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“Il pallone lo porto io” di Luciano Moggi – Recensione del libro

L’uscita nelle librerie de “Il pallone lo porto io”, edito da Mondadori e scritto dal Direttorissimo Moggi con Andrea Ligabue è una vera e propria festa.

Finalmente colui che divide l’Italia calcistica tra chi lo adora e chi lo detesta, colui che al contempo  unisce le stesse opposte fazioni nel dire che è senz’altro il più profondo esperto di pallone dello stivale, torna a parlare di sé e della sua incomparabile carriera, della sua vita, dei suoi affetti.

Leggere questo libro consente agli appassionati di trovarsi magicamente calati accanto a Moggi,  di trovarsi suoi commensali sotto quel fresco portico prospiciente il magnifico e silenzioso giardino, con Luciano che ti accoglie istrionico e splendido padrone di casa, che snocciola uno dopo l’altro mille aneddoti, che parla di acquisti, di gran colpi di mercato, dei pochi passaggi a vuoto, di chi lo circonda.

Fate un gioco: sforzando un po’ la mente, si può leggere qualche pagina imitandone la voce e la cadenza ben nota a chiunque lo conosca, aggiungete qua e la qualche “in bradigaaaa” ….e il gioco è fatto: il lettore si ritrova fianco a fianco con l’autore.

Tutti possiamo essere li vicino e porgli le domande che da sempre avremmo voluto fargli.

E in questo libro ci sono tutte, ma proprio tutte, perché sotto questo virtuale portico, ne ha scritte eccome il Direttore.

Non si è risparmiato per nulla, con immenso stupore di chi legge.

Racconta della sua famiglia, rifugio e fortezza nei giorni di tempesta. Del padre boscaiolo tifoso di Bartali, della mamma che ancora vive a Follonica, della sorella Luciana, chiamata così perché come disse ai suoi genitori “l’ho voluta io e decido io il nome”.

Racconta la sua vita, e la sua vita era ed è il calcio.

Racconta di come fregò Nedved, convincendolo a passare alla Juve, di come il ceco rimase di stucco scendendo dall’aereo a Caselle trovando, chissà mai perché, uno stormo di giornalisti.

Racconta dell’improbabile look di Raiola a Montecarlo durante l’affare che portò il genio Ibrahimovic alla Juve per 15 milioni pagabili in 5 anni (tanto quanto Ogbonna, per dire).

Racconta del perché non reputasse l’Inter una società seria dopo che era stato “acquistato” da Moratti per 800.000 euro netti all’anno.

Racconta del suo passato da stopper spigoloso in serie D, con i piedi non troppo educati. Infatti, sulla copertina, viene ritratto mentre calcia la palla. Ma più che un lancio illuminante alla Pirlo, il Direttore pare effettuare un rinvio alla “viva il parroco” che tanto farebbero incavolare i maniaci del giro palla e delle regie difensive.

Racconta di Diego Armando, il più grande di tutti. Dei suoi allenamenti, del suo tornare bambino con la palla ai piedi. E delle sue marachelle.

Racconta di Del Piero, talento ma non bandiera, spiegandone il perché.

Racconta di Andrea Agnelli e di Donna Allegra, che mai gli fecero mancare il loro aiuto.

Racconta di scherzi da caserma tra lui, Giraudo e Bettega.

Racconta che nella Juve di Del Piero, Trezeguet e Zidane il vero leader dello spogliatoio fosse, guarda caso, un certo Antonio Conte.

Racconta del quadro dietro alle sue spalle, con 5 ritratti di grandi calciatori da lui venduti, come massimo deterrente a chi si presentasse inopinatamente a batter cassa.

Racconta anche di calciopoli, chiudendo con un giro di parole entusiasmante: “Non mollo. Andremo avanti, Fino Alla Fine”. Da juventino vero.

Racconta e picchia a destra e sinistra: alla città di Roma e a come vive il calcio, giudica una “pippa” Dino Baggio, ridicolizza le accuse di galantuomini come Blasi e Amoruso, parla del look degli odierni campioni, che poco digerisce, di Miccoli e Legrottaglie inadeguati al primo impatto con lo stile bianconero.

Insomma, non voglio svelare tutto, manca solo che anticipi che il colpevole è il Maggiordomo col candelabro. Non lo farò.

Quel che farò è consigliarvi di immergervi e perdervi tra le pagine di questo libro.

E’ troppo gustoso divorarlo chicca dopo chicca, sia per chi ama Moggi che per chi lo detesta.

Perché lui, ne sono sicuro, adora combattere. Adora ribaltare pregiudizi e partite già scritte.

Con questo libro in tanti cambieranno idea su un genio del mondo del calcio quale è il Maradona dei Direttori Sportivi.

Particolarmente azzeccata la scelta di concludere il libro con 100 domande a bruciapelo, alcune davvero scomode, con risposte coraggiose e non banali.

Un po’ come nelle sagre di paese: nell’ultimo giorno arriva il momento più atteso, quello dei fuochi d’artificio, che si concludono con l’immancabile raffica finale, mentre il cielo si dipinge di mille colori e il pubblico che rimane a bocca aperta, col naso all’insù.

In fondo, essere ospiti sotto quel fresco portico, in compagnia del Direttore, è davvero come essere a una festa, la festa di chi ama il gioco del pallone.

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