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L’anno che verrà

Gli ultimi 4 mesi del 2016 ci hanno mostrato una Juve quasi sempre vincente (prima in Serie A e prima nel girone di Champions, unica squadra in Europa), ma quasi mai entusiasmante (a eccezione di sporadici casi come contro Sassuolo e Atalanta); fortunatamente questi 4 mesi non ci hanno ancora mostrato la vera Juventus. Quella la vedremo dalle prossime partite.

Va bene, va bene così

Se è vero (come è vero) che sono i risultati quelli che contano, la situazione è estremamente chiara: dopo 16 giornate la Juventus è prima in classifica con 4 punti di vantaggio sulla prima inseguitrice (la Roma, alla vigilia dello scontro diretto allo Stadium), con 39 punti figli di 13 vittorie e 3 sconfitte, con una media di 2.44 punti a partita (mantenendo questo passo, il campionato verrebbe chiuso a 92 punti); le 3 sconfitte sono arrivate tutte lontano dalla roccaforte J Stadium, dove invece è stato realizzato un percorso netto di 8 vittorie figlie di 23 gol fatti (2.87 a partita) e 6 subiti (0.75), mentre in trasferta si contano 12 gol fatti (1.5) e 8 subiti (1), per un totale di 35 reti realizzate (2.18, secondo miglior attacco del campionato) e 14 subite (miglior difesa).

In Europa, vero banco di prova dei bianconeri, è arrivata la qualificazione alla fase finale con tanto di primo posto nel girone, 14 punti raccolti (solo Barcellona e Atletico Madrid ne hanno fatti di più) grazie a 4 vittorie, 2 pareggi e 0 sconfitte (unica squadra imbattuta della competizione insieme al Borussia Dortmund); i gol realizzati sono 11 (1.83) e quelli subiti solamente 2 (miglior difesa insieme ad Atletico Madrid e Copenaghen).

Nonostante questi numeri a dir poco eccellenti, le critiche (esterne e interne) alla squadra si sono sprecate: gioca male, dicono. “L’importante sono i risultati”, risponde Allegri. Che poi potremmo stare qui ore a discutere su cosa significhi giocare bene o male, rispondo io. Ma, al netto delle critiche pretestuose degli anti juventini e dalle paranoie distruttive di parte del tifo bianconero, non si può negare che questa squadra, pur contando sulla concretezza di risultati più che soddisfacenti, non abbia ancora mostrato una fluidità di manovra paragonabile a quella della passata stagione, nè tanto meno avvicinabile alle aspettative riposte nella Juventus dopo il mercato della scorsa estate.

Perché il gioco non eccelle?

Se da un lato è innegabile che questa squadra non ha ancora espresso appieno tutto il suo potenziale, dall’altro è altrettanto evidente che ci sono delle motivazioni oggettive.

L’assenza di Pogba si è fatta sentire; il francese, al netto degli stucchevoli narcisismi a cui amava sovente abbandonarsi, era un elemento di fondamentale importanza nel trasferimento del pallone dal centrocampo all’attacco, grazie alla sua fisicità, alla sua tecnica palla al piede, al costante lavoro senza palla nell’attacco degli spazi tra le linee in sinergia con quelli di Paulo Dybala; preso atto dell’insostituibilità di un giocatore del genere (per caratteristiche fisiche, tecniche, atletiche e mentali), l’arduo compito di sostituirlo nello scacchiere bianconero è ricaduto sulle spalle del neo-arrivato Miralem Pjanic, il quale, pur anch’egli offrendo numeri tutt’altro che insufficienti (6 gol e 7 assist in 18 presenze tra Serie A e Champions League) non ha quasi mai convinto dal punto di vista del contributo al gioco della squadra.

Al netto dell’apporto in zona gol, il bosniaco ha mostrato solo a tratti quell’indispensabile lavoro di raccordo tra i reparti che veniva svolto da Pogba fino all’anno scorso, abbandonando troppo spesso sulle spalle del solo Paulo Dybala il compito di disordinare le difese avversarie; la Joya, di conseguenza, diventa meno incontenibile per i difensori e si è spesso ritrovato costretta a indietreggiare fino a centrocampo per trovare spazi e palloni giocabili, lasciando Gonzalo Higuain troppo solo a ridosso dell’area avversaria, in balìa di almeno 2 marcatori che hanno gioco facile nell’anticiparlo o sovrastarlo fisicamente.

Continuo a pensare che Pjanic abbia limiti strutturali dal punto di vista della personalità (troppo spesso, ancora, sembra quasi “nascondersi” dietro il marcatore invece di smarcarsi, proporre linee di passaggio, pretendere il pallone tra i piedi, in poche parole: prendere in mano le redini del gioco bianconero), ma è innegabile che nelle poche occasioni in cui Allegri lo ha schierato nel ruolo di trequartista dietro alle punte, il bosniaco sia sembrato nettamente più a proprio agio: sollevato da eccessivi compiti di interdizione, copertura e di rincorsa, Pjanic ha dimostrato di saper fare quei movimenti lungo-corto e interno-esterno necessari per spostare i difensori dalla loro comfort-zone, solo che gli riesce meglio se dalla trequarti deve abbassarsi sulla linea dei centrocampisti di quanto invece non gli riesca se chiamato a fare il movimento opposto.

Quali margini di miglioramento?

E allora, si dirà, perché non è stato schierato fin da subito in quel ruolo? Beh, semplicemente perchè quel ruolo, il trequartista, presuppone un modulo che, a sua volta, non poteva essere applicato in assenza di un tassello fondamentale: Claudio Marchisio.

Dell’insostituibilità del Principino abbiamo già parlato in un precedente articolo: in questa rosa soltanto lui possiede le caratteristiche necessarie per interpretare il delicatissimo ruolo di vertice basso del rombo di centrocampo senza squilibrare eccessivamente la squadra; Marchisio è un maestro nella difesa posizionale, grazie alla quale risulta essere uno dei centrocampisti migliori in Europa per numero di intercetti a partita: se il centrocampo intercetta più palloni, impedisce sul nascere più contropiedi avversari e quindi riduce le rincorse del trequartista verso la propria area, trequartista che rimane quindi più lucido quando ha il pallone tra i piedi; Marchisio è professore nelle coperture preventive, per cui Khedira, Sturaro, Lemina o chiunque occupi la posizione di mezzala sinistra, possono sbizzarrirsi negli inserimenti senza palla che tanto amano senza che alle loro spalle si generi un buco facilmente attaccabile dagli avversari in caso di transizione; Marchisio, infine, è estremamente abile nel verticalizzare con i tempi giusti, pertanto anche i palloni che possono arrivare direttamente tra i piedi di Pjanic, senza passare dal giropalla con le mezzali o attraverso le catene di comunicazione con i terzini, aumentano considerevolmente.

In poche parole, con Marchisio in campo, Pjanic può finalmente dedicarsi in maniera esclusiva al ruolo di regista offensivo, sia dal punto di vista tattico che dal punto di vista mentale: il che, per quello che non sembra proprio essere un mostro di leadership, può essere determinante.

Eppure, pur con Marchisio e Pjanic contemporaneamente in campo, non sempre abbiamo visto una fase offensiva particolarmente fluida e convincente; il motivo risiede nel fatto che, rientrato progressivamente Marchisio, la Juventus ha perso l’apporto, altrettanto insostituibile, di Paulo Dybala. Come detto sopra, gli equilibri offensivi della squadra durante la passata stagione poggiavano sui movimenti coordinati di Dybala (dal centro destra verso il centrocampo a puntare l’area) e di Pogba (a specchio, sul centro sinistra), che a loro volta sfruttavano gli spazi creati ad arte dai movimenti interno-esterno di Mario Mandzukic. Nell’ultimo mese, l’assenza dell’argentino (e la contemporanea, annosa, indisponibilità del suo sostituto designato, Marko Pjaca) ha portato alla convivenza forzata di Higuaín e Mandzukic: i due, entrambe prime punte, si sono sacrificati in maniera encomiabile per assecondare le difficoltà della rosa, ma nessuno dei due ha le caratteristiche adatte per interpretare quel ruolo in maniera efficace.

Lo stesso Pjanic, in particolare, per esaltare le proprie doti necessita di dialogare con giocatori che facciano movimento, da servire non sui piedi, ma lungo linee di passaggio che il bosniaco è maestro (a volte addirittura geniale) nell’individuare e percorrere; per Pjanic, relazionarsi con calciatori che parlino la sua stessa lingua, è fondamentale e sia Higuaín sia Mandzukc, per motivi diversi, parlano lingue diverse.

Tutti insieme appassionatamente

Già dalla prossima, importantissima, sfida interna con la diretta inseguitrice Roma, Allegri potrà contare, finalmente, su tutti i giocatori fondamentali per questo delicato incastro tattico: Marchisio a dare equilibrio e iniziare l’azione, Pjanic libero da compiti a lui non congeniali a individuare i movimenti di Dybala, Higuain a beneficiare del prezioso lavoro di rifinitura del giovane argentino; mai, fino a questo punto, il tecnico bianconero ha potuto fare affidamento su tutti e quattro nella stessa partita, trovandosi costretto ad adattare giocatori non ideali in ruoli fondamentali.

Questi 4 giocatori, insieme, hanno tutte le caratteristiche necessarie per formare un incastro tecnico-tattico perfetto, che sono convinto porteranno enormi benefici per quanto riguarda la fluidità della manovra offensiva della squadra, ancora più quando anche Marko Pjaca tornerà a disposizione come arma a partita in corso (proprio mentre scriviamo il croato è ritornato ad allenarsi in gruppo), ancor di più quando anche Leonardo Bonucci tornerà a offrire il suo contributo alla fase iniziale dello sviluppo dell’azione.

Certo, rimane il problema che se Marchisio dovesse prendersi un raffreddore, non esisterebbe in rosa un giocatore in grado di sostituirlo degnamente, con il ripresentarsi dei gravi problemi di equilibrio che si sono manifestati in sua assenza tanto la passata stagione, quanto in quella attuale; certo, se Pjanic dovesse infortunarsi, nessuno tra le riserve dispone delle qualità tecniche per poter rappresentare una valida alternativa; per quanto riguarda Dybala, invece, si spera che Pjaca quest’anno abbia già dato il proprio contributo alla sfortuna e possa crescere al punto di diventare anche più che un’opzione di ripiego.

Per i primi 2, invece, torniamo alle lacune di una campagna acquisti troppo frettolosamente dipinta come straordinaria, ma che ha invece lasciato a desiderare dal punto di vista delle alternative: forse il recupero di Mandragora (che però sembra destinato al prestito), forse l’innesto di Bentancur (che però potrebbe arrivare a giugno) potrebbero offrire un cambio a Marchisio, mentre gli altri nomi che si fanno per il centrocampo juventino (Witsel, N’zonzi, Tolisso) sembrano collocarsi al posto di Sturaro/Lemina/Asamoah nel ruolo di mezzala sinistra nel 4-3-1-2, non certo come alternativa a Pjanic; in quel ruolo si potrebbe impiegare lo stesso Pjaca, ma a quel punto la coperta risulterebbe un po’ troppo corta nel reparto avanzato, a meno che non si decida di dare maggior spazio e fiducia al baby Kean.

Ma non stiamo qui a (ri)fasciarci la testa anzitempo; per il momento godiamoci la disponibilità finalmente contemporanea di tutti i giocatori di maggior qualità previsti nella squadra titolare (Bonucci a parte) e prepariamoci a vedere, finalmente, la vera Juve in campo.

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