È la Juventus di Allegri. E va al Max(imo): 28 punti in 11 partite, perfettamente in linea con la stagione precedente ma con due gol in più all’attivo e ben sei in meno al passivo. Difficilmente questa squadra riuscirà ad abbattere il muro invalicabile dei 102 punti, ma l’avvio di stagione è già andato oltre le più rosee previsioni. E non faccio fatica ad ammettere che dopo l’addio di Conte anch’io mi ero lasciato andare al catastrofismo generale. Insomma il tecnico toscano è stato capace di dare un taglio al passato mettendo da parte, anche se non definitivamente, l’ormai obsoleto 3-5-2 Contiano.
Da quando Conte ha deciso di abbandonare la nave… a Vinovo è cambiato tutto, allenamenti differenti e clima assolutamente più disteso ma la professionalità è rimasta intatta. Allegri probabilmente non farà tremare i muri come il suo predecesessore, verosimilmente qualche sorriso in più durante le esercitazioni lo regalerà, ma pretende comunque disciplina e rispetto delle regole, un modus operandi che ha già conquistato lo spogliatoio bianconero.
La puntualità innanzitutto. Allegri esige che i giocatori si presentino al campo almeno un’ora prima dell’inizio dell’allenamento. Allenamento che, solitamente, preferisce effettuare in mattinata. Il mister non è un tipo che controlla la vita privata dei suoi giocatori però, programmando sedute di lavoro mattutine, ha modo di inibire la tentazione di serate mondane.
Emblematiche le parole di Gigi Buffon:
“E’ molto attento e molto pignolo anche nei piccoli dettagli ma credo che rispetto a Conte sia meno maniacale. Ha un modo di condurre, di guidare la squadra che si differenzia, ma questo non vuol dire che non ci sia nulla di buono in quello che fa, anzi. Dopo tanti anni nei quali siamo stati ‘sotto battuta’ costantemente, il suo avvento, i suoi modi sono qualcosa che può tornarci utile se dimostriamo di essere dei giocatori e una squadra responsabile”.
Quando si analizza la “nuova” Juventus è cosa buona e giusta eliminare ogni dubbio e sgombrare il campo dal “falso-mito” di un Allegri “aziendalista”, che in campo fa il classico toscanaccio solo battute e divertimento. No, affatto: i richiami sono continui e le sfuriate sempre in agguato. Partecipa parecchio alle sedute di allenamento: non prende parte alle partitelle, ma spesso le arbitra interrompendo frequentemente il gioco per spiegare i movimenti e simularli insieme con i giocatori. Se non è proprio un sergente di ferro, poco ci manca.
Grande attenzione, da parte di Allegri, agli esercizi con la palla. Meno lavoro esclusivamente “a secco”, rispetto a Conte, e tante partitelle con esercizi ad hoc: duelli uno contro uno, sfide con campo ridotto, porte minuscole e tocchi di prima. Un metodo che in Italia è novità, mentre in Spagna è abitudine. La scuola italiana nel ritiro estivo è abituata a corse in montagna ed escursioni. Tanto lavoro fisico e poco pallone. La visione spagnola, invece, è completamente diversa. Sin dal primo giorno palla in campo. Il lavoro fisico viene svolto insieme a quello tecnico-tattico, sempre con il pallone tra i pedi.
Il rapporto con i suoi giocatori è schietto e diretto. Nessuna distinzione tra senatori e giovanissimi, massima considerazione verso tutti, proprio come sottolineato dalla permanenza di Federico Mattiello (classe ’95) e la massima attenzione riposta nei confronti di Mattia Vitale (classe ’97). Il tecnico confida molto nel lavoro del suo staff, per questo ha portato a Torino:
Marco Landucci (Allenatore in seconda)
Claudio Filippi (Preparatore dei portieri)
Simone Folletti (Preparatore atletico)
Roberto Sassi (Responsabile Training Check)
Stefano Grani (Riatletizzatore)
Maurizio Trombetta (Collaboratore tecnico) e
Aldo Dolcetti (collaboratore tecnico-metodologico), tutti personaggi dal curriculum eccellente.
Proprio Dolcetti, rappresenta uno dei punti di forza dello staff allegriano. Strapparlo alle grinfie del Milan, club in cui ricopriva il ruolo di responsabile dell’area tecnico-metodologica del Settore Giovanile, non è stato semplice. Ma alla fine, visto il corteggiamento serrato, la Juventus è riuscita a spuntarla. Vige la voglia di creare qualcosa di diverso, nuovi stimoli per un gruppo vincente ma ancora affamato di vittorie, novità come se piovessero. Allegri, per esempio, ama molto la fase video. In maniera “maniacale” osserva le prestazioni dei singoli, i movimenti con e senza palla, filmati da vedere e rivedere fino allo sfinimento, lavoro coordinato dallo stesso Dolcetti.
Il tutto testimoniato da Morata: “Allegri insiste tantissimo e la cosa mi fa molto piacere, mi dedica grande attenzione. Mi fa vedere video della squadra e individuali. Ci manca solo che mi dia un foglietto da portare in campo… “.
Spazio poi al rettangolo verde. E fin dal suo primo giorno a Vinovo l’ex condottiero milanista s’è voluto soffermare sul concetto di “possesso palla”, ore intense passate a perfezionare quello che dovrà diventare un assoluto punto di forza. D’altronde se hai in squadra calciatori del calibro di Marchisio, Pirlo, Pogba, Vidal devi assolutamente sfruttarli al fine di migliorare la qualità della manovra. Inoltre utilizzando il centrocampo a rombo (4-3-1-2) non devi neanche preoccuparti di doverne lasciare per forza uno in panchina.
Quanto al discorso tattico, ormai si sa: partenza morbida con il 3-5-2 e graduale passaggio al 4-3-3 con tutte le sue variabili: vertice di centrocampo basso (quindi 4-3-1-2 o albero di Natale), vertice di centrocampo alto (quindi 4-2-3-1). I punti fermi sono la difesa a 4 e, soprattutto, il centrocampo a tre. Sull’importanza della mediana a tre Allegri ci ha scritto addirittura la tesi a Coverciano.
Testuale: “Se si gioca con vertice basso e due interni, si hanno molte più soluzioni offensive (un maggior numero di uomini oltre la palla) e sono più spedite le ripartenze una volta conquistata la palla, in quanto ci sono molte maggiori possibilità di effettuare degli inserimenti, sia centrali sia laterali, con i due interni”.
E ancora, riguardo le caratteristiche dei centrocampisti ideali: “I due interni devono essere in possesso di una buona corsa , soprattutto perché occorrono molti loro inserimenti senza palla in zona d’attacco. Uno dei due deve essere in grado di creare superiorità numerica mediante il dribbling e l’altro deve essere in possesso di maggiori qualità tecniche e aiutare maggiormente i compagni di centrocampo.
Infine sul regista: “Deve essere dotato di carisma per comandare al meglio i compagni di reparto, deve avere buona tecnica e un ottimo calcio lungo”.
Anche Marchisio in una recente intervista ha dichiarato:
“Prima avevamo un gioco ben preciso. Ogni movimento era praticamente programmato e si andava avanti per la nostra strada a prescindere dai periodi magari di maggiore difficoltà fisica: grande intensità, sempre. Con Allegri, invece, manteniamo più palla e cerchiamo di individuare, in particolare di fronte a difese chiusissime, il momento in cui è preferibile gestire le energie con il possesso. Non si può andare sempre a mille, anche perché poi si fatica a recuperare subito palla: meglio girarcela fra di noi in alcuni frangenti. Un po’ di “tiqui taca”? Diciamo di sì…”.
La sua analisi è confortata dalla tendenza di alcuni dati. La banda Allegri ha il 64% di possesso palla a partita (con punte addirittura del 70%) contro il 56% dell’ultimo Conte. Ergo: maggiore gestione e un pizzico meno di aggressività e intensità.
Tirando le somme, possiamo dire di essere davanti ad una vera e propria rivoluzione. Interventi più o meno radicali stanno cambiando la nostra amata Juventus. Voi cosa ne pensate?
Aspetto i vostri commenti.
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