

La Juventus è vice-campione d’Europa, quinta nel ranking Uefa e decima potenza economica mondiale secondo Deloitte.
L’istinto del tifoso si aspetta, quindi, che ogni anno la squadra faccia una stagione degna di questo status. E ci mancherebbe non fosse così. Sono stato io stesso a dire che noi juventini dovremmo smetterla di piangerci sempre addosso e “tirarcela” un po’ di più, che in quest’epoca social, coi calciatori attenti anche a quello che scrivono i tifosi, la mentalità si costruisce anche alzando l’asticella delle aspettative.
Poi c’è il tifoso razionale che, avendo vissuto anche anni di magra, delusioni cocenti, discese ardite e risalite, sa benissimo come ogni stagione abbia una storia a sé e soprattutto che in una competizione come la Champions League non esiste la possibilità di rimediare se arrivi a un dato appuntamento con le pile scariche.
Ebbene, la Juve è arrivata all’andata degli ottavi di finale con 6 elementi di primo piano infortunati e una condizione atletica imbarazzante.
Ieri è stata la prima volta che i bianconeri subivano una rimonta, all’Allianz Stadium, dopo essere stati in vantaggio 2-0, mentre il 2-2 finale ha riportato alla mente di tutti l’ottavo con il Bayern Monaco di Guardiola. Ecco, facciamo una breve cronistoria degli ultimi ottavi di finale disputati dalla Juve in questi anni: Celtic 2013, Dortmund 2015, Bayern 2016, Porto 2017, Tottenham 2018. Il denominatore comune è uno: in questo periodo la Juventus, soprattutto con Allegri, non ha mai fornito prestazioni formidabili nel mese di febbraio, quasi mai anche in campionato, e la difficoltà del passaggio del turno è ovviamente aumentata con l’aumentare della forza degli avversari. Se con Celtic e Porto bastò il minimo sforzo, col Dortmund servì una grande partita in Germania (però era già marzo inoltrato), partita di ritorno replicata col Bayern ma che non bastò per i noti episodi. Difficilmente abbiamo visto una Juve, a febbraio, fornire prestazioni atleticamente valide, solo che quest’anno (come 2 anni fa col Bayern) alla forma fisica non eccelsa si è aggiunta la serie di infortuni che ha accorciato pesantemente la rosa. Inoltre quest’anno Allegri e staff hanno dovuto fare i conti con una novità che passa spesso in secondo piano, la pausa natalizia posticipata. È la prima volta che in Italia si è giocato per tutto dicembre e, nella ripresa tardiva, si è dovuto tenere conto della partita di ieri che era più vicina del solito. Non è da escludere che gli infortuni muscolari siano stati causati da un eccessivo carico di lavoro. Secondo me stiamo rivivendo in inverno quanto accaduto nell’estate 2015 quando la preparazione atletica, accelerata in vista della Supercoppa italiana di inizio agosto, fece molti danni muscolari durante tutta la prima parte di stagione.
Che i problemi ieri siano stati principalmente atletici lo si è capito abbastanza presto, perché nonostante il 2-0 il Tottenham non si è scomposto e ha iniziato a guadagnare campo con un palleggio ben orchestrato ma che era reso scorrevole dal pressing sgangherato portato dalla Juve e dalla incapacità dei bianconeri di uscire palla al piede con un’azione manovrata. Gente come Khedira e Mandzukic irriconoscibile, palloni buttati in avanti a casaccio, nessuno che si proponesse in maniera intelligente tra le linee avversarie che di campo libero ne lasciavano eccome. A conferma di questa mia opinione ci sono le azioni che hanno portato ai 2 rigori e il contropiede Pjanic/Higuain finito col tiro del Pipita a fil di palo. I problemi visti ieri li ha già spiegati bene Salvador nel pezzo di commento alla partita e concordo con lui nel non dover essere teneri con Buffon, colpevole su entrambe le reti. Con un po’ di attenzione e cinismo in più la condizione atletica sarebbe passata in secondo piano, come negli anni più fortunati al sorteggio.
Il Tottenham, però, è una squadra a 2 facce: molto forte davanti con 3 elementi in grado di mettere in difficoltà qualsiasi difesa (Alli, Eriksen e Kane), molto vulnerabile dietro con una fase difensiva non irreprensibile, per non parlare dei terzini. Con una Juve al completo e in forma, infatti, non ci sarebbe storia per il passaggio del turno e non è detto che non si riesca a raggiungere i quarti, tuttavia la riflessione di fondo resta: perché in Italia è così importante il lavoro atletico ma poi in Europa capita spesso di vedere squadre che corrono il doppio delle italiane? E se la Serie A è soprattutto un esercizio tattico ma poco fisico, a che servono tutti questi carichi di lavoro?
Dalle cause della brutta prestazione fornita ieri dalla Juve, invece, tenderei ad escludere 2 dei grandi cavalli di battaglia del tifoso bianconero: il modulo e la “maledizione” Champions.
Ieri Allegri poteva coprirsi di più mettendo Bentancur al posto di uno degli attaccanti, era la formazione che tutti immaginavamo, ma l’allenatore aveva un piano gara differente e non voleva rinunciare alla possibilità di far male ai londinesi. Con il 4231 la Juve ha ampiamente dimostrato di sapersi difendere e inoltre sia Bernardeschi che Douglas Costa erano sembrati in crescita. La delusione vera, oltre a Khedira, viene da Mandzukic che ha sì fornito la solita prestazione generosa e importante nella propria metà campo (9 duelli aerei vinti, primo per distacco) ma, fatto salvo il lancio per Bernardeschi in occasione del primo rigore, semplicemente dannosa dalla metà campo in su (47% di precisione nei passaggi, un valore che definire basso è fargli un complimento).
Tuttavia, se sul modulo lascio il beneficio del dubbio, sono abbastanza stufo di leggere, ancora, dell’atteggiamento della Juve che in Champions entrerebbe in campo col cagotto già dagli spogliatoi. Penso che questo alibi che ci diciamo per farci forza l’un l’altro nella vana speranza di soffrire meno le sconfitte abbia fatto il suo tempo. Se fosse vero l’assioma, la Juve di Allegri non avrebbe mai sfornato certe prestazioni, tipo la su citata doppia sfida col Bayern, le due semifinali col Real (ricordo che al Bernabeu andammo sotto ma nessuno si scoraggiò e passammo il turno), i quarti col Barcellona e le 2 semifinali col Monaco. Persino le 2 finali perse ci hanno visto pareggiare l’iniziale svantaggio, quale squadra avrebbe fatto tutto ciò se fosse condizionata negativamente da questa fantomatica maledizione?
Al contrario, è stato proprio Allegri a liberare la mente di certi calciatori da questa assurda suggestione negativa e l’ultima dimostrazione è sotto gli occhi di tutti, proprio ieri, quando ha spiazzato gli addetti ai lavori e noi tifosi schierando il modulo con 4 giocatori offensivi.
Potrei dire invece che forse Allegri è stato fin troppo coraggioso nel non tenere conto delle precarie condizioni atletiche di molti dei suoi e ha sbagliato a fare affidamento su gente che fa fatica a fare un semplice allungo senza perdere in lucidità.
Finiamola, vi prego!
Cerchiamo piuttosto di non fasciarci la testa prima di romperla e proviamo a fare una previsione per l’immediato. Facendo un confronto sommario con le stagioni passate, la Juve dovrebbe tornare tonica in queste settimane e, infortuni permettendo, la tabella di marcia dovrebbe portare i nostri giocatori a un livello sempre crescente di condizione. Speriamo che i calcoli fatti dallo staff non ci costino una prematura eliminazione dalla massima competizione europea, proprio quest’anno in cui vedremo assottigliarsi gli introiti da diritti televisivi grazie alla nuova legge Lotti.
P.S. Nell’eterna lotta tra tifoso impulsivo e tifoso razionale non mi sento di dare patenti di juventinità agli uni o agli altri, anche perché spesso le due anime del tifo vivono in una stessa persona. A volte si tratta più di stati d’animo dettati dall’attualità che veri e propri modi di essere, quindi non esiste una ricetta migliore dell’altra per vivere il calcio, a ognuno la sua. Quello che mi porta a ridere amaramente, invece, è il genere di tifoso che riduce il giudizio su di una stagione dando meriti o, molto più spesso, colpe a una sola delle tante componenti di cui ho parlato, e quindi abbiamo gli haters di Allegri e relativo staff oppure quelli che fanno il tifo per il singolo giocatore arrivando a non sopportare quelli che rubano il posto al proprio beniamino. Questa atomizzazione del tifo è figlia del megafono dato a ognuno di noi dal web, perché è molto più facile farsi notare gridando e coniando slogan o hashtag che avere una discussione in cui sviluppare ogni argomento con calma e cognizione di causa.
Questo articolo in un tweet non ci sta, #Allegrivattene o #CacciamoMandzukic sì, e fanno tanto figo.
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