

Su “Il Sole 24 Ore” di lunedì 3 maggio, il giornalista Marco Bellinazzo rivela dettagli interessanti.
Il Consiglio della Lega di Serie A aveva discusso del progetto SuperLeague, con tanto di verbale, lo scorso 16 febbraio. Due mesi prima dei comunicati stampa che ne hanno annunciato la nascita. E con ogni probabilità analoghe discussioni sono avvenute in Premier League, Bundesliga e Liga, come si evince dal verbale riservato di quella riunione che Il Sole 24 Ore è riuscito a visionare. Nessun golpe. Niente riunioni carbonare.
Dal sito ufficiale SuperLeague: tutti i club continueranno a giocare nei loro campionati nazionali.
Dal sito ufficiale Juventus: I club fondatori continueranno a partecipare alle rispettive competizioni nazionali.
E ancora: fino all’avvio effettivo della Super League, Juventus ritiene di partecipare alle competizioni europee alle quali ha titolo di accedere.
Quindi, ora la domanda è: Benevento, Bologna, Cagliari, Crotone, Genoa, Parma, Roma, Sampdoria, Sassuolo, Spezia, Torino… ovvero, le 11 società di serie A che chiedevano di sanzionare le tre “cattive” (Juventus, Inter e Milan), cosa diavolo cercavano?
Su questa vicenda avevo già scritto qualcosa un paio di settimane fa. Nel frattempo, gli eventi sembrano aver preso una piega (per alcuni) inaspettata. Diventa necessario riparlarne.
Cos’è accaduto in queste 2 settimane?
Il Premier britannico Johnson obbliga le società inglesi a ritirarsi, minacciando aggravi fiscali.
Le reazioni di Ceferin (Uefa): i ribelli non giocheranno la CL, devono prima chiedere scusa. In pratica, il padrone del calcio europeo risponde all’idea della SuperLeague sparando a chi ha avuto l’idea. Sceglie la strada dell’arroganza e delle minacce.
Nasser Al Khelaifi (Psg) è il nuovo presidente della Eca al posto di Agnelli. Intanto Ceferin, grande capo della Uefa, si aumenta lo stipendio a 2,2 mln/anno.
Sui social network (non solo in Italia) nasce e in breve spopola l’hashtag #CeferinOut, finché le piattaforme decidono di censurarlo, o almeno di oscurarlo.
Ah sì, poi c’è Putin che, a sua volta, “convince” Abramovic (Chelsea) a rinunciare…
La massima espressione di quel “calcio del popolo”, del quale si è parlato in queste due settimane in contrapposizione al calcio dei ricchi della SuperLeague, è probabilmente rappresentata dal derby qatariota tra Paris Saint Germain e Manchester City in semifinale di CL, con in campo oltre 2 miliardi di valore commerciale delle rose.
Per Neymar si dice di un nuovo contratto di 5 anni a 30 mln/anno netti; per il suo compagno Mbappé si parla di possibili rinnovi a 40-60 mln/anno. Giocano entrambi nel Psg, la squadra a cui l’Uefa ha permesso di acquisire appunto Neymar e Mbappé (e, grazie a quei due giocatori, di provare a vincere la CL quest’anno) spendendo oltre 400 milioni che, secondo i regolamenti della stessa Uefa, non avrebbe potuto spendere.
Mentre JpMorgan (principale finanziatore per l’avvio della SuperLeague) conferma che non intende affatto staccare la spina, alcuni fanno notare che le due massime espressioni dello sport americano hanno una struttura (fatte le debite proporzioni e con i necessari distinguo) non troppo diversa da quella alla quale si sono ispirati i fondatori della Super League.
Le 30 squadre della NBA (nata con 11 squadre nel 1946) incassano oggi 7-8 miliardi l’anno. Le 32 squadre della NFL arrivano addirittura a 9-10 miliardi l’anno.
La massima competizione europea, la Uefa Champions League oggi retrocede alle partecipanti 1,9 miliardi l’anno.
La Uefa è un’impresa che non si assume il rischio d’impresa: quello lo fa assumere alle società che partecipano alle sue competizioni. La Uefa di fatto abusa di una posizione dominante, anzi, di monopolio (legifera, organizza, dispone, sanziona) e retrocede agli associati solo una parte di quanto incassa.
E in Italia?
In Italia, come detto, 11 società minori chiedono sanzioni contro chi vuole la Super League.
In Italia si approvano norme atte a impedire alle società la partecipazione a competizioni extra-Uefa.
Abbiamo assistito a tutti i livelli all’ipocrisia dei falsi perbenisti e all’esercizio del populismo dei moralisti a comando.
Al di là delle considerazioni su sponsor, brand, reputazione, stadio, bacino di utenza, etc… 8 delle 10 squadre europee più vincenti della storia già erano tra le 12 fondatrici. Va detto che, se il sito ufficiale della SL parla di 15 fondatori e ce ne sono solo 12, significa che qualcosa li ha costretti a uscire allo scoperto prima del previsto. Del tutto evidente il fatto che il lavoro preparatorio non fosse concluso, e che i 12 siano stati costretti ad anticiparne l’uscita.
Gli errori di comunicazione ci sono stati ma, più che dettati da valutazioni imperfette, sembrerebbero quindi essere stati dettati dalla fretta. Fretta molto probabilmente indotta da un qualche evento esterno.
Alla mancanza di comunicazione corretta della SL si può forse attribuire la responsabilità del fatto che certe fesserie le dicano Fazio o Gramellini, o i politici in cerca di visibilità e consenso. Se invece le dicono allenatori come Gasperini, vuol dire che hanno scelto di cavalcare l’onda: non è un problema di comunicazione.
In pratica, allenatori, giornalisti, giocatori ed ex presidenti hanno scelto, senza fretta alcuna, di dire ciò che stanno dicendo. I presidenti/dirigenti invece, come dimostrato da “Il Sole 24 Ore”, mentono sapendo di mentire.
Ferrero (Sampdoria): Agnelli è un grande attore: gli abbiamo chiesto cosa stesse accadendo, ma lui ha sempre smentito. Non possono uccidere così lo sport.
Maldini (Milan): Non ne sapevo nulla, ma chiedo scusa ai tifosi.
Carnevali (Sassuolo): Noi non sapevamo nulla. Traditi dalle italiane.
Cairo (Torino): La Superlega è un attentato alla salute del calcio italiano.
Barone (Fiorentina): Della Superlega non sapevamo nulla.
… e se ne potrebbero citare altre decine dello stesso tenore.
Sarebbe troppo facile mettersi a fare i conti in tasca alla società per la quale allena (ottimamente) Gasperini: Kulusevski e Caldara alla Juve, Gagliardini e Bastoni all’Inter, Conti e Kessiè al Milan. Ancor più semplice farli al presidente del Genoa: Sturaro, Rincòn, Mandragora, Perin, Romero e Rovella alla Juve, oltre a diversi affari negli anni con Inter e Milan. Passiamo oltre.
Appare forse più istruttivo fare i conti in tasca ai furbetti ipocriti (e distratti) del calcio italiano.
Il prezzo medio del biglietto per una partita in casa contro una tra Juve-Inter-Milan: da 60 a 80 euro.
Il prezzo medio del biglietto per una partita in casa contro una delle altre: da 20 a 40 euro.
Scudetti vinti negli 89 campionati a girone unico: Juve-Inter-Milan 74,2%, tutte le altre 25,8%.
Se ci fermiamo agli scudetti vinti negli ultimi 50 anni, Juve-Inter-Milan sono oltre l’80%.
Negli ultimi 20 anni sono al 100%.
Tifosi di calcio in Italia:
Juve-Inter-Milan 64,7%, le altre 35,3%.
Ripartizione diritti tv in Italia:
Juve-Inter-Milan 21,5%, le altre 78,5%.
Chi produce un terzo dei diritti tv, ne incassa invece il 78%. In sostanza, le altre società (invece di fare le finte tonte e di dire bugie o fare boiate) dovrebbero baciare dove camminano le tre società. Forse, dico forse, è legittimo che, in un momento di difficoltà come questo, fatto salvo il principio della solidarietà, chi produce il 65% di quei diritti non sia più così disponibile ad accontentarsi di ricavarne poco più del 20% e cerchi altre strade… che gli permettano (tra le altre cose) di continuare a mantenere in vita l’intero movimento calcistico italiano.
“Il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto”
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