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La Juve dopo Alex Sandro

Partiamo con un grosso SE. SE la Juventus dovesse vendere Alex Sandro…

Alex Sandro è ancora a tutti gli effetti un giocatore della Juventus, visto che ha un contratto in scadenza nel 2020. Per fugare ogni dubbio premetto che sarei contrario a una sua cessione, perché dai tempi di Zambrotta  non si vedeva sgroppare su quella fascia un cavallo di razza come il brasiliano (a parte DJ Paolino ovviamente), pur con alcuni limiti. I limiti a cui faccio riferimento sono continuità di rendimento in generale e attenzione in fase difensiva, ma parliamo in ogni caso di un top in quel ruolo, con Marcelo e Alaba che attualmente stanno un gradino sopra, anche se qui si cade inevitabilmente nel campo dell’opinabilità.

Dando per scontata la rescissione di Dani Alves, se (se se se se…) dovesse partire anche Alex Sandro, la Juve si ritroverebbe a dover ragionare sull’acquisto di due terzini titolari, visto e considerato che Lichtsteiner e Asamoah non sarebbero assolutamente in grado di offrire le necessarie garanzie tecniche e fisiche per ricoprire adeguatamente quegli slot. La domanda che mi faccio è molto semplice: si può costruire una squadra più forte senza Dani Alves e Alex Sandro? Certamente in quel settore ci indeboliremmo, perché a meno di effetti speciali forniti da Marotta&Paratici ci ritroveremmo con un downgrade quasi assicurato (si parla di Darmian, De Sciglio, Cancelo e vari altri). Devo anche fare coming out, nel senso che fino al giorno del suo arrivo alla Juve non avevo minimamente idea di chi fosse il Sig. Sandro Alex Lobo Silva e, come i più, consideravo i 26 milioni spesi uno sproposito per un giocatore a scadenza l’anno successivo. Certamente la memoria mi inganna, ma ricordo critiche come se piovesse nei confronti di Beppone, magari dagli stessi che oggi considerano Alex Sandro il Messia mandato in terra da Eupalla per liberare l’umanità dalla difesa a cinque.

Tornando a noi, via Alves e Sandro, dentro due buoni mestieranti, dico Darmian e non De Sciglio – l’altro ditelo voi – uno o due esterni di livello (Bernardeschi? Douglas Costa?) con la speranza di recuperare Pjaca, un centrocampista solido e di esperienza internazionale (Matuidi? N’Zonzi?), mentre davanti Schick potrà sostituire sia Higuaín che Dybala. Apro una parentesi su Dybala: la partita orribile “giocata” a Cardiff ha sortito l’unico effetto positivo di sopire le voci di mercato che circolavano attorno a lui. Ora dimostri di essere davvero un fenomeno, cosa che ha fatto vedere solo a sprazzi, poi ne riparleremo. Ecco che, IPOTETICAMENTE, pur cedendo i due esterni difensivi migliori degli ultimi anni la Juve si ritroverebbe con una rosa complessivamente alla pari, se non superiore, rispetto a quella di quest’anno.

Badate bene che il sottoscritto non contempla il ritorno alla difesa a tre, sia perché come ha ammesso lo stesso Allegri questo sistema non fornisce più i necessari stimoli ai giocatori, sia perché questo sistema mi ha veramente rotto le palle: si rinuncia a un giocatore nel vivo del gioco  – a centrocampo o in attacco – per privilegiare una soluzione di maggior contenimento. Inoltre i due esterni finiscono per “schiacciarsi” sulla linea dei difensori, per via dell’inferiorità numerica sulle fasce, e di fatto si difende a cinque. Piaccia o non piaccia chi ha vinto in Europa, nel calcio moderno, ha sempre – o quasi sempre – schierato una difesa a quattro. Quindi difesa a tre/cinque solo come alternativa, anche perché avere tre centrali in forma con continuità durante la stagione sembra abbastanza inverosimile, viste le carte d’identità e la tendenza a infortunarsi dei nostri interpreti.

Aggiungo che, alla soglia dei quaranta, ho maturato una convinzione assai circostanziata dai fatti: avere una difesa d’acciaio, in Europa, non serve a una minchia, se non hai un centrocampo tecnico e un attacco atomico. L’attuale difesa della Juventus è stata riconosciuta da tutti come la migliore al mondo, eppure sia a Berlino che a Cardiff, con i dovuti distinguo, ha dovuto soccombere sotto i colpi dell’artiglieria pesante rappresentata da Messi, Suarez, Neymar, Benzema, Isco, CR7 e compagnia bella. Sette gol in due partite buscati dai nostri fenomeni. Abbiamo già discusso del fatto che per vincere le competizioni di alto livello bisogna innanzitutto segnare, aspetto che si conferma ulteriormente all’atto conclusivo: in nove finali la Juventus ha totalizzato la miseria di cinque (CINQUE) gol e ci chiediamo come mai ne abbiamo perse sette pur avendo la gran difesona e i grandi portieri. Direi quindi che né Dani Alves, né Alex Sandro ci hanno aiutati a fare quel passettino (o passettone) che manca per portare a casa l’unica cosa che manca veramente, per la definitiva consacrazione del nuovo corso bianconero, anche oltre confine.

Intendiamoci, il lavoro svolto da questo gruppo dirigente è stato eccellente, soprattutto se prendiamo in considerazione il punto di partenza: è stato realizzato il piano industriale di portata quinquennale varato nel 2010 e, una volta raggiunti gli obiettivi prefissati, si è ripartiti con una nuova programmazione che prevede la riqualificazione della Continassa, il rebranding e la caccia ai regional sponsor come nuovo orizzonte economico della Juventus. È stato perseguito e raggiunto l’obiettivo tecnico – le vittorie – senza prescindere dalla sostenibilità finanziaria, ottenendo il massimo in campo nazionale e quasi il massimo in campo internazionale. Eliminare quel “quasi” non è semplice, ma non lo è stato nemmeno per i predecessori di Andrea Agnelli e Marotta. Delle sette finali due le hanno “perse” loro, ma tre le hanno perse Umberto Agnelli e Moggi, due Boniperti.

È possibile quindi individuare un filo conduttore che lega queste sconfitte tra loro, lasciando da parte discorsi legati alla sfiga e altri fenomeni paranormali? Mi limito a valutare ciò di cui ho un minimo di cognizione, ovvero il periodo a partire dagli anni ’90 in poi, quindi partendo da Juve-Ajax del ’96. L’anno successivo alla vittoria in Champions vanno via Vierchowod, Carrera, Paulo Sousa, Marocchi, Vialli e Ravanelli, arrivano Montero, Iuliano, Dimas, Ametrano, Zidane, Boksic, Vieri e Amoruso. Rivoluzione, finale persa. Nel 97/98 partono Dimas, Porrini, Jugovic, Lombardo, Vieri, Boksic, arrivano Birindelli, Davids, Pecchia, Inzaghi, Fonseca, Zalayeta. Rivoluzione, finale persa. Nel 2001/2002 Moggi vende Zidane e Inzaghi, ristruttura pesantemente la rosa (Thuram, Salas, Nedved, Buffon) e la Juve vince lo scudetto. L’anno successivo  inserisce in rosa i soli Di Vaio e Camoranesi conquistando la finale di Champions, persa ai rigori contro il Milan. Nel 2014/15 dopo aver raggiunto e perso (e dai) la finale contro il Barcellona la Juve si priva di Pirlo, Vidal, Tevez, Ogbonna, Pepe, e prende Alex Sandro, Khedira, Hernanes, Lemina, Cuadrado, Dybala, Mandzukic, Zaza. Rivoluzione.

Tutte le Juve che hanno raggiunto la finale avevano bisogno di essere rivoluzionate? Non avremo mai la controprova, ma sappiamo, appunto, che abbiamo perso sette finali, che avere la miglior difesa storicamente non ci ha aiutati. Che sia una filosofia sbagliata? A me il dubbio viene, soprattutto perché a livello di comunicazione si vuol veicolare il mesaggio che la Juventus non ha bisogno delle cessioni. Epperò a me pare che le plusvalenze costituiscano una bella fetta del bilancio e che si continui a produrne in maniera discreta. Apprezzerei un approccio più onesto da parte dei nostri dirigenti, che ci dicano apertamente che la Juve a determinate condizioni è un club che vende, eccome. Anche perché la prova dei fatti dice questo, il che a me sta non bene ma benissimo. Mi sta molto meno bene la politica che prevede di assecondare sempre e comunque la volontà dei calciatori (Llorente, Tevez, Dani Alves e pure Giovinco), ma questa è un’altra storia.

In definitiva a me non interessa particolarmente chi va e chi resta, mi interessa un altro aspetto che reputo complessivamente molto più importante. Il concetto è questo: ogni volta che arriviamo a un pelo dal vincere tutto e sembra che manchi davvero poco per riuscirci, alla Juve si fanno le rivoluzioni tecniche e, come ho appena dimostrato, non è una prerogativa del solo Marotta. È il modus operandi della Juventus, un modus operandi da 35 scudetti e 2 Champions League.

 

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