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La metamorfosi della Juve

di Davide Peschechera

Pareggiata anche la seconda, come l’anno scorso. Perché questo pareggio ricorda molto quello ottenuto con lo Shakhtar ed il finale di partita quello palpitante della semifinale di Coppa Italia dello scorso anno giocata a Roma contro la Lazio, al ritorno. Pareggiata una partita contro una squadra che, diversamente da quanto si poteva pensare, si è difesa subito dopo il vantaggio e segnato due gol senza mai realizzare un’azione concreta. Nonostante i cambi, giusti e obbligati questa volta, non è bastata ma comunque abbiamo visto cosa può fare questa Juve con il 4-3-3, subito col rigore ed il raddoppio. Con un solo modulo si sta diventando prevedibili e sterili. Per 60 minuti si è fatta fatica e si è giocato un brutto primo tempo, come ormai solito, e di colpo si sono create palle gol con molta facilità. Llorente tiene impegnati i centrali, Tevez ha molta più libertà e Quaglia ha portato rigore e gol. Pirlo, Vidal e Pogba possono avere più spazi. Il reparto in generale deve occuparsi meno di impostare e prendere il pallone lontano dall’area di rigore anche se, sia a 3 che a 4, va registrata la difesa. Odio parlare di errori individuali. Chiellini(Inter), disattenzioni difensive e di reparto su palla inattiva(Copenaghen e Verona), Buffon(Chievo). Ne abbiamo commessi tanti per sufficienza, mancanza di concentrazione, leggerezza, disattenzione. In ultima analisi alla lista si è aggiunto anche Bonucci(con Buffon). Quelli tecnici ci possono stare. Ma quello di posizione di Isla alla fine è proprio da giocatore di categoria inferiore.

La cosa peggiore guardando la Juventus, però, é il cogliere un certo logorio nella squadra. Come se fosse necessario un grande rinnovamento. Alcuni dei nostri stanno subendo un calo, fisico e soprattutto mentale, che non fa remare tutti verso la stessa direzione. Nelle ultime uscite è sembrata una squadra sfilacciata proprio per questo, col freno a mano tirato e senza entusiasmo, imprecisa nei passaggi ed appesantita nelle ripartenze. Spesso siamo lunghi e le distanze tra i reparti non sono quelle giuste. Un appagamento generale che comincia a farsi sentire. Sintomo evidente è il gran numero di disattenzioni in tutti e tre i reparti che ci sono costati sino ad oggi gol su gol subiti. È emersa una squadra che pensa troppo, si preoccupa eccessivamente, non gioca più sul velluto. Mancano sfrontatezza, ritmo, leggerezza, coraggio. È una squadra bloccata, impacciata. È una Juve un po’ lontana da quella che avevamo conosciuto. Nelle orecchie echeggiano gli avvertimenti secchi ed aspri di Conte che già alla fine della stagione scorsa, come se avesse previsto il rischio di un imborghesimento della sua squadra, allarmava la pancia già sazia di vittorie, lo spegnersi di quel fuoco nei giocatori che in questi due anni l’allenatore era riuscito a riaccendere. Lo stesso Conte sembra abbattuto, incapace di trasmettere ai suoi quella carica che lo ha sempre contraddistinto, sente di non avere per le mani la stessa squadra dello scorso anno. Manca dinamicità e movimento, non ci si esprime più sugli standard abituali. La Juventus non morde, non aggredisce più l’avversario, si sfinisce per mezzore intere di un gioco lento, inefficace, di un giro palla effimero all’interno della propria area, che passa dai piedi di tutti e dà possibilità agli avversari di chiudersi. La linea di tre centrocampisti non è in grado, per un semplice fatto di gestione dello spazio orizzontale, di giocare aggressiva sui portatori di palla avversari se questi consolidano il possesso. Ne consegue che la Juventus concede fasi di possesso palla prolungate agli avversari per poi ridursi a forsennate rimonte negli ultimi 30 minuti che non sempre possono completarsi. Nella gestione delle partite, questa Juve ricorda tanto quella di Fabio Capello. È una squadra che non va più a mille all’ora per vincere ma che va quasi a folate, vere e proprie sfuriate. Se si sta vincendo, si cerca di addormentare la partita, se si sta perdendo, si rimpiange il primo tempo mai produttivo. Sarà difficile vedere risultati roboanti?

Non è la Juve tambureggiante del primo anno di gestione Conte o quella schiacciasassi della scorsa stagione. Ma sarebbe sbagliato parlare pure di Juve difensivista. Meno spettacolare sì. La squadra gioca costantemente nella trequarti offensiva con possesso palla, buona pericolosità offensiva e tanti tiri in porta. Semmai questa impostazione risulta al più macchinosa nello sviluppo della manovra, perché il giro palla dietro, con la difesa a tre, conta sempre un passaggio in più che rallenta l’azione, mentre i movimenti degli esterni sono quasi sempre volti a fare sponda e da appoggio per gli spostamenti in fascia delle punte o per scaricare palla per vie centrali ai centrocampisti interni, gioco che spesso impedisce le sovrapposizioni in uno-due, non porta al cross gli esterni stessi che ricevono palla da fermi e marcati, impedisce loro di saltare l’uomo o di cercare di attaccare lo spazio. Per questo Conte cerca tatticamente di portare più spesso le mezzali a cercare le fasce per crossare, gente qualitativamente migliore di Lichtsteiner e Asamoah(gli esterni titolari, per dire) come Pogba, Marchisio, Vidal e col Galatasaray Pirlo, lasciando le due punte più vicine al centro dell’area. Conte, infatti, sta cercando di adattare i principi di gioco di sempre agli attaccanti che possiede. Con l’ingresso in squadra di Llorente, la Juve ha cercato di sviluppare un gioco diverso. Il sistema di gioco resta lo stesso perché difficilmente vedremo, in stagione, Conte cambiarlo(non crede che con giocatori come Tevez, Vucinic e Giovinco e senza Pepe possa giocare con un fronte a tre), ma è cambiata I’interpretazione. La Juve ha cercato di sfruttare la forza fisica degli attaccanti Quagliarella e Llorente facendo arrivare in area cross alti dalle fasce.

Certamente è presto per trarre delle conclusioni dopo solo sei giornate di campionato e due di Champions. Un’altra ipotesi è quella che la Juve stia gestendo le forze in vista di una stagione che si prospetta più lunga e difficile delle ultime due, anche perché nonostante il gioco sino ad oggi deludente, i risultati sono identici a quelli dello scorso anno: in campionato la Juve, dopo le prime sei giornate della scorsa stagione, aveva ottenuto 16 punti frutto di 5 vittorie e 1 pareggio. Nella stagione attuale la Juve ha ottenuto ancora 16 punti su 18 disponibili, frutto di 5 vittorie e 1 pareggio. Questi risultati hanno comportato uno score complessivo di 21 gol realizzati contro 7 subiti nella scorsa stagione, a fronte dei 16 gol fatti contro i 5 subiti dell’attuale, ovvero la Juve lo scorso anno segnava di più (+5), ma subiva anche di più (+2). Quest’anno segna di meno(diminuiscono pure i marcatori perché segna soprattutto con gli attaccanti) rispetto alla mole di gioco creata e subisce di meno(nonostante gli errori difensivi), basti pensare ai zero tiri in porta subiti contro il Torino. Stesso discorso in Europa, con due pareggi iniziali, anche se ogni Champions fa storia a sé e quest’anno il cammino sembra più compromesso che mai.

Di fatto, tutte le squadre che ci hanno affrontato, a parte la Lazio, hanno impostato la loro partita in maniera nettamente difensiva, non trovando quasi mai le geometrie di gioco abituali per andare a rete. 9 uomini dietro la linea della palla e praticamente tutti dentro la propria tre-quarti difensiva. L’avversario di turno quasi mai ha avuto occasioni da gol frutto di una supremazia, anche momentanea, che fosse dovuta ad una disposizione tattica migliore o a doti tecniche superiori dei singoli avversari. Spesso la Juve si trova ad affrontare con linee di gioco sterili, assetti avversari catenacciari e non “a specchio” come ci vorrebbero far credere. Ed è qui che ci sono situazioni(ricorrenti) che la Juve non sfrutta. 11 calci d’angolo e nessuna incornata vincente. I calci da fermo che mai ci conquistiamo. I tiri da fuori area che sono più tiri della disperazione che altro. Serve un cambio di marcia e stop ai regali. In CL devi giocartela. Non sì può forzare così troppo la verticalizzazione, allungare la squadra e permettere all’avversario di avere maggior possesso palla perchè può ricominciare sempre l’azione.

Ma diamo un po’ di numeri: contro il Copenaghen, 511 passaggi effettuati, 58% di possesso, 26 tiri, 12 nello specchio e una sola rete. Contro il Verona, 64% di possesso palla, 700 palloni giocati, 400 passaggi nella metà campo avversaria, 35 volte al tiro, 15 conclusioni nello specchio. Una supremazia territoriale netta, oltre 22 minuti contro gli appena quattro dei veneti. Contro il Chievo, 71% Possesso palla, baricentro alto attestatosi sui 55 mt., pallone toccato 889 volte contro le 473 degli avversari, 605 passaggi contro i 187 del Chievo, 35 cross sfruttando le fasce, tanto che la larghezza della squadra è indicata in 47,6 metri, contro i 33,4 metri dei gialloblu. 18 tiri di cui 8 nello specchio, 4 respinti, 11 da dentro l’area. Chievo 5 tiri. Pirlo 101 passaggi riusciti(90%), Pogba 11 Cross. Contro il Torino, possesso di palla quasi pari, 50.7 a 49.3% per i bianconeri, baricentro molto alto, a 59.2 metri, contro quello del Toro, fermo a 50.7 metri. Indice di pericolosità del 59,2% quello della Juve, 22,8% quello del Toro. Supremazia territoriale: oltre 12 minuti noi, poco meno di otto i granata. Neanche un tiro in porta da parte del Toro delle 6 effettuate, 8 le nostre conclusioni sulle 17 totali. Infine, contro il Galatasaray, 23 tiri ma, a dispetto di altre volte, minor precisione, con appena 5 conclusioni arrivate nello specchio della porta. Possesso palla al 53%, 11 angoli battuti a 0. 221 passaggi effettuati (su un totale di 479) nella trequarti offensiva, contro gli appena 67 della squadra di Mancini. Solo tre squadre hanno fatto meglio dei bianconeri in queste prime due giornate di Champions League.

I numeri sono indicativi, certo, ma non fanno vincere le partite. I numeri vanno pesati per capire che non è oro tutto quel che luccica. Anche se è difficile parlare di Juve meno intensa, perché ciò che fa è sempre, comunque sufficiente per meritare il successo. Ma non convince. Conte ha attinto a piene mani dal “reparto riserve” in questo periodo ed ha sempre rimescolato la formazione, atteggiamento sicuramente rischioso ma praticamente obbligato se si vuole arrivare a coinvolgere tutta la rosa, tenere alta la tensione e non rischiare di arrivare col fiato corto in primavera come avvenne l’anno scorso. È comprensibile che, stravolgendo continuamente le formazioni, si possa andare incontro a qualche rischio come la mancanza di dinamismo, ed a dover fronteggiare alcune difficoltà, quindi se non vedo la Juve dominare e rullare l’avversario ma averne comunque ragione, è sintomo di crescita. Ma bisogna cambiare marcia. Organizzazione di gioco, solidità difensiva, mentalità europea. “Testa, cuore e gambe”, mister.

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