l’appetibilità della maglia bianconera, tornata a far gola ai talenti e ai relativi procuratori. C’è infatti differenza tra errori di valutazione sul mercato, come possono essere stati negli ultimi tempi i vari Isla, Ogbonna e Giovinco e “scelte deboli”, come Llorente, preso a zero e “perso” a zero (con minusvalenza), in nome di una “filosofia della gratitudine” che prevede di assecondare la volontà del giocatore. Non è una filosofia errata a priori, sia chiaro, solo non bisogna mettersi nelle condizioni di doverla attuare, se davvero si vuol puntare a crescere in Europa.

Va detto che inizialmente, quando Agnelli ha preso in mano questa società, non c’erano le condizioni economiche per compiere determinate scelte. Nell’arco di cinque anni questa dirigenza è però riuscita a raddoppiare il fatturato e al contempo ad alzare parecchi trofei, arrivando a potersi permettere operazioni da 40 milioni come quella di Dybala. Attenzione, alcune scelte hanno comunque contribuito alla crescita e alla riaffermazione su palcoscenici internazionali, di conseguenza hanno contribuito alla riconquista dell’appeal perduto. Ma da questo momento bisognerà prendere decisioni ben indirizzate, si dovranno compiere scelte fortemente connotanti per il futuro, si dovrà puntare su giocatori che garantiscano continuità, giocatori sui quali costruire nuovi successi, anche perché la carta di identità di alcuni senatori comincia a essere abbastanza ingiallita.

Scelte forti come quella di Dybala, appunto, quella di Alex Sandro o Rugani che, seppur pagato relativamente poco, è un giocatore su cui si punta per il futuro e in cui la Juventus ha dimostrato di credere, nelle dichiarazioni e nei fatti. Scelte che consentano alla società di monetizzare in futuro, poiché difficilmente con Dybala e Alex Sandro ti siederai a un ipotetico tavolo delle trattative senza avere il coltello dalla parte giusta, come non è successo per Tevez e Llorente e come non succederà con Morata e Cuadrado. Andranno compiute scelte forti come quella di voler trattenere Pogba, per far crescere il tasso tecnico della squadra di pari passo con il suo e le ultime dichiarazioni di Marotta sembrano andare in questa direzione. Dovranno essere evitate, quindi, scelte forti nell’immediato ma deboli nel medio periodo, come quella di prendere un Tevez che arriva alle sue condizioni o un Morata che arriva alle condizioni del Real Madrid.

Cosa aspettarsi dal prossimo calciomercato? Speriamo che vengano compiute scelte forti, fortemente connotanti, come quelle di Dybala e Alex Sandro. Una linea che preveda ANCHE l’affare (leggasi opportunità) o il giocatore di esperienza, possibilmente a parametro zero, ma che privilegi la chiusura di contratti a lungo termine, prendendosi anche tutti i rischi del caso ovviamente. Due o tre ritocchi, niente di più, con l’ago della bilancia rappresentato dall’eventuale cessione di Morata e dalla non facile sostituzione dello spagnolo, più l’incognita Cuadrado. Per il resto, vista anche la normativa sulle rose ristrette, servirà una razionalizzazione dell’organico, con la cessione di alcuni esuberi (soprattutto a centrocampo). Non sono necessarie rivoluzioni come quella dell’anno scorso. Non si parla di ruoli o di nomi, ma per fare un esempio concreto, al di là del valore tecnico André Gomes rappresenterebbe una scelta forte, mentre ad esempio Ibrahimovic rappresenterebbe una scelta debole perché porterebbe presumibilmente risultati nell’immediato (senza certezza matematica nemmeno in quel caso) ma ci farebbe ricadere nella stessa situazione tra un anno con il problema di doverlo sostituire e  poche speranze di monetizzare dalla cessione.

Decisionismo e coraggio fanno la forza di una scelta e queste due componenti non sembrano far difetto alla Juventus attuale.

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